A Chernobyl dopo la tragedia

di Maurizio Nappa

In questo 2020 così surreale mi è pesato tantissimo il non poter viaggiare; perfino i viaggi di lavoro, che spesso si possono riassumere in poche parole, quali aeroporto, hotel, ristorante dell’hotel e stabilimento, mi sono mancati. Per compensare questa mancanza, ho letto o riletto diversi libri di viaggi, da quelli più famosi, ormai classici della letteratura mondiale, a libri meno conosciuti, perché non hanno ancora avuto, in Italia, un’eco e una distribuzione adeguate.  

Nella pubblicazione di testi meno noti al pubblico italiano, si è specializzata la casa editrice  Keller, una casa editrice indipendente, che ha sede a Rovereto, nel Trentino e che dal 2005 propone libri di autori che, nella maggior parte dei casi, appartengono alla Mitteleuropa, concentrandosi sui temi dei confini, dei viaggi come il reportage che intendo qui proporre,

Si tratta di “Una passeggiata nella zona” di Markijan Kamys, ucraino, nato nel 1988, due anni dopo il disastro di Chernobyl. E proprio a Chernobyl si riferisce la zona del titolo. Chi non è più giovanissimo ricorda l’incidente nucleare di Chernobyl, in quella fine di aprile del 1986, che cambiò per breve tempo le vite di tutti gli Europei: paura, angoscia, non si mangiavano più frutta e verdura fresche, i primi giorni dopo il disastro restammo tutti chiusi in casa, fino a che ci si abituò, e questa paura passò. Non per tutti fu così; sicuramente non fu così per il padre dell’autore, fisico nucleare e ingegnere dell’Istituto per la Ricerca Nucleare di Kiev, che lavorò come “liquidatore” della zona di Chernobyl e, di conseguenza, fu destinato a morire giovane, quando il figlio aveva solo quindici anni. Possiamo solo immaginare cosa questo tragico evento familiare abbia significato per il ragazzo Markijan, ma, grazie a questo libro, che non è solo un reportage, ma anche un memoire, fino a diventare, a tratti, un vero e proprio romanzo, scopriamo cosa ne è stato di Chernobyl, di quel luogo che era sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo in quella triste primavera del 1986. Non so quanti sappiano che la zona di esclusione di Chernobyl è luogo di pellegrinaggi clandestini; io l’ho scoperto leggendo questo libro. La scrittura di Kamys è fluida, dinamica, vitale, anche se racconta di un posto di morte. 

Eccone un assaggio: 

Com’è adesso la Zona di Černobyl’? Per alcuni è il terribile ricordo di un’infanzia semidimenticata, di una felice giovinezza sovietica, in cui nel giro di pochi giorni la tua esistenza va a rotoli e tu e tutti i tuoi vicini dovete lasciare le vostre cose e rifarvi una vita. Per altri la Zona di Černobyl’ è quella merda radioattiva che hai dovuto spalare nel maggio del 1986. Per altri ancora è una terra incognita pieni di miti, zombie e soldati sui carri armati. Per qualcuno sono le escursioni ufficiali, quelle in cui venditori senza scrupoli tra un discorsone e l’altro fanno i soldi alle spalle di turisti sprovveduti. […] Nel mio caso è anche peggio. Per me la Zona è un luogo di relax. Altro che il mare, i Carpazi, il Donbass o la Turchia, invasa da puttane abbronzate e inondata di mojito. Una ventina di volte all’anno io faccio il turista clandestino nella Zona di Černobyl’, lo stalker, il pedone, il solitario, l’idiota, chiamatemi come volete. Di me non si accorge nessuno, ma io ci sono. Esisto. Quasi come una radiazione ionizzante. Volete sapere come faccio? Prendo lo zaino, arrivo dove c’è il filo spinato e svanisco nelle tenebre delle foreste, delle radure e degli aromi di pino della Polissja, scompaio tra boschi incredibili e nessuno, per alcun motivo al mondo, si accorge di me.”

Consigliato a chi nei viaggi, anche se solo di fantasia, predilige itinerari fuori catalogo.

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