di Stefania De Toma
Fa sicuramente impressione vedere stampata e trasmessa ovunque – nella Giornata in cui dovrebbe celebrarsi la Memoria per non dimenticare l’Olocausto, i campi di sterminio, la persecuzione degli ebrei considerati diversi per razza – la cronaca di uno scontro tra due eroi del pallone nei quali in maniera evidente l’insulto è fondato sulla genetica di un diverso colore. Parliamo della rissa sfiorata fisicamente e trattenuta dai compagni di gioco, ma avvenuta violentissima nei toni ieri sera sul campo del derby Milan Inter tra Ibrahimovic e Lukaku. Per nazionalità uno svedese, l’altro belga; per pigmentazione della pelle uno bianco, l’altro nero. Tensioni personali sono degenerate in quel che magari d’istinto, anche inconsciamente, il calciatore ha considerato il punto debole in cui affondare il coltello, ossia quel colore e quella storia che porta con sé.
Il risultato è sempre la violenza, come quella che ha poi scatenato la reazione a sua volta terribile, giocata su affetti personali, di Lukaku.
La verità è che l’esercizio della memoria applicato alla vita è difficile: da vivere, recuperare, disegnare, tatuare sulla nostra pelle. Condanniamo l’Olocausto e la tragedia della Shoah e dei campi di sterminio – un’occasione in realtà la giornata di oggi per ricordare tutte le persecuzioni razziali – ma quel razzismo è quasi ancestrale, congenito ancora in troppa umanità.
E’ drammaticamente vero che come aumenta il numero dei negazionisti dell’Olocausto (salito al 15 per cento nonostante proprio l’istituzione della Giornata della Memoria), così aumentano anche coloro che nell’autobus non avrebbero dato il posto a Rosa Parks e – dati alla mano- coloro che l’Olocausto lo approvano e lo rifarebbero.
E’ così, il razzismo è più presente che mai nelle nostre società. Ma le Rosa Parks sono sempre di più e sempre più forti, fino a una splendida Kamala Harris diventata vicepresidente degli Stati Uniti .
L’episodio increscioso di ieri sera – non stiamo a riportare le frasi offensive basate su stereotipi di una etnia che in parte ancora vive in realtà tribali, preziosissime tra l’altro- ci sbatte questa realtà in faccia, mentre lottiamo per cancellare pregiudizi attraverso la memoria di un passato atroce, a partire dalla Shoah.
E quindi insistiamo, continuiamo a farlo, a ricordare, a ricordarlo noi stessi perché nessuno è davvero immune da questa facile piega dentro di noi che millenni di storia hanno creato, a onorare sofferenze inumane che uomini, donne e bambini hanno dovuto subire e che purtroppo continuano a subire in tanti modi ancora oggi nel mondo.
A lottare per una Umanità migliore, a partire da ognuno di noi, non si perde mai tempo.