Eco immortale

“La cultura è un’immortalità all’indietro”. Ricordando Umberto Eco

di Maria Moreni

Se fosse ancora vivo, proprio all’inizio di quest’anno, il 5 gennaio, Umberto Eco (Alessandria, 1932 – Milano, 2016) avrebbe compiuto 90 anni. Il 19 febbraio, inoltre, ricorrerà il sesto anniversario della sua morte, avvenuta quando lo studioso aveva 84 anni. Scrittore, semiologo, critico letterario, medievista, traduttore, professore di Semiotica presso l’Alma Mater Studiorum, fondatore di Scienze della Comunicazione e della Scuola Superiore di Studi Umanistici, Eco ha ricevuto numerose onorificenze in tanti campi ed è stato insignito di diverse lauree honoris causa. Un anno prima di morire, Umberto Eco – nella lectio tenuta ai ministri della Cultura riuniti a Expo, nella Conferenza Internazionale organizzata dall’Italia- aveva detto: “La diffusione della cultura e della conoscenza reciproca dei patrimoni culturali dei vari Paesi può costituire uno degli elementi di salvezza per un mondo sempre più globalizzato”.

L’intellettuale è stato il massimo esponente della cultura del libro, quello tradizionale, cartaceo, ed è anche stato il primo curatore, già negli anni Ottanta, di una delle prime Enciclopedie multimediali. Ha studiato i mezzi di comunicazione di massa analizzandone gli effetti nella cultura popolare, ha mescolato contenuti “alti” e quelli “bassi”. Sposato fin dal 1962 con Renate Ramge, accademica d’arte e scrittrice tedesca naturalizzata italiana, ha avuto due figli, Stefano e Carlotta.

DALLA RAI ALLA CARRIERA ACCADEMICA

Filosofo e letterato, in grado di muoversi con la stessa disinvoltura e lo stesso acume da una disciplina all’altra, Eco nacque ad Alessandria il 5 gennaio del 1932. Nipote di un tipografo e figlio di un impiegato delle Ferrovie, si laureò a Torino nel 1954 con una tesi sull’estetica di San Tommaso d’Aquino (successivamente, nel 1956, rivisitò il lavoro e ne trasse il suo primo libro, “Il problema estetico in San Tommaso”). Molto attivo, in età giovanile, nell’Azione Cattolica, dopo gli studi universitari smise di credere e divenne ateo. Nel 1954 fu assunto in Rai. Insieme ad altri brillanti e giovani intellettuali formò il gruppo dei “corsari”, come furono soprannominati. Tramite le loro idee il palinsesto televisivo riuscì a svecchiarsi e a nobilitarsi come vero servizio pubblico.

Dal 1959 al 1975 divenne condirettore editoriale della casa editrice Bompiani. Le sue scelte furono fortemente influenzate dal movimento d’avanguardia Gruppo 63, movimento critico nei confronti di scrittori legati ancora ai superati criteri letterari degli anni Cinquanta. Nel 1961 Eco intraprese la carriera universitaria, che lo portò a diventare nel 1975 professore ordinario di Semiotica presso l’ateneo di Bologna. Quando a Bologna, nel 1971, fu fondato il rivoluzionario DAMS (Discipline delle Arti della Musica e dello Spettacolo), su iniziativa del professore Benedetto Marzullo, Eco fu tra i primi ad accorrere proponendo l’innovativo mix della didattica tradizionale con seminari e lavoratori. Sempre presso l’Alma Mater Studiorum, il Nostro vinse, nel 1975, la cattedra di Semiotica, per poi dirigere negli anni 1976-’77 e 1980-’83 l’Istituto di Discipline della Comunicazione e dello Spettacolo. Nel frattempo, a Bologna, i tempi divennero maturi per lanciare un nuovo corso di laurea, emancipato e distinto da quello del DAMS. Nel 1993, con una cerimonia inaugurale nella nuova Aula Magna di Santa Lucia, vide la luce il dipartimento di Scienze della Comunicazione, diretto dallo stesso Eco. La progettazione di nuovi itinerari didattici condusse poi il semiologo a fondare e presiedere nel 2000 la Scuola Superiore di Studi Umanistici e, l’anno seguente, il Master in Editoria cartacea e Digitale, sempre sotto le Due Torri. Nella sua lunga carriera Eco insegnò in qualità di Visiting Professor in molte università del mondo quali la New York University, Northwestern University, Columbia University, Yale University, Harvard University, University of California-San Diego, Cambridge University, Oxford University, Università di São Paulo e Rio de Janeiro, La Plata e Buenos Aires, Collège de France e l’Ecole Normale Supérieure (Parigi). Ritiratosi dall’insegnamento solo nel 2007, in virtù delle sue lezioni e dei suoi innovativi metodi di insegnamento, l’Alma Mater gli conferì l’anno seguente il titolo di professore emerito e nel 2015 il Sigillum Magnum. Quando il Professore morì, nel 2016, l’intera città di Bologna, oltre alla sua Università, lo celebrò come un suo cittadino, dedicandogli la piazza coperta della Sala Borsa, cuore sociale e culturale del centro storico. 

