Auguri Francesco Guccini

Edmondo Berselli, giornalista e scrittore, scomparso alcuni anni fa, scriveva su “Quel gran pezzo dell’Emilia”, uno dei suoi saggi di successo: “Cantano i motori e canta l’Emila, ed è naturale chiedersi il perché di tante canzoni, canzonette, musiche e canzonacce nella terra di Bandiera Rossa”. Caterina Caselli, Gianni Morandi, Lucio Dalla, Gianni Pettenati (quello di Bandiera Gialla), I Nomadi, Vasco Rossi, Luciano Ligabue, Pierangelo Bertoli, Giovanni Lindo Ferretti (leader del primo gruppo punk emiliano: i CCCP), Maurizio Vandelli dell’Equipe 84. E molto prima le grandi Orchestre di Casadei e di Iller Pattacini, che hanno fatto ballare e sognare le generazioni del primo dopo-guerra nei locali di provincia in tutta la regione.

E poi lui, Guccini.

È cambiato il mondo da allora, ma forse rimarrà per sempre incisa nei ricordi di tanti la volontà di voler cambiare qualcosa con una canzone.

Francesco Guccini il 14 giugno ha compiuto 80 anni. Nato a Modena, con la famiglia si è trasferito presto a Pavana sull’Appennino al confine con la Toscana dove trascorse prima l’infanzia e poi l’età della consapevolezza e della riflessione. Ha scritto libri (il suo primo libro “Cronache epifaniche” è dedicato proprio a quella zona di montagna), gialli, romanzi e trilogie. Dal 1967 ha pubblicato 16 album e sono gli state conferite due Lauree Honoris Cause. Quando era ancora un ragazzo “lungo e magro” già suonava e faceva musica oltre che insegnare italiano presso lo Johns Hopkins University di Bologna.

Dopo poche serate nelle balere, dove impara a dialogare col pubblico cantando, lascia i locali di provincia e inizia con un nuovo repertorio: “….. l’apocalittico, il postnucleare, il filosofo in musica, provoca uno scandalo teologico con Dio è morto” – continua Berselli nel suo libro.

Guccini inizia una nuova vita a Bologna nel quartiere Cirenaica, via Paolo Fabbri n°43 nel suo locale preferito, magari con un bicchiere di Lambrusco, tanto per schiarire la voce già rauca. Incontra il professor Roversi Monaco, rettore magnifico dell’Università di Bologna che sa perfettamente a memoria un libro di canzoni e canti anarchici. Diventano amici e collaborano nei testi di alcune canzoni.

Con gli anni spesso ci si è chiesti se Guccini fosse anarchico, comunista, di sinistra. Certo socialista, mai comunista (perché era il partito dell’Unione Sovietica), come Francesco stesso ha dichiarato in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera il 7 giugno scorso. Ci può stare, in fin dei conti la madre era democristiana, il padre liberale montanaro e quindi sopra al proletariato.

A lui, il Guccini, che ancora ci permette , ascoltando “Dio è morto” o “Auschwitz”, di continuare a sentirci  coinvolti in un lungo progetto pieno di idee e continuare a vivere per quello che siamo, con la nostra età, i nostri pensieri, le nostre sfide vinte o perse, diciamo: auguri.

(articolo firmato)

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