Cento anni fa nasceva Don Milani. Il ritratto di chi lo cercò (e lo trovò) tra la sua gente

Con quell’angelo antico, come ebbe poi a definirlo nel suo reportage, Anna Maria Ortese non riuscì a realizzare una vera e propria intervista, nonostante avesse affrontato una sorta di odissea tra gli aspri sentieri del Mugello, avvolti in un silenzio assordante e un buio freddo che gelava le ossa (“Il prete non era precisamente a Vicchio, ma in un’altra località, a vari chilometri di distanza, e assolutamente isolata. Di strade, poi, neppure a parlarne: erano sentieri di fango. Luce elettrica neppure, lassù, ma lampade a gas”) per potersi incontrare “con un fiorentino che credeva ai sindacati cattolici, alla possibilità di una sinistra cattolica, e aveva stampato un libro di cui subito era stata vietata la ristampa, e, in più, ritirata ogni copia dalla circolazione”.

Eppure quel libro, Esperienze pastorali, se da un lato aveva ulteriormente inasprito l’esilio a Barbiana di don Lorenzo Milani, nel contempo aveva assicurato al suo autore una notorietà immediata ed eccezionale.

In quel 1958 tutta la stampa italiana aveva parlato del giovane parroco toscano inviso alle autorità ecclesiastiche per le sue posizioni anticonformiste sull’obiezione di coscienza e sul rapporto tra Chiesa e popolo, schierando le sue firme più note, da destra a sinistra: Carlo Bo, padre Balducci, Gianni Rodari, Luciano Bianciardi, persino Indro Montanelli.

Nessun giornalista, tuttavia, aveva tentato l’impresa...

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