I sushi burritos, golosità da passeggio

Di Gilda Ciaruffoli

Che negli ultimi anni Milano sia diventata la capitale italiana del food è cosa nota. Difficile, infatti, trovare altrove in Italia la varietà di proposta nazionale, internazionale, fusion e gourmet che oggi possiamo gustare nei tanti locali meneghini, che fanno di questa città una vera e propria meta per gli appassionati di buona cucina. Fondamentale in questo panorama il ruolo della cucina orientale che si è mossa in due direzioni molto interessanti: da una parte la riscoperta dei sapori più tipici di quelle terre, dall’altra una rilettura creativa delle stesse. Il merito è di alcuni imprenditori originari di Paesi come Cina o Giappone che hanno portato con sé il proprio patrimonio culturale senza banalizzarlo, “italianizzandolo” ma connotando le nuove aperture con un tocco di genuinità ed estro.

Proprio come fa Jay Lin, giovane imprenditore cinese arrivato in Italia a 15 anni con la famiglia, figlio di uno dei primi sushi man del capoluogo lombardo, lo chef Akan Lin, dal quale ha appreso l’amore per la cucina e le sue tecniche.

Oggi Jay Lin è uno dei punti di riferimento per la cucina orientale a Milano con i suoi vari locali – Kanji, Fusho, Ramen Shifu e Wok’in – ognuno capace di raccontare e interpretare uno stile, o un piatto, in modo del tutto originale. “In Cina avevamo un ristorante. Da piccolo vedevo mio papà preparare la materia prima, pulirla, tagliarla, cucinarla e infine trasformarla in piatti deliziosi. Un percorso di cui non mi stanco mai, da fare e rifare per trovare soluzioni sempre diverse e ottenere risultati sempre migliori”, ci racconta Jay Lin. È con queste premesse che nasce, nel 2010, Kanji Milano, un all you can eat di nuova generazione che oggi vanta tre sedi in città. Qui tutto è curato nel minimo dettaglio, dal design, innovativo e di tendenza, all’offerta gastronomica dove ricerca stilistica, sensoriale ed estetica sono ingredienti fondamentali. In carta i classici sashimi, gunkan, futomaki, uramaki e molto altro ancora, curatissimi nell’estetica, originali nell’elaborazione e impreziositi dalle salse rigorosamente fatte in casa con ricette esclusive.

“Da quando ho aperto la mia prima attività – prosegue Jay Lin – la mia idea è sempre stata quella di rendere il sushi accessibile a tutti. C’è da dire che sulla qualità del crudo non si scherza: se un pesce è fresco lo si vede e lo si sente subito perché non intervengono le cotture a fare la differenza o le salse a coprire lo stato originale della materia prima. Per questo il rapporto tra qualità e prezzo è particolarmente delicato e importante, un elemento del quale anche il cliente meno esperto si accorge. Noi, negli anni, abbiamo sviluppato diversi format, ma sulla materia prima siamo sempre stati intransigenti, puntando sullo studio dei fornitori e su una rigorosa standardizzazione dei processi di lavorazione per garantire ai nostri clienti la massima qualità e abbattere allo stesso tempo i costi di produzione – per esempio comprando grandi quantità di pesce che distribuiamo nelle nostre varie attività – riuscendo così a proporre ai nostri ospiti prezzi accessibili”.

La qualità della materia prima è infatti uno dei fiori all’occhiello anche di Fusho, con due piccole sedi a Milano (in via Paolo Sarpi e in via Plinio), è nato da una grande idea: una “fusion” tra “sushi” e “burritos”, un inedito incrocio tra cucina giapponese e messicana per un originale sushi da passeggio. I sushi burritos vengono preparati all’instante dietro al grande bancone, sotto gli occhi del cliente; al posto della tortilla messicana troviamo l’alga esiccata e per la farcitura vengono messi insieme ingredienti orientali e occidentali, dalla carne al pesce fresco, dalle verdure al riso, insaporiti da una serie di salse come la teriyaki o quella guacamole.

Il pesce viene ordinato ogni mattina ed è abbattuto e certificato dai fornitori. Alcune tipologie, ad esempio la ricciola, riportano il QR code che ne permette la tracciabilità. I gamberi, di origine argentina, vengono abbattuti e cotti sottovuoto, mentre per le fritture vengono impiegate friggitrici ad aria. Questo fa sì che in cucina non sia utilizzato il fuoco. Sempre di Jay Lin il merito di avere aperto l’unica sede lombarda di Ramen Shifu (via Fabio Filzi), che richiamano il concetto di “taverna” con elementi decorativi propri del Giappone, offrendo nuove interpretazioni di un piatto millenario, il ramen appunto.

La preparazione del brodo si basa sulla ricetta originale della regione di Hakata, distretto della città di Fukuoka: sei ore di elaborazione danno vita al gustoso piatto dalla consistenza densa, a base di ossa di maiale, servito con tagliolini fini. Il menu rivela un’attenzione particolare alla selezione di piatti spicy, con la possibilità di personalizzare il livello di piccantezza da 1 a 5 come parte della “Spicy Challenge”, una sfida con sé stessi e la propria affinità con il piccante.

Concludiamo questa carrellata con Wok’In, altro locale della Chinatown milanese, dove a essere riletta in chiave contemporanea è la cottura al wok, nella famosa padella semisferica che permette di mantenere intatte le proprietà nutritive degli ingredienti freschi. C’è un menu fisso, ma c’è anche la possibilità di crearsi il proprio wok scegliendo la base e i vari ingredienti per realizzare gustosi piatti, serviti in contenitori di carta perfetti per l’asporto, in modo tale da gustare il proprio pasto sano, preparato al momento e con materie prime di alta qualità, anche passeggiando. Insomma, unendo cultura, qualità e creatività, Jay Lin ha saputo portare sulla scena milanese tradizioni millenarie in un’interessante chiave metropolitana che sa stupire.
E noi siamo pronti a essere stupiti ancora.

Continuare
Abbonati per leggere tutto l'articolo
Ricordami