Camere no, diretta Facebook sì. L’iper-leader sceglie i social.

Camere no, diretta Facebook sì.  Quando l’iper-leader sceglie i social.

Nella settimana di fuoco incrociato delle opposizioni contro il premier Conte sulla scorta del presunto scandalo Moscopoli, il ministro degli Interni, Matteo Salvini, decide di non andare né in Senato né in Parlamento a spiegare come mai il 18 ottobre scorso all’hotel Metropol di Mosca il suo ex portavoce trattava – stando agli inquirenti – una partita di petrolio per far arrivare qualcosa come 65 milioni di euro nelle casse delle Lega.

Camere no, diretta Facebook sì.

Salvini non è certamente il solo politico, oggi a scegliere “i social” ed incontrare come massima forma di dissenso l’emoticon di una faccina arrabbiata, registrata comunque positivamente dall’algoritmo, studiato per premiare il numero e non certo la tipologia di reazione.

Ma cosa succede quando un leader politico, con una carica istituzionale, smette di riferire il proprio operato al Parlamento (assemblea rappresentativa dei cittadini) e preferisce rivolgersi direttamente al popolo via social?

Succede che ci troviamo di fronte a un cambio epocale nel paradigma della comunicazione. Che porta con sé anche una nuova concezione della figura politica: “l’iperleader”. Parola di Paolo Gerbaudo, che dalle stanze del King’s College di Londra, dove dirige il Centro per la Cultura Digitale, ha recentemente dato alle stampe “The digital Party: political organisation and online democracy”, in cui certifica l’avvenuto mutamento. “L’influenza politica – spiega il ricercatore in un articolo apparso su newstatesman.com – si misura ora attraverso la metrica dei social media: like, follower e condivisioni”.

Cosa implica tutto questo? Per primo – continua il ricercatore – che i politici iniziano ad utilizzare il linguaggio colloquiale tipico degli influencer di Youtube e Instagram. Secondo, che la comparazione tra i leader attuali e quelli del secolo scorso rivela profonde differenze: professionalità, serietà e affidabilità lasciano il posto al narcisismo e alla narrazione di sé che diventano ingredienti chiave del successo.

Ma quel che è più importante è che il nuovo linguaggio cambia la politica: “i moderni iperleader – prosegue Gerbaudo – capovolgono la relazione tra politica e partito. Al contrario di quanto avviene nel modello della democrazia rappresentativa, dove i politici sono figure di facciata e il partito è il vero depositario del potere, oggi l’iperleader può contare su una base social maggiore dei partiti a cui appartengono”.

Accade così che Salvini – grazie al social media manager Luca Morisi – riesca a raggiungere i 3 milioni e 500 mila “like” sulla sua fan page di Facebook, diventando uno dei più popolari politici europei. Che nei video si rivolge ai suoi seguaci come “amici”, tenendo lui stesso in mano lo smartphone per ottenere un effetto più autentico tra paesaggi urbani, discorsi improvvisati e aggiornamenti sulle minuzie della vita quotidiana, compreso l’annuncio di una cena imminente con annesse fotografie dei piatti in tavola. Gesti semplici e linguaggio spiccio, attraverso cui l’iperleader compensa la sfiducia nelle istituzioni e nella classe dirigente, fornendo ai propri seguaci una forma immediata di identificazione collettiva. Che manda in pensione i corpi intermedi (partiti, organizzazioni sindacali e altre forme di aggregazione politica) e inaugura il ritorno prepotente della personalizzazione sulla scena politica. Con effetti di rimbalzo sulle “aule sorde e grigie” dei palazzi istituzionali – si spera – diversi da quelli di mussoliniana memoria.

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