di Maria Moreni
Foto: Benedetto Croce fotografato da Mario Nunes Vais (Collezione del Fondo Nunes Vais)
Il 20 novembre 1952 moriva a Napoli Benedetto Croce. Il filosofo e storico, nato a Pescasseroli (L’Aquila) nel 1866, è stato il più importante intellettuale italiano tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, occupando un ruolo centrale nella cultura tricolore del XX secolo.
Dall’erudizione classica alla riflessione critica
Croce iniziò i suoi studi nel capoluogo campano. Scampato dal terremoto di Casamicciola, sull’isola di Ischia, nel 1883 – disgrazia in cui morirono i genitori e la sorella, e che lo segnò profondamente – il giovane Benedetto fu accolto a Roma in casa dello zio Silvio Spaventa. Cominciò giurisprudenza, che interruppe per dedicarsi ai corsi di etica di Antonio Labriola. Tornato a Napoli, sentì il bisogno di varcare i confini dell’erudizione tradizionale e spostò i suoi interessi sulla riflessione critica, un piano in cui storia e filosofia si intrecciano, alla perenne ricerca di nuovi stimoli e miglioramenti.
Con ‘La storia ridotta sotto il concetto generale dell’arte’ (1893) Croce diede avvio a una fervida opera che costituì un rinnovamento per il mondo della cultura italiana. Le sue opere e, in particolare, ‘La Critica’, rivista da lui fondata nel 1903, aprirono in Italia il dibattito intellettuale alle correnti del pensiero europeo di questi anni e avrebbero rappresentato successivamente un punto di riferimento fondamentale dell’antifascismo militante durante il periodo della dittatura.
Il manifesto dell’antifascismo
Senatore dal 1910, ministro dell’Istruzione nel governo di Giovanni Giolitti nel 1920-21, dopoché il fascismo dichiarò la sua natura totalitaria, Croce mostrò un deciso atteggiamento di opposizione, redigendo il ‘Manifesto degli intellettuali antifascisti’, per i quali divenne un esempio. Affermava il filosofo sulla rivista ‘Il Mondo’: “Ma io scrivo queste pagine mentre rugge intorno la guerra, che assai probabilmente investirà anche l’Italia; e questa guerra grandiosa, e ancora oscura nei suoi andamenti e nelle sue riposte tendenze, questa guerra che potrà essere seguita da generale irrequietezza o da duro torpore, non si può prevedere quali travagli sarà per darci nel prossimo avvenire e quali doveri ci assegnerà. L’animo rimane sospeso; e l’immagine di sé medesimo, proiettata nel futuro, balena sconvolta come quella riflessa nello specchio d’un’acqua in tempesta”.
I primi tempi della repubblica
Successivamente alla caduta di Benito Mussolini, a partire dal 1943, dopo il 25 luglio e la firma dell’armistizio, l’impegno politico di Croce divenne determinante per salvare l’integrità dello Stato e collaborare al difficile passaggio dalla monarchia alla repubblica. L’intellettuale tornò per breve tempo alla vita politica attiva, come ministro senza portafoglio nel gabinetto Badoglio (aprile-giugno 1944) e nel primo gabinetto Bonomi (dal 18 giugno al 27 luglio); tenne fino al 1947 la presidenza del Partito liberale e sino al 1948 quella onoraria, fu consultore, deputato alla Costituente e dal 1948 senatore di diritto. Nel 1947 fu nominato socio onorario dell’Accademia dei Lincei, della quale era stato in passato (1923-35, 1945) socio nazionale. Sempre nel 1947 fondò a Napoli l’Istituto italiano per gli studi storici, mettendo a disposizione la sua biblioteca, secondo alcuni forse la più importante biblioteca privata d’Italia.
L’intimo dialogo di Croce con sé stesso
In occasione del settantesimo anniversario della scomparsa di Croce, di recente l’editore italiano Adelphi ha pubblicato ‘Soliloquio e altre pagine autobiografiche’, a cura di Giuseppe Galasso, con la prefazione di Piero Craveri. Galasso, storico e politico morto il 12 febbraio 2018, scelse i passi più rivelatori dell’opera di Croce per costruire un’antologia che fa vivere ai lettori, dall’interno, il dialogo che l’intellettuale intrattenne con sé stesso, svelandoci le ragioni intime e profonde di un’attività prodigiosa quanto in un certo senso terapeutica: fu quella che gli permise di superare gli anni dolorosi e cupi successivi alla scomparsa dei genitori e della sorella nel terremoto del 1883.
Il volume permette di cogliere anche i risvolti più personali e segreti del ruolo centrale dello scrittore, filosofo dello “storicismo assoluto” e uomo politico sulla scena pubblica: dall'”amaro compiacimento” che gli derivò nel 1925 dal “sentirsi libero tra schiavi”, al senso di liberazione “da un male che gravava sul centro dell’anima” suscitato dall’arresto di Mussolini, sino all’emblematica confessione del 1951: “La morte … non può fare altro che così interromperci, come noi non possiamo fare altro che lasciarci interrompere, perché in ozio stupido essa non ci può trovare”.
La vita affettiva alimentò filosofia e spirito
È interessante citare anche i commenti, rilasciati a ‘Rai Cultura’, di Giancristiano Desiderio, autore de ‘Vita intellettuale e affettiva di Benedetto Croce’, pubblicato nel 2014 da Liberilibri. “Benedetto Croce è l’italiano della verità e della libertà, che ha saputo opporsi alla tracotanza del potere e che ci ha lasciato un’opera non solo filosofica e letteraria ma costituita dalla sua stessa vita. Un’opera che per noi oggi è un dono prezioso, perché ci fornisce un sistema di pensiero che è utilissimo contro le tentazioni totalitarie della cultura moderna”.
Ha aggiunto Desiderio su Croce: “Dalla sua magmatica vita affettiva nascono le sue opere, come esigenza di educarsi, signoreggiando la propria esistenza e le sue angosce. La sua vita affettiva dà il tono musicale alla filosofia dello spirito, che si alimenta in maniera profonda del lungo amore per Angelina Zampanelli (con la quale ebbe una relazione “scandalosa” per l’epoca, perché non sancita da alcun vincolo coniugale, ma che durò vent’anni, ndr) e della morte di lei, dell’amicizia e della rottura con Gentile, dell’amore coniugale e dell’etica del lavoro”.