Grani Futuri e il Manifesto del Pane

Fra qualche tempo, fiduciosi che le nostre vite “in mascherina” riprendano un corso in cui sia possibile almeno far progetti senza il “se” di nuove ondate epidemiche, assoceremo a questo surreale 2020 alcune parole chiave ripetute e lette in loop su media, sui social e nei nostri discorsi.

Dovessi scegliere la più bella, probabilmente sarebbe “Pane”, messo a lievitare nelle nostre case, segnato con la croce e coperto dai canovacci come facevano le nostre nonne – ma con i consigli di chef dal web e della TV – quasi provando a riempire in modo buono e che profuma di speranza un tempo ritrovato e dilatato d’improvviso.

Che stia nel pane e in quest’ unione di tradizione e innovazione la radice di un’economia che possa svilupparsi e sviluppare territori e interi comparti, è un’idea in cui ha creduto profondamente cinque anni fa un brillante e giovane fornaio di San Marco in Lamis, nello sperone del Gargano di Puglia, Antonio Cera.

La sua è una storia bella: figlio unico di un’insegnante di matematica che correva a dare una mano al forno di famiglia dopo la scuola e soprattutto unico nipote di un nonno e delle due zie (con le quali nacque il forno nel 1961), dopo una laurea all’Università Bocconi di Milano e un posto di lavoro già avviato, intuisce che la sua strada è nella terra che aveva lasciato.

Torna a San Marco in Lamis, rinnova l’impronta del forno di famiglia e inventa prodotti disegnati sulla sua terra e sui sapori buoni con cui li realizza. Diventa il fornaio – con pani firmati in esclusiva e raccontati da poesie – di chef stellati di tutta Italia e il suo panettone di terra, il “Panterrone”, prende a vincere i premi più prestigiosi della gastronomia italiana. Ma il marketing è nel sangue: interagisce con le aziende di eccellenza del Gargano e dei monti della Daunia, lavora il pane (affinché sia buono per giorni e si mantenga come appena sfornato quando è spedito), magnifica l’idea che il pane sia la forza motrice da cui il mondo può muoversi, com’è avvenuto all’inizio della civiltà dell’uomo.

Inventa così “Grani futuri”, movimento culturale che da quattro anni esalta e vivifica tutti i mondi che ruotano intorno al pane, dalla Puglia fino all’intera nazione e oltrepassando anche gli Oceani e che ha la sua preziosa ossatura nel “Manifesto Futurista del Pane”. Questo è un vero e proprio “decalogo” – ma in undici punti – in cui sono scanditi gesti che vanno dalla coltura della terra alla scelta delle sementi di grano, dalle tecniche di molitura, alla selezione delle farine e delle modalità di impasto, lievito, cottura e conservazione.

Il Manifesto è sottoscritto simbolicamente da uno scrittore, un medico biologo, un artigiano della birra , uno del pane e uno della pasticceria (nell’ ordine Pino Aprile, Angelo Vescovi, Teo Musso, Gabriele Bonci, Corrado Assenza), e da uno stuolo di fornai e chef stellati o blasonati (del calibro di Iaccarino, Cedroni, Varese, Monco, Bilali, Di Cristo, Varese, Monco, Lacalamita, Sabatelli, Zito, Recanati, Trombini, Scarcella Tiri, Fiorentini, Arena, e tra gli stranieri Alysha Aggarwal  e Trine Hahnemann) per attestare la necessità di un recupero in toto della dimensione più autentica del pane, capace di produrre un’economia nuova, più forte e vigorosa, indistruttibile.

La filiera del Pane, ricostruita dal Manifesto Futurista, si pone modello ripetibile per un’economia che ha urgenza nel nostro paese di essere rilanciata e rinvigorita attraverso una rigenerazione culturale.

Il Pane è una forza vitale, la stessa che muove le ali dell’Angelus Novus dipinto da Paul Klee e ribattezzato dal filosofo Walter Benjamin Angelo della Storia: le ali dispiegate verso l’orizzonte ma la testa voltata indietro per non perdere la memoria di ciò che e stato, di quello che la Storia ci ha insegnato e che abbiamo l’obbligo di non dimenticare.

“Grani Futuri” è lo sguardo verso la nostra Terra e verso quello che, spingendosi fino a trentamila anni fa – epoca a cui risalgono i primi ritrovamenti di tracce di farina nella vicina Grotta Paglicci – è capace di raccontarci e insegnarci.

Il Pane ha la potenza di agire sul piano economico, energetico, ambientale, salutistico, di dimostrare una sostenibilità a trecentosessanta gradi. Il Pane è il cuore della casa, della famiglia, delle comunità, creazione meravigliosa e magica capace di morire e rinascere di continuo, come dimostrano il chicco del grano e il lievito-madre che mai si consuma.

Le edizioni passate di “Grani Futuri” si sono snodate con enorme successo di pubblico tra il centro storico della cittadina dauna e le masserie dei dintorni con programmi densi di dibattiti, performance artistiche, confronti sulla panificazione fra cuochi e fornai dall’Italia e dal Mondo, degustazioni di piatti a base di pane, ma anche esplorazione di antichi mulini e masserie, passeggiate e colazioni in luoghi suggestivi di interesse artistico , storico e naturalistico. Quest’anno la manifestazione vera e propria, prevista per giugno e rinviata per via del Covid-19, non ha ancora certezza nella data di settembre. Ma il manifesto culturale del Pane continua a essere diffuso tra panificatori e cuochi che ne condividono la filosofia e il senso profondo attraversa web, media e social.

Il Pane è socialità reale e “Grani Futuri” è pronto a rimetterlo su una tavola comune per condividerlo, presto.   www.granifuturi.com

Continuare
Abbonati per leggere tutto l'articolo
Ricordami