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Evviva gli spaghetti al pomodoro

di Gilda Ciaruffoli

L’insolita mostra “Storia illustrata degli spaghetti al pomodoro” (a Forlimpopoli, provincia di Forlì-Cesena) nasce da un libro, “Il mito delle origini. Breve storia degli spaghetti al pomodoro”, saggio di Massimo Montanari, autorevole docente e storico dell’alimentazione, pubblicato da Laterza nel 2019. La bravura dell’autore – come scrive il curatore nel testo introduttivo – sta nell’aver condensato in cento pagine colte e insieme piacevoli la lunga vicenda del piatto italiano per eccellenza. Nei capitoletti in cui si snoda il racconto c’è tutto: la Mesopotamia, la cultura gastronomica greca e romana, gli arabi, la pasta fresca e quella secca, Marco Polo e la Cina (si spiega che non c’entrano con quella storia), la Sicilia dei “mangiamaccheroni” che passa il testimone a Napoli, le mani e la forchetta, la scoperta del pomodoro in Messico e il pomodoro in salsa spagnola, il “pepe d’India” o peperoncino, il burro e l’olio d’oliva, l’aglio e la cipolla, il basilico.

Non poteva mancare il ripetuto omaggio a Pellegrino Artusi, il primo a inserire nel suo celebre ricettario ben dieci ricette per condire gli spaghetti, allora considerati una specialità napoletana e divenuti poi simbolo della cucina italiana. Ma gli spaghetti raccontatati da Massimo Montanari non sono “solo” gastronomia, si intrecciano alla storia, all’economia e alla società. E soprattutto ci insegnano ad allargare il nostro sguardo, a vedere il percorso di un piatto attraverso i secoli, a riconoscere i diversi apporti di altre culture, che solo alla fine di un lungo processo producono un’identità che naturalmente non era data in origine.

Il passaggio dal libro alla mostra è stato possibile grazie all’intervento di Luciano Ragozzino, artista che per l’occasione ha realizzato diciotto tavole ad acquerello ironiche e puntuali nel fare da contrappunto grafico ai testi. Tra i soggetti troviamo allora gli spaghetti che avvolgono l’Italia fondendosi con la sua geografia; Pulcinella che con una mano porta alla bocca gli spaghetti e con l’altra li arrotola nella forchetta, sintesi visiva del duplice modo di mangiarli; le nozze tra il pomodoro e il peperoncino arrivati dall’America; il pesce d’aprile nel 1957 della Bbc che annunciava agli inglesi l’ottimo raccolto degli alberi di spaghetti nella valle del Po. Sono alcuni esempi di immagini capaci di sintetizzare in modo sorprendente e immediato la storia raccontata nelle ampie didascalie di Massimo Montanari. La mostra non poteva dimenticare, nel settecentenario dantesco, i vermicelli all’epoca di Dante e il tributo che Artusi rende al sommo poeta.

 I puntuali testi di Monica Alba e Giovanna Frosini con ulteriori due tavole in tema di Luciano Ragozzino completano e chiudono l’esposizione, che – in occasione della VI Settimana della Cucina Italiana nel Mondo (22-28 novembre) – sarà proposta anche in versione digitale alle istituzioni e alle comunità italiane all’estero. Pellegrino Artusi, autore de “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene “, è considerato il padre nobile della cucina italiana e nacque a Forlimpopoli il 4 agosto 1820; la ricetta che segue è un omaggio alla mostra ed è tratta dalla sua opera.

SPAGHETTI ALLA RUSTICA

Gli antichi Romani lasciavano mangiare l’aglio all’infima gente, e Alfonso re di Castiglia tanto l’odiava da infliggere una punizione a chi fosse comparso a Corte col puzzo dell’aglio in bocca. Più saggi gli antichi Egizi lo adoravano in forma di nume, forse perché ne avevano sperimentate le medicinali virtù, e infatti si vuole che l’aglio sia di qualche giovamento agl’isterici, che promuova la secrezione delle orine, rinforzi lo stomaco, aiuti la digestione e, essendo anche vermifugo, serva di preservativo contro le malattie epidemiche e pestilenziali. Però, né soffritti, state attenti che non si cuocia troppo, ché allora prende assai di cattivo. Ci sono molte persone, le quali, ignare della preparazione dei cibi, hanno in orrore l’aglio per la sola ragione che lo sentono puzzare nel fiato di chi lo ha mangiato crudo o mal preparato; quindi, quale condimento plebeo, lo bandiscono affatto dalla loro cucina; ma questa fisima li priva di vivande igieniche e gustose, come la seguente minestra, la quale spesso mi accomoda lo stomaco quando l’ho disturbato. Fate un battutino con due spicchi d’aglio e un buon pizzico di prezzemolo e l’odore del basilico se piace; mettetelo al fuoco con olio a buona misura e appena l’aglio comincia a colorire gettate nel detto battuto sei o sette pomodori a pezzi condendoli con sale e pepe. Quando saranno ben cotti passatene il sugo, che potrà servire per quattro o cinque persone, e col medesimo unito a parmigiano grattato, condite gli spaghetti, ossia i vermicelli, asciutti, ma abbiate l’avvertenza di cuocerli poco, in molta acqua, e di mandarli subito in tavola, onde non avendo tempo di succhiar l’umido, restino succosi. Anche le tagliatelle sono buonissime così condite.

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