La potenza creativa delle parole: intervista a Fulvio Fiori

Può la parola scritta essere messa al servizio dello star bene psicofisico? In che modo giocare con le parole e i concetti ci può aiutare a rielaborare e alleviare l’ansia, la solitudine e la depressione di questi mesi segnati dalla pandemia del Covid-19? In altre parole, come può ciascuno di noi trovare la propria creatività individuale e fare della scrittura una “scrittura che cura”?

Ne parliamo con Fulvio Fiori, che oltre ad essere scrittore, attore, noto aforista e vincitore del Premio Troisi per la scrittura comica, è anche ideatore di Bioscrittura®, un metodo olistico che mira a mettere la potenza creativa della parola scritta al servizio dello star bene psicofisico.

Dottor Fiori, come nasce il suo interesse per la scrittura?

Ho cominciato a subire il fascino delle parole da piccolissimo, quando mio padre, per farmi addormentare la sera, mi leggeva le poesie di Leopardi, Pascoli, Carducci e la Divina Commedia. Ricordo che restavo incantato dal suono magico di quei versi e rapito dalla passione che la sua voce sapeva comunicare. Al punto che a cinque anni, conoscevo a memoria tutto il primo canto dell’Inferno! A causa di questo, forse i miei sonni infantili sono stati un po’ agitati, ma i preziosi semi di quei capolavori hanno dato presto i loro frutti, perché ho scritto la mia prima canzone a dodici anni, il primo monologo a quattordici, i primi aforismi a diciassette e a venticinque anni ho deciso di fare della scrittura la mia professione. Scrivendo per il teatro, per la musica, per la pubblicità… in una ricerca linguistica ampia e variegata che mi piace definire “sferica” (360° sono pochi!). Infatti, non mi sono mai accontentato di creare parole, che servissero solo a sé stesse. A essere puramente ammirate, ricordate, citate (che comunque accade).

Ma ho sempre avuto bisogno che i miei testi contenessero qualcosa in più: una sorta di “energia benefica”, espressione di una mission autoriale che sento profondamente e che negli anni ho sintetizzato in tre parole, le mie 3 E: Emozione, Elaborazione, Evoluzione.

Cioè voglio che la mia scrittura nasca da sentimenti autentici, in cui gli altri possano percepire sinceramente i battiti del proprio cuore; e voglio che i miei racconti e romanzi offrano un punto di vista sorprendente, capace di interrompere il flusso ordinario dei pensieri e stimolare nuove visioni esistenziali personali; infine, voglio che i miei manuali e i miei aFIORIsmi (come resistere alla gioia di questo gioco di parole?) aiutino le persone a cercare sé stesse, in modo personale e autentico, l’unico che può indurre nell’essere umano il cambiamento costante e potente, che la vita ci chiede ogni giorno. E lo strumento che uso e che offro è la parola, attraverso la lettura e la scrittura. D’altra parte, come dice uno dei miei aFIORIsmi: “Gli uomini leggono i libri, gli scrittori leggono gli uomini”.

E io cerco di risvegliare lo scrittore che è dentro ognuno di noi, affinché “legga” gli altri esseri umani, primo fra tutti sé stesso.

La rivisitazione della propria esperienza autobiografica con la scrittura è un approccio che la psicologia generalmente riconosce. In che senso il suo approccio si differenzia da altri? 

Scrivere spontaneamente fa sempre bene, perché serve a “buttar fuori cioè che ingombra dentro”. Così le nostre emozioni pesanti smettono di rimbalzare cupamente fra la testa e il cuore, creando confusione, ansia e smarrimento. Perché una volta messe nero su bianco, con la struttura logica che la scrittura ci chiede, le possiamo osservare da fuori, come un testimone, come se non fossero nostre. Le possiamo cioè guardare negli occhi e riusciamo anche a leggere fra le righe tutto ciò che hanno da dirci. Scopriamo così la “forma narrativa dei nostri sentimenti”. L’autobiografia arriva fin qui. E qui si ferma. Con tutti i benefici di “alleggerimento emotivo e compiacimento” che ne derivano. Il mio approccio invece – cioè la Bioscrittura®, il metodo di scrittura terapeutica che ho avuto il piacere e la fortuna di ideare – apre nuove opportunità: se la scrittura degli eventi così come sono accaduti (cioè come li sente il soggetto) non è sufficiente a far star bene il narratore, procediamo con la RISCRITTURA: quello stesso evento viene raccontato da un altro punto di vista, con le parole di un altro soggetto, con un tono diverso, in un’altra epoca, con personaggi in più o in meno… cambiando cioè a piacere gli elementi della narrazione, con un unico scopo: mettere in pace quell’emozione. È un meccanismo psicologico che funziona perché il nostro inconscio non distingue tra ciò che è vero e ciò che è verosimile, purché la narrazione sia forte, intensa, coinvolgente. Per questo, ci emozioniamo guardando un film o leggendo un libro, ben sapendo che niente di ciò che ci rapisce è vero. Eppure il racconto ci prende e ci fa battere il cuore. Il secondo elemento di differenza nel mio approccio professionale è che l’autobiografia è soltanto uno dei metodi di scrittura terapeutica. Ma ce ne sono molti altri, come il DIARIO, che ha tenuto in vita Anna Frank. Il MANTRA, che ha portato Cassius Clay a diventare una leggenda della boxe (“I am the greatest”). E c’è la FIABA, il CONTRATTO, il RACCONTO DI FANTASIA…

