Amici miei e una litostampa tutta italiana

Con ancora le macerie dell’emergenza sanitaria, un gruppo di ragazzi di Milano ha deciso di ridare luce a uno spazio speciale. E questa è la loro storia.

Ci sono un fotografo, un agente sportivo e un tour manager che si ritrovano di colpo sul divano. Potrebbe iniziare così questa storia, seppur l’intro un po’ da barzelletta non si addice all’evoluzione di questo gruppo di ragazzi, tutti liberi professionisti, che in pandemia si sono trovati appunto seduti sul divano, chiusi in casa. Per questi tipi, che a vederli sembrano normali ragazzi di Milano, la vita è cambiata sul serio. Non poter viaggiare, non potersi muovere ha significato davvero la chiusura del 90% di tutte le attività e i progetti in corso e per alcuni il COVID ha spezzato una corda che reggeva moltissimi equilibri, nonché molti equilibristi della vita, come quelli che non hanno un posto fisso, che non hanno una famiglia canonica, che non hanno un lavoro dove per forza bisogna andare in completo o in un ufficio.

Luca (il fotografo), Andrea (l’agente) e Paolo (il tour manager) hanno davanti a loro mesi di incertezza da passare a Milano, in una città che sta cambiando e si sta chiudendo, come tutto il paese, come tutto il mondo. Hanno poche strade davanti a loro. Sono amici, certo, ma non si conoscono benissimo. Non sono i classici amici di lunga data. Sono sempre stati in giro, separati, e Milano ha sempre funzionato da punto d’incontro per i tre, così come per le arti e le professioni che loro stessi intraprendono singolarmente. Milano, quel centro nevralgico di attività, connessioni, cene e notti insonni, si sta spegnendo totalmente. Arrivano i primi segnali d’aiuto dallo Stato, per diverse categorie, qualcosa arriva anche a loro, ma non è nell’indole di questi tre soggetti stare a guardare passivamente. Ricordo le parole di un brillante professore di Antropologia Culturale dell’Università proprio di Milano che mi spiegava come l’essere umano se si passivizza, se aspetta a pioggia l’aiuto dall’alto, da una figura più adulta, in qualche modo paterna, rischia di non crescere. L’essere umano ha di per sé un grado naturale di indipendenza e, nonostante la capacità di adattamento, è portato per natura a modificare il proprio spazio per la propria sopravvivenza.
Lo spazio per la sopravvivenza è un tema centrale di molte riflessioni attuali. La distanza sociale è in qualche modo la certificazione di uno spazio di sopravvivenza. Però già Ippocrate invitava a diffidare dall’immobilismo e da qualsiasi situazione troppo stantia da provocare il soffocamento e quando ho incontrato questi tre ragazzi, mi sono venute in mente proprio queste immagini di sana necessità.
Cosa ha mosso, dunque, questi tre dal divano?

In via Ripamonti, proprio nei pressi della Fondazione Prada, c’è stata per tantissimo tempo una litostampa che ha smesso di funzionare negli anni ‘90. Uno spazio enorme di 300mq industriali, con soffitti altissimi. Appartiene a una famiglia di tipografi, ormai anziani, che negli anni ‘70 e ‘80 hanno incontrato le voglie e i desideri di tanti personaggi illustri milanesi. In maniera riservata, questi lavoratori della carta e dell’inchiostro hanno stampato per marchi italiani di grande prestigio. Maserati, Martini, Vespa, Lambretta sono passati dalla loro litografia, così come imprenditori socialisti, intellettuali rivoluzionari, grandi imprenditori e gruppi televisivi, fino a stringere contatti timidi, quelli che si facevano ancora senza le mail e con le strette di mani, in lingue mixate tra loro, con marchi stranieri quali Perrier, American Airlines e persino un tour dei Rolling Stones. Tutto questo finisce, come finiscono le cose, coincidendo anche in questo caso con un grande cambiamento urbano. La Milano da bere, la Milano by night non è più in grande spolvero e molti chiudono i battenti. Anche il modo di fare comunicazione e pubblicità si modifica. Entrano in gioco nuovi strumenti e la litografia chiude il suo castello, lasciando tutto così come se non fosse successo niente.
Forse per mancanza di forze o perché l’energia si era davvero esaurita.