SAGGI, ROMANZI, ARTICOLI

Molto prolifica fu anche l’attività di scrittore di Eco. L’intellettuale di origini piemontesi è stato autore di “Opera aperta”, “Apocalittici e integrati”, “Fenomenologia di Mike Bongiorno”, “Il caso Bond”. Il suo campo d’elezione era comunque la semiotica, ovvero la “scienza generale dei segni”; comprendente pragmatica, semantica, sintattica: il Maestro pubblicò “La struttura assente”, “Trattato di semiotica generale”, “Lector in fabula” e “I limiti dell’interpretazione”. Inevitabile parlare della straordinarietà e del successo dei suoi romanzi come “Il nome della rosa”, giallo filosofico di ambientazione medievale da cui è stato tratto, successivamente, il famoso film con Sean Connery e che aveva venduto oltre 50 milioni di copie nel mondo con traduzioni in oltre 40 lingue (nonché vincitore nel 1980 del Premio Strega), e poi “Il pendolo di Foucault”, “L’isola del giorno prima”, “Baudolino” fino all’ultimo, “Numero zero”. Ma tra le sue opere intellettuali figurano anche “Kant e l’ornitorinco”, “Cinque scritti morali”, “Tra menzogna e ironia”, “Dire quasi la stessa cosa”, “La misteriosa fiamma della regina Loana”, “A passo di gambero”, “Sator arepo eccetera”, “Dall’albero al labirinto”, “Non sperate di liberarvi dei libri”, insieme con lo sceneggiatore J.C. Carriére; “Vertigine della lista”, “Il cimitero di Praga”, “Costruire il nemico e altri scritti occasionali”, “Scritti sul pensiero medievale”, “Storia delle terre e dei luoghi leggendari”, “La filosofia e le sue storie. L’Antichità e il Medioevo” con il professore Riccardo Fedriga, “La filosofia e le sue storie. L’età moderna” ancora con Fedriga. Nel 1955, intanto, Eco aveva partecipato alla fondazione del settimanale “L’Espresso” (sul quale dal 1985 al 2016 ha tenuto in ultima pagina la rubrica “La bustina di Minerva”). Collaborò anche con i giornali “Il Giorno”, “La Stampa”, “Corriere della Sera”, “la Repubblica”, “il manifesto” e con numerose riviste internazionali specializzate.

INTERNET E I SOCIAL MEDIA

Negli ultimi anni della sua carriera e della sua vita il Professore si interessò sempre di più anche della rivoluzione digitale e dei suoi risvolti in ambito comunicativo e sociale. “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”, dichiarò. E ancora: “La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”. Allo stesso tempo, il professore vedeva un futuro per la carta stampata: “C’è un ritorno al cartaceo. Aziende degli Usa che hanno vissuto e trionfato su internet hanno comprato giornali. Questo mi dice che c’è un avvenire, il giornale non scomparirà almeno per gli anni che mi è consentito di vivere. A maggior ragione nell’era di Internet in cui imperversa la sindrome del complotto e proliferano bufale”. Nella lectio magistralis del 2015 ricordata in precedenza, un anno prima di lasciarci, aveva affermato Eco: “La conoscenza di altre culture non elimina l’odio e la diffidenza per chi è diverso da noi e non dobbiamo fingerci anime belle e pensare che con il contatto culturale si possano salvare i bambini che muoiono di fame in Africa. Ma non dimentichiamo che è stato anche su sollecitazioni culturali che tanti volontari sono partiti per prestare la loro opera verso Paesi in difficoltà, scoprendo, tramite una cultura differente, che quei popoli erano uguali a loro”. Ricordando la polemica che aveva suscitato poco prima l’ex ministro delle Finanze Giulio Tremonti, senza citarlo espressamente, Eco aveva ricordato “quel politico italiano che anni fa disse che ‘Con la cultura non si mangia’”. E aveva aggiunto: “Oggi quelle domande sono prive di senso, perché per molte nazioni i beni culturali costituiscono un incremento per l’economia delle città. Non è una questione economica: la cultura è fondamentale per la comprensione reciproca in un mondo in cui le diverse culture vivono in continuo contatto”. Il suo nome è più volte comparso nella lista dei candidati al premio Nobel per la Letteratura, ma l’Accademia di Svezia non lo ha mai premiato. Meritava un riconoscimento speciale, non solo come scrittore, ma anche come lettore infaticabile. Celebre la sua osservazione: “Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una sola vita, chi legge avrà vissuto 5000 anni. La lettura è un’immortalità all’indietro”.

Continuare
Abbonati per leggere tutto l'articolo
Ricordami