La Bioscrittura® ti aiuta a trovare lo strumento più utile per te in questo momento. Perché ognuno di noi è unico e irripetibile, mentre le soluzioni standard sono generaliste e danno risultati così così.

Senza contare i rischi della ripetizione: parlare di me, sempre di me, solo di me, della mia storia, delle mie passioni, dei miei dolori – come richiede l’autobiografia – può portare a un rinforzo eccessivo dell’EGO, che è il principale autore dei nostri malesseri, cristallizzando il problema anziché “trasformarlo”, condizione indispensabile per cominciare a guarire. Senza enfasi e senza sminuire nulla, agendo in modo autentico e semplice. Per questo, “sono terapeuta della parola, perché aiuto le parole a star bene”. Solo le parole: se le parole sono dentro una persona, aiuto la persona; se sono dentro un libro, aiuto il libro… è un buon modo di tenere a bada l’EGO, onorando un aforisma di Freud, che fu già di Ippocrate: “Io l’ho curato, Dio l’ha guarito”. 

Lei ha vinto il Premio Troisi per la scrittura comica: che valore dà all’umorismo nella terapia delle parole?

L’umorismo è il mio approccio alla vita. Ne vedo il lato grottesco, ne sento il paradosso, ne celebro il nonsense… In altre parole, mi diverto, nel senso etimologico, dal latino divertĕre, cioè “volgere altrove”, che mi consente un cambio permanente di punto di vista, quasi a voler abbracciare tutti i punti di vista possibili. Perché uno solo è limitante, ma anche due, tre… Il che si rivela utilissimo per aiutare le persone a “uscire dalla propria fissità emotiva” per considerare altre parole, altre interpretazioni dei fatti, altri scenari narrativi. Inoltre, l’umorismo è la mia Via di Autoterapia Personale, come racconta il romanzo che ha vinto i Premio Troisi: IL GIORNO CHE SONO NATO C’ERA SCIOPERO DELLE CICOGNE, Guida 2003. E tutti i miei libri ne sono permeati, perché lo ritengo utile, sempre. Mentre il mondo delle terapie psicologiche si presenta inesorabilmente serioso (soprattutto i counselor, i coach e gli operatori olistici). Come se “alleggerire” non fosse già di per sé terapeutico. Italo Calvino diceva “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.” D’accordo, il mondo sanitario ha già fatto un grande passo avanti, scoprendo la “medicina narrativa”, ma mi auguro che varcherà presto la frontiera della “medicina sorridente”.

Perché l’umorismo ha molto a che fare con la chimica del corpo, non a caso deriva dal latino umor, che significa “liquido”.

E oggi sappiamo scientificamente che ridere massaggia gli organi interni e libera endorfine, la “sostanze chimiche della felicità” che rinforzano il sistema immunitario. Per questo, anche nei miei corsi e nelle sessioni individuali, il “buon umore” aleggia sempre, è nell’aria, vibra come l’energia colorata di infiniti palloncini che riescono a tenere sospesa un’incudine. Ma sempre con sensibilità e rispetto, perché ci sono persone che per curarsi hanno bisogno di drammatizzare, anziché sdrammatizzare. Come insegna Aristotele, attraverso il principio della “catarsi”, quando l’eroe viene infinitamente perseguitato e oppresso, fino alla meravigliosa liberazione finale, che libera anche il cuore dello spettatore. Quindi, per me vale sempre il principio di “personalizzare la terapia delle parole”, ma con un pizzico di leggerezza, che piano piano contagia le persone e apre il loro cuore e il loro respiro (uno dei miei aFIORIsmi dice “Se non sai cosa fare, sorridi”).

Pensando all’esperienza del lock-down e della pandemia Covid 19, in che modo la scrittura può aiutare in momenti come questi?

