Duetti al buio: United sounds in the dark

UN CAPITOLO DI MUSICA E ARTE AL FEMMINILE

di Francesca Scotti

Pink Rope è il capitolo tutto femminile di un progetto, United sounds in the dark, nato durante il lockdown da idee ed esigenze condivise da musicisti e artisti. Da un lato, il desiderio di suonare insieme nonostante l’isolamento ha portato prima a ricercare e poi a sperimentare una forma di improvvisazione che fosse compatibile con le nuove condizioni in cui ciascuno di noi si è trovato: la distanza, l’impossibilità della compresenza. Dall’altro lato, il desiderio – questa volta del pubblico – di ascoltare musica facendone parte senza essere solo spettatori esterni, isolati, sollecitati da uno schermo ancor prima che da una sonorità, ha portato a proporre una forma visivamente silenziosa d’ascolto. 

E così, nel tentativo di creare uno spazio condiviso di improvvisazione e percezione, si è arrivati al buio: buio per i musicisti, che senza vedersi si ritrovano a suonare virtualmente insieme grazie a un software e alla connessione internet, e buio per gli ascoltatori, che, guidati da una breve animazione nella quale vengono suggerite le condizioni ambientali migliori per vivere l’esperienza, in questo stesso spazio possono entrare. 

Condivisione, musica di qualità, risonanza dell’animo e del suono, coinvolgimento, incontro: questi termini rappresentano alcune delle ambizioni di United sounds in the dark. Si tratta di una sfida, certo. Perché la presenza fisica nell’improvvisazione e nel piacere dell’ascolto gioca certamente un ruolo centrale. Una sfida che però ha già portato a risultati emozionanti: gli episodi sono stati accolti con calore e interesse tanto dal pubblico; quanto dai musicisti, anche i più diffidenti hanno poi descritto l’esperienza con gioia e soddisfazione. 

Grazie al coordinamento musicale di MAME – Mediterranean Ambassador Music Experience, questo progetto si arricchisce dello “spin off” Pink Rope e trova nuova linfa nella scelta di coinvolgere musiciste provenienti da tutto il mondo. L’occasione è ovviamente anche quella di ribadire l’importanza della presenza femminile nei contesti artistici, una presenza che in questo caso è fatta di meravigliosa voce. 

Saranno diverse le cantanti che duetteranno nel “buio” con il violoncello di Irina Solinas.  Le prime sono state Marta Colombo e Celia Woodsmith e qui potete ascoltare i due episodi

A Irina Solinas, musicista, compositrice e ideatrice di MAME e produttrice di Pink Rope, ho fatto qualche domanda:

Partiamo dalla distanza. Nell’improvvisazione, la prossimità con gli altri musicisti è un aspetto importante. Come ha gestito questa assenza e cosa le ha permesso di ricostruirla?

Sono ripartita. Dal silenzio dei primi giorni di confinamento, mi sono lasciata incantare della percezione anche del più flebile suono dell’altro. Poi ci ho preso gusto e ho cominciato a danzare con i limiti, proprio così. Con le cuffie belle avvolgenti e le dita leggere, ho iniziato a giocare con il delay, la connessione che non tiene, l’oceano, le distanze. Quindi, per rispondere alla tua domanda, l’assenza è stata indispensabile opportunità per innamorarci ancora: innamorarci del suono, dell’imbarazzo di chi fa la prima nota, del coraggio di portare o di lasciarsi portare. “Innamorarci” è la parola giusta, perché siamo gente fortunata noi; quindi, se mi chiedi cosa ha permesso di ricostruire le condizioni essenziali per l’improvvisazione, io ti rispondo la passione, la voglia matta, il sentimento.

Sempre restando sulla distanza, mi interessa chiederle qualcosa rispetto al rapporto con il pubblico: il pubblico partecipa con la propria presenza alla performance musicale, la vive contestualmente; il pubblico ha un ruolo emotivo anche per i musicisti poiché credo che si parli e si suoni “a qualcuno”. Cosa succede a questi due aspetti in United sounds in the dark?

Ogni persona, indossando la cuffia, ha la possibilità di entrare nel vivo della musica. Il rapporto questa volta non è con noi, ma è diretto, intimo, personale con la musica. Ancora una volta non è cosa cambia, ma come cambi tu in relazione allo stesso evento musicale. Il non vedere spalanca opportunità incredibili e se ci si permette ogni tanto il lusso di concedersi dieci minuti di ascolto al buio; se ne intuisce subito il potenziale: immaginare, osservare i propri pensieri e sorridere delle proprie fantasie, un po’ come succede durante la pratica della meditazione.

Dal punto di vista invece del musicista, intento nella delicata arte dell’improvvisazione, ci vuole una quantità di concentrazione maggiore rispetto alle esibizioni dal vivo. Il pubblico in sala è una meravigliosa rete, che sostiene e risponde, quindi gli impavidi ospiti di United sounds in the dark accettano il brivido della sfida!

E ora veniamo a Pink Rope. Solo voci femminili per questo “filo”, voci e vite che si incontrano e intrecciano. Da dove nasce questa sua esigenza?

Pink Rope è arrivato dopo l’estate, quindi un altro sentimento rispetto alla primavera e sicuramente un altro rapporto rispetto a distanza e luce. L’esigenza, devo essere sincera, nasce dalla delusione. La delusione fine, sottile, ma costante, di vedere come la cultura non abbia fatto passi avanti e ben distesi per guidare un popolo impaurito, ma si sia messa al servizio di un tutto/facile/subito/gratuito a dir poco imbarazzante. Un immaginario impaurito che beve “la qualunque” per dimenticare.

Così, come spesso faccio nei momenti di incompatibilità con l’esterno, io torno alla fonte, quindi madre Terra e, camminando camminando, è arrivata l’idea della voce di donna che nutre e cura. Ho immaginato diverse voci di donna dal Mondo, ognuna di loro un filo che si intreccia con il violoncello andando a formare una corda. Rope è un’idea potentissima, unione nell’indipendenza, molto pink, molto bella!

Cosa le ha permesso di scoprire questa esperienza che, nonostante le ricerche, lo studio e la progettazione, non aveva immaginato?

Mi ha fatto scoprire che ho voglia di lavorare sull’organo della vista, anche proprio fisicamente, dato che ho la possibilità di proporre approfondimenti attraverso l’insegnamento dello Yoga per gli occhi. Vorrei sensibilizzare al tema; mi sembra molto importante e ancora in parte inesplorato: un tema dotato di quella semplicità universale che ritengo fonte di energia rinnovabile.

Abbiamo sovraccaricato il vedere: sentiamo con gli occhi, impariamo con gli occhi, scegliamo con gli occhi, ma solo perché sono più vicini al nostro cervello e quindi facciamo meno strada e meno fatica. Tutto bene fino a quando non ne siamo più consapevoli e allora pensiamo che un limite ci può deprimere, un confine limitare e una regola privare della libertà. Per me non è così; per questo, sento forte in me la volontà di creare le condizioni affinché la musica, intesa come Musica, colmi gli spazi vuoti e ne crei sempre di nuovi.

Andiamo oltre, siete d’accordo?

Il progetto United sounds in the dark_Pink Rope prende vita nell’ambito del laboratorio di Irina Solinas & MAME attivo sulla piattaforma Patreon, dove sarà possibile ascoltarli a partire dal 20 settembre e sostenere questo e altri progetti musicali con un contributo di 4 euro mensili.

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