Gli appuntamenti virtuali con l’arte

Teatri chiusi, eventi culturali cancellati, mostre sospese: anche il settore artistico deve fronteggiare lo stato di emergenza sanitaria da coronavirus e si deve confrontare con le conseguenti misure contenitive del governo.

L’arte però attinge ad altre risorse per alimentare la sua energia creativa e reagisce con proposte ad hoc per utenti e spettatori. Si tratta di delegare temporaneamente a canali social e a piattaforme digitali, leve solitamente utilizzate per contenuti arricchenti ed eventi spin off, il ruolo strategico di trasmissione della propria visione. Nello scenario artistico attuale si ricorre per lo più ad operazioni di potenziamento della forza aggregante della community, puntando sulla condivisione ma dalla propria casa, nel comodo contesto salottiero. Ed ecco che i musei si attivano per proporre ingressi virtuali schiudendo nuovi percorsi.

Così la Pinacoteca di Brera, il museo Egizio, i Musei Vaticani, il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci si raccontano sui loro canali social; le Gallerie degli Uffizi aprono per l’occasione una pagina Facebook per pubblicare storie e svelare particolari e curiosità su alcune opere. Bonjour è l’installazione-performance che il museo MAMbo di Bologna ha proposto di recente sul suo canale Youtube, nell’ambito della mostra collettiva AGAINandAGAINandAGAINand.

Altro fenomeno che si sta accentuando è proprio la contaminazione che si nutre di elementi virtuali. Legittimo è chiedersi se questa parentesi di sospensione forzata e di sperimentazione in uno stato di necessità, possa portare a nuove forme artistiche. Lo spettacolo dal vivo si presta in particolar modo a queste riflessioni. Se la maggior parte dei teatri stanno mettendo a disposizione degli utenti il loro archivio storico come il San Carlo di Napoli, la Fenice di Venezia, il Carlo Felice di Genova, il teatro Regio di Torino che propongono gli spettacoli andati in scena negli ultimi anni, arricchiti con interviste agli artisti o approfondimenti tematici, altre realtà teatrali si sono spinte oltre, lavorando prevalentemente sulla componente narrativa.

Il progetto “Decamerone 2020” dell’Associazione toscana Festina Levante, ispirato alla vicenda letteraria nella metà del Trecento, consiste in una serie di storie raccontate ogni giorno da attori e scrittori, con una pausa il sabato e la domenica. Così la Triennale di Milano propone “Triennale Decameron: storie in streaming nell’era della nuova peste nera” con delle dirette sul suo canale Instagram, coinvolgendo artisti di ogni settore. Altra recente iniziativa gratuita è stata quella del teatro Biondo di Palermo che, sempre in streaming, ha presentato lo spettacolo “Viva la vida” ispirata all’artista Frida Kahlo. L’ERT Fondazione di Reggio Emilia ha organizzato una maratona di 24 ore della lettura integrale della Coscienza di Zeno di Italo Svevo in diretta streaming sui propri canali ufficiali Facebook, Youtube, Instagram e Twitter. Il CSS Teatro Stabile di Innovazione del Friuli di Udine sul profilo Facebook offre tuttora una serie di appuntamenti teatrali in giorni prefissati: si tratta di recital realizzati in diretta da diversi artisti, gratuiti e poi fruibili in differita sul sito del teatro. Gli spettatori, attraverso l’Arts bonus, iniziativa del Mibact (il ministero della Cultura), possono diventare mecenati e sostenere il lavoro attoriale. La formula del monologo, dove si evita il contatto con gli altri attori della compagnia, risulta essere quella più adatta in questa situazione di emergenza.

Certamente il teatro tradotto in video, come fino a poco tempo fa lo conoscevamo, è sempre stato considerato parte del patrimonio storico drammaturgico, oggetto di indagine e forma di documentazione per studiosi del settore o amatori e nostalgici. Anche se si annoverano diverse sperimentazioni di “piece” teatrali pensate appositamente per la ripresa cinematografica, con una regia costruita volutamente su altre prospettive e per un determinato pubblico (altra forma d’arte), resta il fatto che nel teatro in video si perde irrimediabilmente quella dimensione spazio-temporale che è alla base della relazione con lo spettatore partecipante e della performance unica e irrepetibile. Anche la visione attoriale di Carmelo Bene che decostruisce il suo teatro e lo dissolve fino alla sostituzione dello stesso nella macchina attoriale era pur sempre un rito che doveva compiersi hic et nunc davanti allo spettatore, testimone del miracolo scenico. Tutt’altro che svuotamento. Qui si tratta non di una questione estetica ma dell’essenza dello spettacolo dal vivo.

Un’ultima riflessione ci porta, in questa reale situazione di contagio, al pensiero artistico di Antonin Artaud, drammaturgo, attore e regista del Novecento che affermava che il teatro, come la peste, deve portare a un disordine latente per riscoprire e riappropriarsi di un linguaggio fisico e concreto, legato ai sensi, facendo riemergere contraddizioni e conflitti. La virulenza quindi non solo come forza distruttrice ma rigenerante, il primo passo verso la guarigione, quando finalmente, stremati dallo scuotimento fisico e febbrile, le maschere crollano. Artaud evocava la malattia in una società indifferente e assopita, povera di spirito quando invece nel contagio i sensi si acuiscono. E se dai tempi dell’antica Grecia esiste la catarsi, allora ci auguriamo vivamente che questa “accada” anche non solo nel teatro ma anche nel suo rovesciamento e nel “suo doppio”.

Per quanto invece concerne l’arte, occorre che si ritorni alla normalità, che si passi questa fase d’intrattenimento e condivisione che lascerà sì qualche eredità tra curiose sperimentazioni ma che è pur sempre una formula riduttiva. Nel frattempo si fa quel che si può.

 

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