I tre vengono a sapere che c’è la possibilità di entrare in contatto con questa famiglia e provare a parlare dello spazio. L’idea è capire cosa sia rimasto di quella litostampa schiva, per trovare ispirazione in qualche oggetto vintage.
Mi chiamano e mi invitano come tre che decidono di partire per vedere se esiste davvero un vecchio relitto nel mar Mediterraneo. Andiamo a vedere, non si sa mai.

La famiglia in questione ci guida con piacere a “periziare” così dicono, lo spazio e quello che ci appare davanti è davvero una sorta di vascello ritrovato praticamente intatto, con ancora le penne sul tavolo, pieno di polvere.

La domanda che segue dopo un pomeriggio passato tra ricordi, fogli di carta e macchinari è rivolta ai proprietari ed è se hanno qualche idea di cosa farne.

Si guardano si contano gli anni e contano i pochi parenti rimasti ed ecco che compare la possibilità di salvaguardare il proprio spazio non solo vitale, ma anche creativo. Perché non ci fate qualcosa voi, chiedono i signori. E i tre ragazzi, quelli che io bonariamente chiamo gli Amici Miei, accettano come avrebbero fatto se si fossero trovati in un film di Mario Monicelli.
Si parte dunque, si decide che nei mesi estivi con un po’ di mobilità si lavora al riordino e alla ristrutturazione dello spazio. Una vera missione di archeologia post-contemporanea dove emerge una collezione invidiabile di manifesti d’epoca, tenuti in condizioni splendide. Eccolo il vero tesoro. Lo spazio prende forma, si svuota, si libera. Tutto quello che si poteva fare a mano, con le proprie forze lo è stato fatto ed è stato piacevole, salutare. Accatastato come laboratorio, lo spazio di via Ripamonti ha potuto trovare le energie per revitalizzarsi, riappropriarsi di una identità che era stata sopita dal tempo e dai cambiamenti sociali, politici urbani.

Potrebbe diventare un archivio, con qualche macchinario che ancora funziona, suggerisce un amico. Potrebbe diventare uno spazio creativo, potrebbe essere un luogo sicuro per artigiani e artisti. Le idee vengono a cascata e il posto aiuta i tre amici a non soffocare, a non restare nella situazione stagnante. Loro aiutano quella litostampa a respirare e viceversa. A distanza di mesi, il posto è cambiato radicalmente. Poster di dimensioni diverse, soggetti splendidi firmati da design di stile, sono archiviati in modo ordinato negli scaffali dello spazio e sono venduti ai collezionisti per finanziare tutti i lavori più costosi e importanti. Anche in questo caso, i tre sono stati bravi a capire quali aiuti potessero ottenere per ristrutturare il laboratorio, ma servono ancora impegno e risorse per dare un lieto fine a questa storia.

Ho visitato la listostampa qualche giorno fa e ne sono rimasto colpito. Gli amici miei hanno detto che ne faranno uno spazio creativo. Hanno unito le forze per dividere il tutto con altri fotografi, stampatori, calligrafi, artisti, musicisti… formare un luogo sicuro, uno spazio tranquillo dove poter creare e non smettere di sognare fuori dagli schemi. La collezione di poster è ovviamente il loro fiore all’occhiello e stanno trattando direttamente con chi li contatta per perorare e supportare la causa.

Per il momento la storia finisce qui, anche se so benissimo che è solo la fine di una stagione che ne precede una nuova. Perché, infondo, più che lineare il tempo sembra davvero essere circolare e stagionale. Forse dopo questo lungo letargo necessario per sopravvivere, ci aspetta una stagione di nuovi orizzonti artistici e creativi.

La Litostampa di Via Ripamonti si trova a Milano ed è gestita in autonomia da un gruppo di amici con lo scopo di creare uno spazio creativo, dando nuova vita a una storica litostampa cittadina. Al momento è possibile entrare in contatto con il gruppo per acquistare i pezzi della collezione di poster di pregio, citata in questo articolo.


Per maggior informazioni:
hello@kingkoala.it
Andrea:348 933 4638
Luca: 328 286 4939

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