I diritti umani protetti dalla musica

Mecenatismo per la musica e generosità: storie di passione, dedizione e senso civico

Il musicista e direttore d’orchestra Alessio Allegrini racconta la sua visione della musica responsabile.

di Chiara Tinonin

Scelto dal Maestro Muti come primo corno solista alla Scala di Milano a soli 22 anni, collabora anche come direttore d’orchestra nei principali teatri in tutto il mondo. Chi è Alessio Allegrini e come nasce l’idea di una musica responsabile?

Sono un musicista italiano. La musica mi ha aiutato a sviluppare il mio punto di vista sul mondo, a partecipare in prima persona allo sviluppo di una società più umana. Uno dei principi che ha ispirato il mio attivismo è presente in uno scritto del filosofo italiano Antonio Gramsci datato 11 febbraio 1917: «odio gli indifferenti». Credo che nella vita sia necessario prendere parte, schierarsi, essere partigiani, decidere da che parte stare. Grazie alla musica ho avuto il privilegio di viaggiare e conoscere tante realtà differenti e questo mi ha permesso di rendermi conto che la mancanza di rispetto e di attuazione dei diritti fondamentali colpisce trasversalmente in ogni luogo, sia nei paesi in via di sviluppo che in quelli cosiddetti ricchi o primo mondo. Per fare un esempio vicino a noi, consideriamo che il suffragio femminile nel Canton Appenzello interno è stato riconosciuto solamente il 27 novembre 1990.

Nel 2009 ha fondato il progetto “Musicians for Human Rights” (MFHR) che promuove un valore importantissimo: la forza dell’arte di educarci a essere persone migliori e a costruire società inclusive, aperte e gentili. Lei afferma che la musica «non è mai fine a se stessa ed è figlia di esperienze umane». In che modo la musica, in particolare, agisce sulla nostra capacità di ascolto?

La musica è comunemente riconosciuta come un linguaggio universale ma, personalmente, credo che sia molto di più. Vedo la musica come un grande contenitore di tutte le esperienze umane, dalla notte dei tempi a oggi. La musica è espressione di sentimenti e di pensieri, di esperienze felici, drammatiche, belle, brutte, orrende, vergognose, dionisiache, apollinee, sgarbate, gentili, naturistiche, distruttive, riformiste, rivoluzionarie, conservatrici, smielate, amare, infuocate, fredde, viscide, celestiali… È la mappa genetica del sentimento umano, quindi è rappresentazione globale ed esaustiva dei sentimenti. Ci può insegnare tutto e per prima cosa ad ascoltare l’altro e le sue necessità. La visione di “Musicians for Human Rights” è creare un mondo in cui la musica e le arti siano universalmente impiegate per celebrare la diversità, creare comunità e promuovere la dignità umana. E la nostra missione è quella di ispirare musicisti, professionisti, studenti e il grande pubblico, uomini e donne, ad agire per realizzare i diritti umani delle persone ai margini, con particolare riguardo ai rifugiati richiedenti diritto d’asilo e le persone con speciali necessità.

“Musicians for Human Rights” è attiva in quattro ambiti: performance, istruzione, formazione e contesto sociale. Può raccontarci qualcosa di più sui vostri progetti e il vostro modus operandi?

Produciamo concerti volti alla promozione della conoscenza dei diritti umani, sempre accompagnati da un’attività di fundraising destinata a progetti sociali che riteniamo virtuosi. Promuoviamo, inoltre, workshop in cui insegniamo concretamente a essere musicisti consapevoli e attivisti. Operiamo nel contesto dei rifugiati richiedenti diritto d’asilo all’interno dei centri di accoglienza, con progetti a lungo termine volti a favorire l’integrazione di coloro che scappano da guerre e carestie, che siano adulti o minori. Un importante progetto futuro è quello di creare una vera e propria rivoluzione culturale istituendo cattedre universitarie in “Music and Human Rights”, cioè offrendo una formazione universitaria extra-musicale volta a favorire lo sviluppo dei diritti umani attraverso la musica. Per ulteriori approfondimenti vi invito a visitare il nostro sito web www.musiciansforhumanrights.org.

La vostra missione a sostegno della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è – forse – ancora più rilevante oggi, in un mondo dove si risvegliano i nazionalismi, si costruiscono muri e si diffida dello straniero. Che cosa contraddistingue un musicista responsabile e quali sono i contesti dove operate maggiormente?

Il mio mentore in materia di diritti umani, il professore emerito Antonio Papisca, tra i maggiori umanisti del nostro secolo, prima di lasciarci mi pregò di considerare che la nostra non è un’era buia. Certamente i sovranismi, i nazionalismi e tutto ciò che deriva da una scarsa cultura in materia di diritti, rappresentano la parte buia della nostra epoca. Tuttavia, dobbiamo considerare che dal 1945 a oggi si è assistito a un massiccio sviluppo in materia di diritti, attraverso ratificazioni, convenzioni e altri atti legali che hanno portato al riconoscimento dei diritti riguardanti le persone più indifese: i disabili, i popoli indigeni, le donne, i bambini, i rifugiati. Preferisco volgere lo sguardo verso questo sole, piuttosto che orientarmi dalla parte del buio.

Italia. L’immenso patrimonio culturale e artistico del nostro Paese si è radicato come un valore insito nel nostro DNA. Se l’ambiente, la storia, influenzano il modo di essere artisti, quale posizione assume l’italianità a sostegno della sua visione di una musica responsabile?

Sinceramente non sono felice di come molti cittadini italiani esprimano oggi la loro italianità. In ogni caso i concetti riguardanti la provenienza e la cultura nazionale, con facilità possono essere travisati. Dal canto mio, credo che l’Italia abbia contribuito in modo esemplare allo sviluppo di valori che rappresentano la mappa genetica dei diritti fondamentali. Ho già citato personalità come Gramsci e Papisca, e aggiungo Cesare Beccaria che nel 1764 aveva già risolto la questione della pena di morte, tanto cara e ancora praticata dai paesi ‘pre-moderni’ come gli Stati Uniti d’America. Ma ricorda più i friv giochi popolari e non ciò che è menzionato sopra.

Per concludere, voglio citare un libretto scritto dal grande ‘italiano’ Antonio Papisca, per spiegare l’empatia che la musica e il mondo dei diritti umani hanno da sempre: “Tutti i cantanti e gli attori in scena rendono vive le principali convenzioni giuridiche che danno corpo organico al vigente Diritto internazionale dei diritti umani” (dal libretto per un’azione scenica intitolato “Noi, diritti umani”, in cui ‘Noi’ è inteso come la materia di cui si plasmano i diritti, ndr).

È in virtù di questo che mi piace pensare alla musica e alla legge come “sisters in law”, unite a combattere fianco a fianco la battaglia dei diritti, per un mondo migliore.

 


Alessio Allegrini è primo corno solista dell’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia, della Lucerne Festival Orchestra e dell’Orchestra Mozart fondata dal Maestro Claudio Abbado e Direttore artistico della Human Right Orchestra. Sostiene progetti per il miglioramento della società attraverso l’educazione musicale ed è fondatore del movimento Musicians for Human Rights che promuove la cultura dei Diritti Umani attraverso la musica. Parteciperà al simposio “Sinfonie d’Intenti. Passioni, visioni e progetti di mecenatismo musicale” (Conservatorio della Svizzera italiana, 18 ottobre 2019).

Continuare
Abbonati per leggere tutto l'articolo
Ricordami