Ecco come si riconoscono i prodotti eccellenti, le cose e le persone belle

L’imprenditrice Laura Maria Gobbi, esperta di marketing territoriale ed esperienziale, ci spiega come individuare la qualità

di Gaia Ferrari

“L’ITALIANO È UNA RICCHEZZA E UN’ECCELLENZA DA PROTEGGERE E PROMUOVERE” (L. Gobbi)

Far scoprire e valorizzare realtà di alto profilo e di nicchia, soprattutto del mondo del cibo e del vino, ma non solo, quasi fossero diamanti grezzi che necessitano di un’accurata lavorazione per splendere e brillare in tutta la loro lucentezza. È questa la mission che anima da tempo la piemontese Laura Maria Gobbi. Esperta di marketing territoriale ed esperienziale e di comunicazione strategica, Gobbi racconta al ‘Corriere dell’italianità’ il suo lavoro legato al made in Italy secondo diverse linee direttive.

Quali sono tre elementi che, a suo parere, caratterizzano un’eccellenza?

«Per quanto riguarda un prodotto, un’esperienza o un brand, direi l’artigianalità, la caratteristica di rivolgersi a un target specifico – pur avendo spesso valori trasversali e inclusivi – e il fatto di avere una storia da raccontare, non importa se recente o passata. A livello umano, invece, trovo che le componenti principali, in questo senso, siano la riconoscenza, la generosità e l’umiltà. Sempre, in qualunque occasione».

Oltre all’elevata qualità, c’è un altro invisibile filo conduttore che collega tutte le sue attività?

«Credo che un tratto comune ai progetti e ai marchi che seguo sia il fatto che, per ciascuna di esse, divento una sorta di iniziatrice. Mossa da sensibilità e intuito, trovo e colgo un filone e lo sviluppo, permettendo a una realtà eccellente, spesso legata a un territorio, di esprimersi, farsi conoscere e diffondersi. È un po’ come il mestiere della talent scout. Mi piace l’idea che dietro ad alcuni brand ancora poco noti, ma dalla qualità molto elevata, ci sia una narrazione da svelare, uno storytelling ancora da dipanare e in cui vedo un futuro già scritto».

Come e quando ha iniziato questo percorso?

«Ho esordito nel settore con “Di Gavi in Gavi”, evento da me ideato e diretto nel 2013 e nel 2014, voluto e sostenuto dal Consorzio Tutela del Gavi. Ancora oggi ha un notevole riscontro. La scelta di coinvolgere un intero paese, allestendo i cortili e ospitando ambasciatori e personalità illustri, si è rivelata una formula vincente. Sono stata ispirata dalla bellezza del territorio, dalla sua gente, dalle sue tradizioni e dalle sue storie, che trovano la loro più alta espressione nei suoi profumi, nei suoi sapori, nell’essenza dei suoi piatti e, ovviamente, nell’eleganza e trasparenza dell’omonimo, grande vino bianco piemontese».

Un caso interessante di marketing territoriale da lei curato è stato anche “Movimento gente di lago, sulle sponde degli specchi d’acqua nella provincia di Verbano-Cusio-Ossola, tra cui il principale, il Lago Maggiore.

«Grazie a quell’esperienza ho avuto la possibilità di affrontare da vicino la riqualificazione del pesce di acqua dolce che, per una questione economica, sociale e culturale è stato soppiantato da anni dal pesce di acqua salata in luoghi tipicamente d’acqua dolce. L’obiettivo, in quel caso, era creare una grande rete internazionale di sensibilizzazione, formazione e informazione sul valore inestimabile dell’ecosistema lacustre e fluviale. È grazie al successo della prima edizione di “Movimento gente di lago” che sono entrata in contatto con “Fish & Chef”, storico evento di promozione del pesce di lago e delle eccellenze del Garda, ideato dallo chef una stella Michelin Leandro Luppi e dall’albergatrice Elvira Trimeloni. Per “Fish & Chef” ho poi firmato due progetti, “Evoluzione” e “Rivoluzione”».

Dal 2019 segue la comunicazione strategica di Alberto Massucco Champagne, imprenditore sabaudo della metalmeccanica che per passione è diventato importatore prima e produttore poi di bollicine, primo italiano a possedere una vigna nella regione francese Champagne. Come ha lavorato per questo marchio?

«Tra le varie attività, ho lanciato il format “Champagne en liberté”, dedicato alla bellezza, alla leggerezza e alla libertà veicolate attraverso un calice di un vino che, in tutto il mondo, parla un’unica lingua, quella della raffinatezza e dell’eccellenza. Si trattava di costruire da zero, per poi andare a lavorare costantemente sulla brand reputation di una realtà che ancora nessuno conosceva. Ora posso dire con soddisfazione di aver centrato l’obiettivo. Se Alberto Massucco Champagne oggi è noto, è anche un po’ merito del mio stesso lavoro, che ha portato alla pubblicazione dei suoi champagne sui giornali più importanti, su testate di settore e di lifestyle».

Nel 2022 ha conquistato nel suo portfolio The Manzoni, il ristorante guidato dallo chef Giuseppe Daniele e vetrina del designer londinese Tom Dixon, tra il Teatro alla Scala e il Duomo di Milano.

«È un progetto entusiasmante, dove cerco di intersecare le direttrici dell’arte culinaria, del design e della nostra più sublime letteratura, per raccontare una visione imprenditoriale audace, giovane e dinamica. In questo caso la sfida è sedermi al tavolo con lo chef e la sua brigata e capire come strutturare e comunicare, di volta in volta, in base alle stagioni, un menu che catalizzi l’attenzione dei commensali, anche i più distratti. Gli stimoli esterni, gli arredi, le luci del locale sono talmente seducenti e avvolgenti che facilmente ci si perde. Ma la prepotente voce dei piatti riporta il gusto, la memoria e l’olfatto a concentrarsi sulle proposte, anche grazie a un cromatismo preciso e armonico. La cucina di Daniele esercita una forza gravitazionale sui sensi».

