Il caso Navalnyj e le ritorsioni di Putin contro l’Occidente

Il 21 aprile Vladimir Putin ha tenuto l’annuale discorso sullo stato della nazione. Ed è in quel discorso dove si è fatta menzione dell’ottimo piano vaccinale anti-Covid e degli aumenti che saranno concessi ai cittadini, che si legge la rabbia di Putin e se ne possono prevedere le mosse.

Ecco, le ritorsioni che si sono abbattute sulla UE, sono tutte condensate in queste frasi: se l’Occidente supererà “la linea rossa”, la risposta sarà “asimmetrica, rapida e dura”. La minaccia, in puro stile cosacco, si sta concretizzando in sanzioni ed espulsioni reciproche di diplomatici tra Mosca e Bruxelles e la lettura offerta dal Presidente russo è quella della Madre Patria presentata come una tigre, attaccata dall’Occidente, presentato come un branco di sciacalli.
È interessante il fatto che Putin non faccia nessun accenno alla mobilitazione di Stati Uniti ed Europa per l’oppositore in carcere Alexei Navalnyj, che il 31 marzo ha smesso di mangiare per chiedere le cure dei suoi medici di fiducia.

David Sassoli

Tuttavia, e nonostante il silenzio, nel pomeriggio del 30 aprile arrivano le prime ostilità: la Russia sanziona otto personalità europee, tra le quali spiccano il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, e la numero due della Commissione Ue con delega ai diritti, la ceca Vera Jourova. Già in serata arriva la reazione congiunta “di condanna” delle tre istituzioni europee, ovvero dello stesso Sassoli, di Ursula von der Leyen e di Charles Michel. Per i prossimi giorni sono attesi passi ufficiali, allo studio dei governi, e una risposta con una sola voce dai ministri degli Esteri del G7. Anche i leader dei Ventisette al vertice del 25 maggio terranno conto del passo politicamente dirompente di Mosca nella discussione sulle relazioni strategiche con la Russia.

Vera Jourova

Ora la pietra divenuta testata d’angolo è sicuramente Alexei Navalnyj. Ma chi è davvero quest’uomo? Avvocato e attivista, nel 2011 diventa un punto di riferimento delle proteste contro Putin. Nel 2017 viene arrestato più volte durante le manifestazioni di piazza, nel 2018 la Corte Europea condanna Mosca per aver violato i suoi diritti morali e materiali, nel 2019 si registra la prima vittoria del progetto Volo Intelligente alle elezioni parlamentari. Nel 2020 è vittima di un tentativo di avvelenamento da Novichok, e nel 2021 viene arrestato a Mosca al rientro dalla Germania.

È evidente che Alexei Navalnyj stia subendo un trattamento contrario a qualsiasi legge rispettosa dei diritti umani.

Ma quello che è fuor di dubbio è che sulla vita o sulla morte dell’oppositore ucraino, Putin sta giocando una partita rischiosissima se letta nel complesso delle azioni del Cremlino in politica interna ed estera. Se malauguratamente Navalny dovesse morire in carcere, per Putin e la Russia vi sarebbero conseguenze gravissime sul piano internazionale perché la morte non potrebbe essere camuffata  con il fumo dei dinieghi come gli avvelenamenti degli oppositori all’estero. Nel caso Navalnyi vivesse, l’immagine di Putin ne uscirebbe indebolita e così il consenso che da sempre lo circonda, perchè l’ultimo zar dimostrerebbe di essere asservito alle potenze occidentali e debole. E questo non è accettabile per un personaggio come Putin per il quale la guerra fredda sembrerebbe l’unica soluzione.

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