di Fabio Buffa
Vent’ anni fa il cinema italiano perdeva una delle voci più profonde e popolari dell’intera storia della cosiddetta “settima arte“: a Roma il 3 settembre 2001 si spegneva Ferruccio Amendola, attore dalle straordinarie doti interpretative e dal formidabile carisma. Nacque a Torino il 22 luglio 1930, da Federico e Amelia Ricci, due attori di teatro. Federico Amendola aveva un fratello, Mario, scrittore di riviste d’avanspettacolo e regista di ben 38 film, nonchè sceneggiatore di un’ottantina di opere. Ferruccio non poteva che essere attratto e abbagliato dal mondo della recitazione.
“La mia prima esperienza come attore? Avevo cinque anni e per caso mi trovai a salire sul palco per interpretare una piccolissima parte con la compagnia Besozzi-Falconi“. Così rispondeva Amendola in un’ intervista di circa venticinque anni fa.
A tredici anni ricopre il ruolo di un compagno di scuola di Gianburrasca, cinque anni dopo è protagonista del film comico “Undici uomini e un pallone“. Nel 1954 cambia totalmente genere recitando in “Avanzi di galera“, una pellicola drammatica diretta da Vittorio Cottafavi. Ferruccio Amendola ha carattere, personalità e una profonda vena artistica, così la sua carriera di attore prosegue a vele spiegate, con ben ventinove opere cinematografiche dal 1954 al 1968.
Il 68 è stato un anno di rivoluzioni e contestazioni: in un certo senso la rivoluzione avviene anche nella carriera di questo nostro attore, che si trova a doppiare piccole parti in film stranieri, per passare velocemente a Dustin Hoffman. “Quello con il grande attore di Los Angeles fu l’incontro della vita -confidava Amendola- nel 1968 partecipai ad un provino in Italia proprio per dare la voce ad Hoffman, che in America esaminava le prove degli attori che, in giro per il mondo, lo dovevano doppiare nelle varie lingue“.
E cosa disse del provino Dustin Hoffman?
“Beh, prima che lui si esprimesse mi accorsi io stesso, nel risentirmi, che la mia voce era troppo pulita per il ruolo che Dustin doveva ricoprire: parliamo del film Un uomo da marciapiede. Così pensai di dare alla mia voce una ruvidezza leggermente napoletana, che diventò la voce di Dustin Hoffman in questo grande film di John Schlesinger“. Anche perchè il protagonista della pellicola è un italo-americano, quindi la venatura partenopea ci stava tutta.
E’ da qui, ovvero a cavallo tra il 68 e il 69, che nasce il Ferruccio Amendola doppiatore, dando vita a una carriera che lo pone probabilmente sul gradino più alto del podio di questo delicato mestiere.
Il nostro attore aveva non solo l’impostazione vocale, ma anche i tempi giusti per diventare unico e impareggibile nel suo genere: “quelli del doppiaggio sono tempi musicali -sosteneva Amendola- quindi avere una musicalità in testa ti aiuta“.
La carriera di Ferruccio Amendola lo vede poi a prestare le sue corde vocali per le versioni italiane di Robert De Niro, Sylvestre Stallone, Al Pacino, Peter Falk, Gerard Depardieu, Graham Stark, Tomas Milian e di altri circa centocinquanta attori, tra cui gli italiani Ninetto Davoli (“Il maschio ruspante“), Vincenzo Crocitti (“Avere 20 anni“) e addirittura Paola Borboni. Sì, perchè nel film “Bello come un arcangelo“, l’attrice emiliana aveva bisogno per il proprio personaggio di una voce grottesca per una rappresentazione quasi surreale.
Parallelamente a questa lunga carriera di doppiatore, Amendola ha recitato in prima persona in innumerevoli lavori, di cinema e televisione, comparendo nel Carosello e offrendosi per la Pubblicità Progresso.
In mezzo a mille successi un po’ di amaro in bocca Amendola lo aveva….”ci rimasi male quando la voce di Al Pacino venne affidata a Giancarlo Giannini, però sono le scelte e le dinamiche che un attore deve accettare“.
Ma come faceva ad allenarsi per doppiare?
“Vedo il film in lingua originale, provo poi la voce che secondo me andrebbe bene per quel personaggio, dando fisicità a ciò che esce dalle mie corde vocali; per esempio se un attore è ingrassato, cerco di fare una voce …grassa“.
Amendola confidava che i personaggi che gli hanno dato maggiori emozioni sono stati De Niro nel “Cacciatore” e Hoffman in “Kramer contro Kramer”. Ricordiamo che Ferruccio è padre di Claudio Amendola, attore pure lui, diventato famoso con film leggeri, che con gli anni ha saputo ritagliarsi una personalità forte e impegnata.