A che ritmo vai?

Nell’estate del 2016, impiegata in una grande banca svizzera, ero entrata a far parte di un programma per “talenti” chiamato women fit for success. Apprezzo molto e applaudo questi programmi e investimenti sui talenti dell’azienda, ma mi chiedo se organizzare programmi specifici per donne e uomini non aggravi ulteriormente il problema dell’uguaglianza di genere sul posto di lavoro.

In ogni caso, avevo preparato la mia 48-ore ed ero partita verso una località fiabesca in montagna, un ritiro per “menti corporate”. L’intero programma offsite prevedeva due giorni di workshop, esercitazioni, role-play, discussioni, networking, molto simile ad altri programmi di questo tipo fatti precedentemente e che avrei fatto in seguito. 

Ma in questo particolare programma, a distanza di 4 anni, ho acquisito un aspetto e insegnamento fondamentale: dosare l’energia in base al proprio ritmo interiore per poter massimizzare il proprio rendimento.

Durante il secondo giorno, dopo un breve pranzo e “networking coffee” preceduto da una mattinata piena e da una prima giornata ancora più intensa, ci era stato chiesto di alzarci dalle nostre sedie e iniziare a camminare intorno alla stanza, seguendo il ritmo che il leader del workshop avrebbe indicato.

Mentalmente mi ero chiesta: «Ma seriamente, con tutte le e-mail che si accumulano nella mia casella di posta ogni ora, la mia infinita to-do list che cresce esponenzialmente ogni ora che passo qui, dobbiamo davvero passare mezz’ora a camminare in tondo in gruppo in una stanza?»

Nell’arco di quindici minuti mi ero ricreduta completamente sullo scopo dell’esercitazione. 

Probabilmente i trenta minuti meglio investiti dell’intera settimana e che avrebbero influenzato positivamente sia il mio benessere sia la mia produttività negli anni a venire. 

Ma torniamo al workshop. Erano le 13:30, subito dopo pranzo. Eravamo una ventina, in una grande stanza con sedie disposte in cerchio, continuavamo a camminare in tondo come istruite, lentamente, poi velocemente, poi molto velocemente cercando di evitare collisioni (com’era diversa la vita pre-COVID!), poi quasi correndo, poi molto lentamente; poi ci venne chiesto di scegliere il nostro ritmo, la nostra velocità, quella che sentivamo più affine, e di continuare a camminare.

Dobbiamo misurare il nostro ritmo dando una velocità da 1 a 5, dove 1 significava camminare lentamente come se si stesse ammirando opere d’arte al museo e 5, invece, correre per non perdere il proprio treno mentre si indossano i tacchi alti. La mia scelta quel pomeriggio dopo pranzo cadde sul 3. Provavo disagio in quel momento, fastidio a camminare a un ritmo di 4 o 5, e altrettanto disagio, quasi frustrazione, a camminare a un ritmo di 1 o 2. 

Quanto ci costa allontanarci dal nostro metro e ritmo interiore per cause esterne? Che performance avremmo se potessimo seguirlo più spesso? Tutti i giorni seguiamo ritmi imposti dall’esterno. 

Personalmente, con tre figli dai 7 anni agli 8 mesi, casa e lavoro, è spesso il mio modus operandi andare avanti e fare il più possible il più efficientemente possibile, “push through and get it done” come efficacemente dicono gli inglesi. Ma so che non è il miglior utilizzo del mio tempo. Quanto ci metto a preparare una presentazione impeccabile o a scrivere un ottimo articolo? Un’ora con l’energia del mattino, 2-3 ore se riservo a queste attività l’energia del primo pomeriggio o della tarda serata. Cos’è più efficiente? 

Email, e in generale attività che richiedono poco focus e concentrazione, dovrebbero essere concentrate nei momenti a ritmo più lento. Sembra ovvio, ma spesso ce ne dimentichiamo. 

E qual è il risultato quando ce ne dimentichiamo? È una coperta troppo corta. O finiamo mentalmente e fisicamente esausti o non raggiungiamo la performance, il risultato ottimale che avremmo potuto ottenere se avessimo dosato e calibrato una data attività in base al ritmo che la nostra mente ci richiedeva in quel particolare momento. Oppure raggiungiamo il risultato lo stesso, ma nel triplo del tempo e avendo richiesto alla nostra mentre il triplo dello sforzo.  

Appartengo alla schiera dei “mattinieri”: lo stesso esercizio del workshop dalle 9:00 alle 12:00 mi avrebbe vista scegliere un ritmo di 4 o anche 5; probabilmente anche dalle 17:00 alle 20:00 avrei scelto un 4. Ma nel primo pomeriggio? La mia mente ha bisogno di concentrazione e ritmo più lento in quel momento della giornata, tanto quanto ha bisogno di adrenalina al mattino e in prima serata. Il nostro “ritmo interiore” può anche cambiare a seconda del periodo dell’anno, del mese, di particolati condizioni psico-fisiche del momento, sbalzi ormonali, episodi esterni di vario tipo. Dopo una vacanza rigenerante, ad esempio, siamo pronti a cambiare il mondo, probabilmente potremmo sostenere un ritmo di 4 o 5 per l’intera giornata, proprio come, dopo un periodo particolarmente intenso, avremmo bisogno di recuperare le energie e il focus e adottare un ritmo più lento per un periodo più lungo. 

L’obiettivo dunque è imparare ad adattare le nostre giornate quotidianamente, distribuendo il carico e il tipo di lavoro e le varie attività in base al nostro ritmo interiore; solo così possiamo raggiungere i risultati migliori che non lascino strascichi negativi su di noi e che garantiscano i migliori risultati qualitativi e in termini di efficienza e di “return on investment”.  

Non sempre naturalmente abbiamo la scelta, ma la consapevolezza di sé e di come funzionare al meglio ci fanno sempre ottenere punteggi più alti, a prescindere dal contesto e dalla fase della nostra vita. 

Manuela Andaloro per il Corriere dell’Italianità (aggiornato e adattato da “What’s your inner pace? ” sul blog Own the way you live, novembre 2016) 

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