Che impatto avrà la Brexit sull’ambiente?

di Salvo Buttitta

Il Regno Unito lascerà l’Unione Europea il 31 ottobre 2019 e allo stato attuale il nuovo primo ministro britannico Boris Johnson non ha avuto successo nello spingere l’Ue a riaprire le trattative né a fare un passo avanti rispetto a chi l’aveva preceduto, Theresa May, riuscita a fatica a raggiungere con l’Ue un accordo per nulla vantaggioso e rifiutato tre volte dal Parlamento inglese.

L’ipotesi più realistica è una Brexit dura, senza alcun tipo di accordo con l’Unione Europea, e questo rischia di avere conseguenze disastrose non soltanto per il Regno Unito, ma anche per tutto il resto dell’Ue e non solo.

Tra le vittime della Brexit potrebbe esserci proprio l’ecologia, non con- siderata prioritaria dall’esecutivo in carica.

Il Regno Unito è entrato a far parte dell’Unione Europea il 1° gennaio 1973 e nel corso di questi oltre 40 anni la gran parte delle leggi che
proteggono l’ambiente sono arrivate proprio dall’Unione Europea. Molte delle direttive europee sono state implementate nella legislazione britannica e questo divorzio non porterà al rifiuto automatico di queste leggi. Il Parlamento bri- tannico, però, non dovendo più adottare le direttive europee, avrà la possibilità di andare a modifi- care a proprio piacimento le leggi già approvate, a meno che non si trovi un accordo per far rimanere il Regno Unito nell’Area economica europea (EEA) e obbligarlo a lasciare in vigore la maggior parte delle leggi sull’ambiente.
L’Istituto per la politica ambientale europea (IEEP) sostiene però che, se il governo del Regno Unito non vorrà accettare le decisioni che altri prenderanno per loro a livello europeo, avrà la libertà di “agire in modo indipendente e di abbassare il livello de- gli standard ambientalisti”. Greenpeace ha rincarato la dose, anticipando che “vista la storia del Regno Unito nel resistere alle direttive ambientali dell’Ue o ad indebolirle, molto probabilmente rifiuterà tutte le parti positive e terrà soltanto quelle più negative”. Se finora gran parte delle misure a tutela dell’ambiente adottate dal Regno Unito si devono all’Unione Europea, sono i passi futuri a preoccupare gli esperti ed ambientalisti. Senza direttive da seguire, saranno i governi che si succederanno di volta in volta a prendere tutte le decisioni.
Proprio per questo il governo di Theresa May aveva presentato una bozza di legge incentrata proprio sull’ambiente. A firmarla era stato Michael Gove, membro del Partito Conservatore e Segretario di Stato per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali del Regno Unito fino alle recenti dimissioni di May. Lo sforzo fatto in quella bozza, però, non sarebbe neanche lontanamente soddisfacente. Il testo prevede l’istituzione di un nuovo Ufficio per la protezione dell’ambiente, legato al governo in carica e neanche lontanamente super partes. Non è chiaro quali e quante risorse avrà a disposizione, ma già da questa prima bozza è evidente che potrà agire entro limiti ben stabiliti. La bozza dell’Environment Bill si apre elencando i principi su cui si baserà la nuova legge, tutti pienamente condivisibili: azione preventiva per evitare danni ambientali, chi inquina deve pagare in proporzione all’inquina- mento creato, sviluppo sostenibile, parteci- pazione pubblica nelle decisioni che riguar- dano l’ambiente e l’accesso alla giustizia in relazione alle questioni ambientali.

Poche righe sopra, ed è questo che ha fat- to storcere il naso agli ambientalisti, viene però specificato che tali principi saranno “interpretati e applicati proporzionalmente dai ministri della Corona nel realizzare, sviluppare o revisionare le loro politiche”. Tra le righe, quindi, non emerge alcun obbligo nell’applicare e rispettare questi principi, ma si lascia totale libertà decisionale a chi ricoprirà di volta in volta i ministeri interessati. I limiti di questo nuovo organo sono evidenti ed esplicitati ulteriormente nella riga subito successiva, dove tra i temi su cui il nuovo ufficio non avrà competenza ci sono le emissioni dei gas serra e la “tassazione, spesa o stanziamento di risorse governative”. Ogni proposta o misura, a conti fatti, dovrà essere approvata dal Dipartimento del Tesoro e quindi dal Governo che si suc- cederà di volta in volta e che potrà o meno avere a cuore l’interesse dell’ambiente.

La Brexit scatterà il 31 ottobre 2019 e allo stato attuale non è ancora chiaro se si riu- scirà a raggiungere un qualche tipo di ac- cordo alternativo con l’Unione Europea o se si dovrà lasciare l’Ue nel modo più duro possibile. Certo, al momento sembra che né la squadra di Theresa May né quella del suo successore Boris Johnson abbiano ben com- preso le conseguenze che le loro decisioni avranno sull’ambiente nel breve, medio e lungo termine. E questo legittima ancora di più i numerosi appelli che stanno arrivando dalla comunità scientifica e dai gruppi e le associazioni ambientaliste.

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