Di Michelangelo … non ce n’è uno solo!

Jean-Baptiste Andrea, Vegliare su di lei (romanzo), La nave di Teseo. La Recensione di Moreno Macchi

Moreno Macchi

«A tredici anni ero precoce,
ma la parola non esisteva ancora.
A quei tempi il mondo era più semplice.
Si era ricchi o poveri, morti o vivi.
Era un’epoca priva di sfumature.
»


«Sono forse i morti a scatenare le guerre?
I morti sono nostri amici.
Faresti molto meglio

ad aver paura dei vivi!»

Il celeberrimo premio Goncourt (prestigioso ma a nostro parere non sempre garante di grande qualità letteraria), a fine 2023 è andato a Veiller sur elle, tradotto pari pari in italiano con Vegliare su di lei.

L’autore (classe 1971), che ha già pubblicato diversi romanzi (tra i quali un paio sono reperibili anche in italiano: Mia regina e L’uomo che suonava Beethoven), è anche sceneggiatore e regista ed è stato insignito negli ultimi anni di vari premi letterari (Prix Fémina, Prix du premier roman, Prix Terre de France, Prix RTL-lire).

Questo suo nuovo romanzo, prima del Goncourt, aveva già ricevuto il Premio del romanzo FNAC 2023.

Il racconto si apre con un brevissimo capitolo nel quale un anonimo narratore ci descrive l’agonia di un anziano frate che da molti anni si trova in un convento italiano per vegliare su di lei. Ovviamente chi o cosa sia questo «lei» non viene per ora esplicitato. Suspense oblige 

Con il capitolo seguente compiamo un notevole balzo indietro nel tempo e arriviamo ai primi anni del Novecento. La voce narrante è cambiata come del resto e il punto di vista: il racconto è ora in prima persona. È quindi il protagonista che ci parla, raccontando dapprima la travagliata vita dei suoi genitori, poi la sua nascita, la morte del padre e infine l’odissea che intraprende giovanissimo in compagnia di un amico di famiglia noto soprattutto per le sue smodate bevute, partendo dalla Francia (la famiglia proveniente dall’Italia vi era emigrata) per raggiungere Torino, dove lo zio Alberto (anche lui grande amante della bottiglia ma che in realtà suo zio non è) dovrebbe accoglierlo fino al momento in cui la madre l’avrebbe raggiunto. Ma il protagonista ci anticipa subito che purtroppo la donna non sarebbe riuscita a ricongiungersi con lui prima di venti lunghi anni.

È giunto ora il momento di svelare il nome e il cognome del «nostro eroe». Si chiama Michelangelo Vitaliano, un nome che è tutto un programma, visto che è figlio di uno scalpellino e scalpellino lui stesso. E uno scalpellino piuttosto bravo, come avrà modo di dimostrare tra qualche pagina. Nel frattempo veniamo a sapere che il suo altisonante nome lo imbarazza non poco e che preferisce farsi chiamare Mimo, appellativo più confacente al suo carattere e – perché no – alla sua statura, di molto inferiore alla media.

Mimo e il suo non-zio sono ora in viaggio verso Pietra d’Alba in Liguria, dove Alberto ha acquistato una bottega nella quale si istallerà e inizierà a lavorare. I maggiori clienti del luogo dovrebbero essere gli Orsini (ricchissima famiglia che possiede una sontuosa villa) e la chiesa barocca di San Pietro delle Lacrime che deve il suo nome a una leggenda secondo la quale San Pietro, durante le sue peregrinazioni, si sarebbe fermato lì e avrebbe pianto amare lacrime pentendosi del suo triplice tradimento la sera del processo di Gesù, prima che il gallo cantasse. Le sue lacrime avrebbero fatto sgorgare una sorgente. E lì fu edificata la chiesa.

Mimo debutterà come scalpellino, con la complicità di don Anselmo, proprio in favore della chiesa locale, scolpendo l’angioletto mancante della fontana del chiostro, rimasta incompiuta a causa della morte precoce dello scultore che l’aveva cominciata. Questa sua iniziativsa farà però andare su tutte le furie Alberto che si sente defraudato del suo ruolo di unico scultore della zona. Ragion per cui strapperà l’angioletto dalle mani di Mimo e vi apporrà la sua firma.

Nel racconto autobiografico di Mimo si incastoneranno, come in un abile, prezioso intarsio, altri balzi temporali presente/passato, tra i quali uno della serie ci riporterà a poco prima della sua morte, nel convento dove ha vissuto e dove seguiremo l’anziano padre Vincenzo (che già pensa a chi gli succederà nelle sue quotidiane incombenze) nei labirintici meandri dei sotterranei della costruzione, nei quali, ben protetta da solide porte e insuperabili griglie metalliche, si trova quella «lei» di cui scoprirete progressivamente l’identità e di cui per ora sappiamo soltanto che «va lavata» e che di quest’incombenza è sempre stato Michelangelo a occuparsi ….

Ci fermeremo qui, ma per coloro che stanno temendo l’assenza di presenze femminili nel severo mondo composto di frati, preti, contadini e scalpellini, anticiperemo che anche in quell’universo tutto maschile appaiono a volte delle donne misteriose e affascinanti anche se non bellissime.

Attendano dunque pazientemente l’apparizione di Viola.

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