La scorsa estate si è occupata pure del Palazzo della Spiaggia a Marina di Pietrasanta (Lucca). Lì qual è stato il suo apporto?

«Si tratta di uno storico stabilimento balneare della Versilia, gestito da più di cinquant’anni dalla famiglia Lazzeri. Dallo studio del logo, alla gestione dei social, al refresh del sito fino alla creazione della rassegna letteraria “Il Corbello”, ho accompagnato i fratelli Laura e Alessandro nel passaggio di consegne, fase in cui hanno preso le redini dell’attività dal padre Franco e hanno dovuto dare vita a un nuovo corso, tra tradizione e innovazione».

Come sceglie i progetti su cui lavora?

«Mi diverte molto accompagnare al traguardo persone o marchi che stanno muovendo i loro primi passi, o far respirare di nuovo prodotti un tempo di moda e poi diventati più di nicchia, come il vermouth, altra mia grande passione. Amo l’adrenalina, l’allenamento, l’ostacolo, la capacità di misurarsi con gli altri e vederli crescere. Mi annoia molto, invece, chi è o si sente già realizzato».

Oltre al ramo delle pubbliche relazioni e alle consulenze di comunicazione, da poco è diventata imprenditrice: ha firmato, infatti, la linea di occhiali da sole Core mio. Ce ne parla?

«Sono creazioni rigorosamente made in Italy, realizzate da mani artigiane con materiali di qualità e attenta cura dei particolari. Vogliono andare oltre il glamour. Intendono essere uno strumento di forza e coraggio. Una dichiarazione d’amore, in primis per sé stessi. Un messaggio intenso da trasmettere a chi guarda. I colori disponibili (verde, giallo, rosso, bianco, blue velvet e ottanio) sono scelte cromatiche che veicolano un preciso significato simbolico legato al benessere personale e al desiderio di esprimere la propria personalità e la propria attitudine del momento. I Core mio vanno pensati – e indossati – come ali invisibili che abbracciano e proteggono, una sorta di bacchetta magica che fa sorridere e aiuta a vedere le cose da un’altra angolazione mettendosi direttamente in connessione con l’altro, senza filtri né sovrastrutture, con un pizzico di giocosa leggerezza e autoironia».

Che definizione darebbe al talento?

«È la fame di cui parlava Steve Jobs, quando esortava gli studenti di Stanford a rimanere “hungry”, affamati di sapere e di esperienze. È quello che vedo nei professionisti del team di The Manzoni. In senso più ampio, mi viene in mente il campione di tennis Novak Đoković: uno come lui, cresciuto tra i bombardamenti, quando gioca ha quella punta di grinta e di sana rabbia che fa la differenza. Ecco, per me è questa è la peculiarità di chi, ai miei occhi, ha i numeri del successo. Certo, se poi questa attitudine viene sporcata da un’altra fame, quella della celebrità, lì trovo ci sia un errore. Se percepisco qualcosa del genere, in quei casi non mi diverto più. Preferisco mollare e passare ad altro».

Anche da un’apparente perdita, insomma, possono derivare inedite opportunità?

«Non vedo alternative. Per me si esce da dispiaceri e delusioni nel momento in cui si prende atto della realtà così com’è. Per tornare al tennis, se dopo aver sbagliato un colpo o aver perso la partita si sbatte la racchetta a terra, allora si ha un nuovo problema. La non accettazione, in generale, è una barriera e un’arma terribilmente controproducente, perché non permette di capire che ci si può muovere in modo diverso».

La sua è un’attitudine spontanea o è stata affinata con la pratica?

«Ho imparato col tempo a lasciare andare quel che non va più. Vent’anni fa non l’avrei mai fatto. Oggi so consapevolmente che la mia prerogativa principale non è chiudere il cerchio, bensì iniziarlo. Poi ogni progetto deve prendere autonomamente la propria strada. Mi sento serena e libera».

Ha conseguito una laurea in Giurisprudenza e, successivamente, si è diplomata in un master in Narratologia e media. Anche a fronte dei suoi studi, quanta importanza ha nel suo lavoro l’uso strutturato e consapevole dell’italiano?

«Considero fondamentale l’utilizzo certosino e quasi chirurgico delle parole. Mi piace gettare un ponte tra linguaggio e realtà pieno di sfaccettature, come se fosse una pietra preziosa. L’italiano è esso stesso una ricchezza e un’eccellenza da proteggere e promuovere».

OCCHIALI PER EROI… NORMALI

Fino al 15 gennaio 2023 gli occhiali da sole Core mio firmati da Laura Maria Gobbi saranno esposti al secondo piano di The Brian&Barry Building a Milano.

Sarà possibile scoprire le creazioni artigianali di Gobbi anche attraverso l’iniziativa fotografica “Core mio Hero”: le tele firmate dall’artista My soul, Laura Rossi, diventano sfondi animati grazie ai volti e alle storie di chi si fotografa indossando un paio di occhiali Core mio davanti alla tela più grande, predisposta ad hoc, e diventando così parte integrante dell’opera d’arte.

L’iniziativa è dedicata ai “supereroi della quotidianità” impegnati ad affrontare ogni giorno le sfide della vita. Per la maggior parte “normali”, ma ciascuno straordinario a suo modo.

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