Il lago dei cigni

Era il 1877 quando, per la prima volta, andava in scena a Mosca al Teatro Bol’šoj il balletto di Pëtr Il’ič Čajkovskij Il Lago dei cigni destinato a diventare uno dei balletti più seguiti e apprezzati ancora oggi. La storia, ispirata a un racconto popolare e che probabilmente molti conoscono, ha come protagonista l’amore irrealizzabile tra il malinconico e romantico principe Sigfrido e Odette. La giovane e bellissima Odette è costretta a tramutarsi in cigno al sorgere del sole da un terribile sortilegio del mago Rothbart, che vuole punirla per averlo rifiutato. Sigfrido incontra Odette per la prima volta nella notte, sulla sponda di un lago e assiste alla sua trasformazione. Desidera liberarla, è pronto a sfidare il mago. Ma solo l’amore di un giovane che non abbia mai promesso il suo cuore a nessun’altra potrà infrangere la malìa. La soluzione pare prossima e semplice visto che per il principe si tratta del primo amore. Ma Rothbart agisce con perfidia facendo assumere a sua figlia Odile le sembianze di Odette e inducendo Sigfrido a votarsi a lei. Il futuro per Odette e Sigfrido svanisce, la speranza s’infrange ma il sortilegio più potente, l’incantesimo più grande ovvero l’amore non può essere sconfitto.
Questa favola danzante – molto più ricca rispetto a questo breve sunto – resa immensa dalle coreografie e ovviamente dalle musiche di Čajkovskij mi accompagna sin dall’infanzia. All’epoca ne possedevo una versione che, alle immagini, accompagnava l’ascolto e ricordo nitidamente con quanta apprensione vivessi il momento cupo e tragico dello scambio di persona, Odile per Odette e l’impossibilità di vedere i due innamorati insieme: la danza spagnola, la tarantella napoletana, la mazurka polacca, la czarda ungherese, il valzer e poi lo squillo delle trombe ad annunciare l’arrivo di una misteriosa pretendente al cospetto di Sigfrido. E poi il famoso pas de deux con Odile, il cigno nero e la disperazione di Sigfrido. Il libro che ho oggi tra le mani, ovvero Il lago dei cigni  presentato dal New York City Ballet (che dopo Lo schiaccianoci e La bella addormentata conclude la serie nata per avvicinare i bambini alla magia del balletto e delle fiabe classiche) edito in Italia da Terre di Mezzo editore, mi ha permesso di ritrovare quegli istanti di emozione dati da una grande storia di musica, amore e danza. La poesia delle illustrazioni dell’artista argentina Valeria Docampo, l’intensità dei colori, la sinuosità dei corpi che danzano riescono a raccontare tanto la dolcezza e la fragilità del cigno Odette quanto la forza dirompente di un amore pronto a sfidare le arguzie più terribili. I personaggi sono ballerini capaci di muoversi sulla carta, gli spazi sono attraversati dalla musica che c’è anche quando non possiamo sentirla.

La competizione eterna tra bene e male, ma anche i momenti festosi e commoventi popolano le pagine di questo albo e trasferiscono energia e incanto ai lettori adulti, bambini, adulti pronti a tornare bambini in un battito d’ali.

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