Fiabe che vogliono essere raccontate

“Ciao Filippo, ma il video lo mettiamo?”
“Sì, mettiamolo. Perché ci connette.”
E così la telefonata con Filippo Carrozzo da semplice intervista si trasforma in “relazione”.

Chiamo Filippo Carrozzo, con Skype – lui in Italia, io in Svizzera, io a casa in smart working, lui in viaggio verso il lavoro – per fargli qualche domanda sul mondo dei podcast, lui che, proprio grazie al suo podcast Fiabe in Carrozza ha ottenuto importanti riconoscimenti. È stato premiato con il Miglior Podcast Emergente al Festiva del Podcasting 2018 ed è stato vincitore dell’Anello D’oro al Festival Internazionale del Doppiaggio 2019. Filippo infatti arriva al podcast passando per il teatro. A unire i due mondi, la voce. E, di fondo, il desiderio di farsi sentire. Uscendo dall’anonimato, dall’essere un numero, qualsiasi. “Quando sono arrivato dalla Puglia a Roma – racconta Filippo – non conoscevo nessuno: quella situazione ha fatto crescere il bisogno di essere ascoltato. Fiabe in Carrozza nasce anche da questa necessità di comunicare.”

Cercavo storie sonore per bambini piccoli, ma Fiabe in Carrozza parlano a tutti…

“Sì, perché a differenza delle favole, storie nelle quali troviamo spesso il mondo animale animato, figure antropomorfe, streghe, draghi o giganti – e dunque particolarmente adatte per i più piccoli – le fiabe mettono in scena storie i cui personaggi, solitamente rappresentati da uomini e donne, si ritrovano ad affrontare situazioni difficili e hanno un’impresa da compiere. Le fiabe non hanno una morale esplicita, un insegnamento relativo all’etica, che invece è sempre presente nelle favole. Pensiamo a quelle di Esopo. Nella favola troviamo però la presenza dell’elemento magico e tempi e luoghi sono indeterminati, ovvero quasi mai definiti.

“C’era una volta… in un paese lontano lontano…”: come scegli le fiabe che racconti?

Le storie ‘mi’ saltano agli occhi e vogliono essere raccontate. Nascono dal desiderio di essere ascoltato. E poi spesso si adattano alla mia voce narrante, nel senso che io propendo per fiabe in cui il personaggio è maschile, anche se non mi sono risparmiato nel raccontare storie in cui c’erano eroine. Inoltre, esiste un doppio rapporto tra me e quello che racconto. Direi che siamo noi che raccontiamo agli altri ma anche noi che raccontiamo a noi stessi. È una relazione biunivoca. E quel raccontare a noi stessi porta alla scelta di una fiaba piuttosto che un’altra.

Che relazione si creare tra te e chi ti ascolta?

Come ti ho detto, inizialmente raccontavo per me stesso. Era una “mia” esigenza. La relazione, che certamente si crea con chi mi ascolta, l’ho scoperta “dopo”. Con il tempo. Affidando a un microfono la mia voce, diversamente da quanto accade in teatro, comunico con un auditorio che ignoro. Potenzialmente immenso. È un po’ come lanciare un messaggio in una bottiglia nel mare. La forza del podcast è proprio poter avvicinare e connettere tutti noi che oggi siamo come isole, lontane e connesse allo stesso tempo. Ecco perché in Italia, nel periodo del Covid, il podcast ha trovato spazio e il suo apprezzamento è “esploso”.

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