I bambini non devono fare la guerra

Il 12 febbraio è la giornata ONU contro l’uso dei bambini soldato

di Maurizio Simoncelli, Vicepresidente IRIAD (Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo)

Nel 2021 oltre seimila minori, alcuni anche di soli sei anni , sono stati arruolati ed utilizzati nelle guerre. Lo afferma il Segretario Generale dell’ONU in un rapporto dedicato alla situazione dell’infanzia nei conflitti.

I Paesi interessati sono molti: Afghanistan, Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Iraq, Mali, Nigeria, Sudan, Sudan del Sud, Somalia, Siria, Yemen, Myanmar, Nigeria e coinvolge decine fra gruppi guerriglieri e forze armate regolari.

La Somalia, secondo l’ONU, nel 2021 è stato fra i Paesi più coinvolti con 1.200 minori, per lo più rapiti da Al Shabab, ma anche da Esercito e polizia li hanno utilizzati in quasi 200 casi. Va ricordato che nell’ex colonia, Esercito e Polizia, usufruiscono del supporto dei nostri militari.

Nello Yemen, sempre secondo l’ONU, quasi 2.000 minori tra i 10 e i 17 anni, reclutati dai ribelli Houthi, sono morti combattendo tra gennaio 2020 e maggio 2021.

Le guerre combattute da decenni in molte parti del mondo richiedono sempre nuovi soldati, così tanti minori vengono rapiti da scuole, villaggi e campi profughi per essere poi trasformati in combattenti.
I maschi sono utilizzati anche come messaggeri, spie e le femmine sono reclutate per fini sessuali, per matrimoni forzati o per compiere attentati suicidi.

I minori sono sottoposti a violenze di ogni tipo, per piegarne la volontà: peraltro, i giovani possono essere facilmente indottrinati e trasformati – anche con l’uso di droghe – in spietati assassini, dato anche che per sparare con un mitra non ci vuole la forza fisica di un adulto.

L’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo di Roma, che ha svolto numerosi studi sull’argomento, vuole attirare l’attenzione su questo drammatico problema, in occasione del 12 febbraio, giornata che l’Onu ha dedicato alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica contro l’uso dei minori nei conflitti.

Appare urgente che i responsabili di questi crimini, considerati tali dal diritto internazionale, ne rispondano in tribunale e che la comunità internazionale agisca con decisione nei confronti dei paesi che li utilizzano. I Paesi democratici devono coerentemente non solo sostenere le azioni di recupero sociale dei baby soldiers, ma anche attuare politiche di pace e porre fine alle vendite di armi a quelli in guerra o retti da regimi liberticidi, nel rispetto delle leggi nazionali (185/90) ed internazionali vigenti (Arms Trade Treaty).

Continuare
Abbonati per leggere tutto l'articolo
Ricordami