La pandemia ha creato uno stato generalizzato di pericolo e paura, dovuto principalmente all’impatto dei media. Cioè delle parole che giornali e televisioni hanno scelto per comunicare. Immagini reali della malattia pochissime, parole inquietanti moltissime. E il mondo delle parole ha reagito spontaneamente, condividendo a più non posso la frase “Andrà tutto bene”, motto scaramantico che affida ogni cosa a un’entità superiore, fuggendo dal presente per rifugiarsi nel futuro. Senza alcuna responsabilità e azione personale.

Di fronte a una situazione psicologica di questo tipo, la scrittura spontanea è sempre benefica, perché aiuta a buttar fuori l’ansia e quindi alleggerisce: dunque possiamo scrivere quando ci viene e come ci viene, oppure tenere un diario, che aiuta la “continuità dello scarico”. In altre parole: facciamo le pulizie quotidiane della mente. Ma possiamo anche ideare un mantra personale positivo, tipo “Sono sano, ho fiducia, sto bene”, “Sono forte, in salute, in forma”, “Mi sento bene, sono una roccia”. Possiamo scrivere uno di questi mantra la mattina appena svegli o la sera prima di addormentarci. Oppure appendere un foglio con il mantra, su un mobile della cucina, sullo specchio del bagno e leggerlo ad alta voce ogni volta che ci passiamo davanti. O tenere il foglio sul sedile dell’auto e leggerlo quando siamo fermi al semaforo. Durante la fase più acuta della pandemia, ho postato questi mantra sui social network, e molte persone ne hanno fatto tesoro, usandoli oppure trasformandoli. Oppure affiancandoli a “Tutto andrà bene”, celebrando così il proprio bisogno di passività, insieme a quello di attività.

Mentre il lockdown ci ha riavvicinati impetuosamente alla nostra famiglia, oppure ce ne ha allontanati, oppure ci ha impedito l’ultimo saluto ai famigliari colpiti dal virus e ora venuti a mancare (mi auguro di cuore che non sia accaduto!). Quindi ha risvegliato in noi il tema principale del nostro benessere emotivo: la famiglia, autentico miele e fiele della nostra esistenza.

Per questo, consiglio la lettura del mio libro CARA FAMIGLIA TI SCRIVO, scritture terapeutica per il tuo albero genealogico, pubblicato da TEA nel 2018, terzo volume dedicato al metodo Bioscrittura®. Attraverso gli esercizi che il libro propone, puoi risanare i conflitti interiori che sono affiorati e riportare la serenità in famiglia.

 

Per affrontare invece la fase successiva, cioè la rinascita e stimolare la RESILIENZA, consiglio LE PAROLE CHE FANNO BENE, scrittura positiva contro i pensieri negativi, pubblicato sempre da TEA nel 2017: aiuta a superare le paure e rinforza l’autostima. Puoi regalare questi libri a una persona che ti sembra averne bisogno. Oppure comprali per te e poi prestali…

Dico questo per potere citare una battuta molto simpatica: “Il mondo si divide in due categorie di stupidi: quelli che prestano i libri e quelli che avuti in prestito, li restituiscono”. Ebbene ti confesso (sorridendo) che purtroppo, io appartengo a entrambe le categorie!

 

Personalmente come ha vissuto questa esperienza: ha scritto in questi mesi e perché lo ha scritto?

Ho vissuto l’esperienza del COVID senza grandi mutamenti, perché facendo lo scrittore, la mia vita scorre principalmente fra le mura di casa, seduto alla mia scrivania, picchiettando le dita sulla tastiera del pc, dalla mattina alla sera. E la nuova presenza fissa di mia moglie, che ha cominciato a lavorare in smart working da casa, fortunatamente è stata un grande dono per entrambi. Ebbene, in questi mesi, per la mia “salute emotiva” non ho sentito bisogni di scrivere, ma solo di meditare, un’ora al giorno e di fare quotidianamente le mie tecniche fisiche di arti marziali (praticando anche sul pianerottolo!). Quindi il mio “mens sana in corpore sano” si è espresso senza scrittura. Mentre invece ho scritto tanto per gli altri: le persone della mia newsletter, i contatti di facebook, linkedin, instagram… postando articoli dedicati alla scrittura terapeutica e agli esercizi pratici per superare la paura, rinforzare l’autostima, progettare il futuro… e sono stati molto apprezzati e usati. Come una sorta di controvirus positivo, trasmesso attraverso la penna. Tutto rigorosamente gratis, in dono. Perché soprattutto nei momenti difficili, è bello aiutarsi spontaneamente, senza chiedere niente in cambio. Neppure di acquistare un libro. Casomai di condividere un sorriso, attraverso aFIORIsmi come questo, che come sempre, mi auguro portino Emozione, Elaborazione ed Evoluzione (e anche un po’ di leggerezza in questa pandemia, che ancora non è finita): “Io non presto mai attenzione alle persone. La regalo.”

 

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