Il conflitto fra Azerbaigian e Nagorno-Karabakh : la Svizzera si mobilita

di Luca Bernasconi

Domenica 27 settembre: la ripresa delle violenze. Alle prime luci dell’alba le milizie dell’Azerbaigian sferrano un violento attacco contro il Nagorno-Karabakh, una Repubblica indipendente (dal 2017 denominata Repubblica dell’Artsakh), popolata quasi interamente da armeni. L’offensiva, a colpi d’artiglieria e con mezzi aerei, causa le prime vittime. Vite spezzate. Il bilancio del primo giorno di ostilità è pesante: 16 militari uccisi e, fra i civili, una donna e un bambino. Nei giorni a seguire il numero dei morti è destinato ad aumentare. Nel mirino degli aggressori anche abitazioni, scuole e ospedali, come ha denunciato il Cicr (Comitato internazionale della Croce Rossa). Il conflitto in atto nella regione del Caucaso meridionale era stato per altro ribadito nell’ultimo discorso tenuto all’Assemblea generale delle Nazioni Uniti dal Presidente azero Aliyev, durante il quale aveva sentenziato che «il Nagorno-Karabakh è l’Azerbaigian». Qualche giorno prima si era espresso in modo inequivocabile circa le sue intenzioni: “Torneremo con ogni mezzo nelle nostre terre, l’attuale Armenia è stata fondata su terre storicamente azere”. Le parole del dittatore di Baku vanno corrette: è in realtà l’Azerbaigian ad essere stato creato ex novo sul territorio armeno nel 1918. 

Le minacce di Aliyev non lasciano spazio all’interpretazione, fanno semmai presagire scenari sanguinosi di vaste proporzioni. Alla ferma promessa di Aliyev avevano fatto eco le dichiarazioni del primo ministro armeno Pashinyan, eletto democraticamente, il quale aveva ribadito l’impegno per una soluzione esclusivamente pacifica del conflitto. L’Azerbaigian ha però fatto orecchie da mercante. 

Il pomo della discordia tra Azerbaigian e Armenia, due paesi che hanno in comune una lunga storia d’oppressione, è da sempre il Nagorno-Karabakh.

Per quasi un secolo Azerbaigian e Armenia sono stati sottomessi all’impero della Russia zarista. Durante la rivoluzione ritrovano brevemente l’indipendenza, per poi trascorrere altri 70 anni sotto l’egemonia dell’Unione Sovietica. Fu Iosif Stalin ad assegnare all’Azerbaigian il Nagorno-Karabakh, anche se oltre il 90% della popolazione era armena. Nel 1991 l’Armenia e l’Azerbaigian scelgono la via dell’indipendenza grazie alla possibilità prevista dalla Costituzione sovietica. Il Nagorno-Karabakh segue la loro scia e lancia un referendum per diventare uno Stato indipendente, vincendolo con il 99% dei voti. Ma l’Azerbaigian non accetta il risultato popolare e dichiara guerra al Nagorno-Karabakh. Si stima che il brutale conflitto durato dal 1992 al 1994 abbia causato trentamila vittime e centinaia di migliaia di profughi. Terminate le ostilità, Azerbaigian e Nagorno-Karabakh firmano una tregua grazie anche alla mediazione della Russia postsovietica. Da quel momento il Nagorno-Karabakh diventa de facto una Repubblica indipendente. Poco più tardi sarà l’Armenia a rappresentare gli interessi del Nagorno-Karabakh sul tavolo dei negoziati, facendosi altresì garante della sua sicurezza. 

La pace provvisoria ha retto fino al 27 settembre scorso nonostante le precedenti e reiterate minacce dell’Azerbaigian di voler far saltare gli accordi. Fino a quel momento i mediatori internazionali del Gruppo di Minsk, rappresentati da Francia, Russia e Stati Uniti, erano riusciti a evitare una nuova guerra. 

Sabato 3 ottobre: la reazione in Svizzera. Sdegno e preoccupazione per questa folle guerra in corso sono stati espressi anche dalla comunità armena in Svizzera, che sabato 3 ottobre è scesa in piazza a Berna davanti a Palazzo federale. Il consigliere nazionale Stefan Müller-Altermatt del Partito popolare democratico, rappresentante del Gruppo parlamentare ‘Svizzera-Armenia’, ha ribadito il loro forte impegno affinché nel Caucaso meridionale cessino i combattimenti e ha assicurato che esorterà il Consiglio federale a intraprendere una via per dialogare con la Turchia e l’Azerbaigian, perché le minoranze della regione non debbano più soffrire e vedere i loro diritti calpestati. 

A Berna e a Zurigo, manifestazioni pacifiche organizzate dalla Comunità armena chiedono alla politica di attivarsi contro la catastrofe umanitaria che incombe sulle terre del Nagorno-Karabakh.

Giovedì scorso, si è svolta una seconda manifestazione di protesta pacifica nel cuore economico di Zurigo, organizzata dalla Comunità armena della città. Gli oltre 150 partecipanti, in maggioranza giovani, hanno dimostrato a favore della pace e della solidarietà allo scopo di sensibilizzare la popolazione elvetica circa i gravi fatti di sangue in corso e di indurre la politica a responsabilizzarsi in quanto alla catastrofe umanitaria che incombe su quelle terre, considerato pure che la Svizzera è pioniera in materia di diritti umani. 

Tra i cartelli più significativi quello che condensa l’essenza della protesta: “Stop war, save lives” (Fermate la guerra, salvate le vite). “L’obiettivo ultimo della Turchia e dell’Azerbaigian è l’annientamento del popolo armeno”, ha dichiarato senza mezzi termini il giovane Malkhasyan, tra gli organizzatori della manifestazione; parole ribadite con forza da John Eibner, Presidente dell’associazione per i diritti umani CSI (Christian Solidarity International): “Dobbiamo impedire un secondo genocidio”. Eibner ha anche sottolineato il ruolo esemplare dei missionari svizzeri durante lo sterminio nel primo conflitto mondiale, esortando la Svizzera a mettere in campo gli aiuti umanitari a favore della popolazione del Nagorno-Karabakh, a impedire che armi svizzere finiscano nelle mani degli aggressori e a riconoscere il diritto all’indipendenza del Nagorno-Karabakh. Anche Malkhasyan ha invitato il Consiglio federale a prendere una posizione netta a favore dell’Armenia minacciata e a mettere in atto eventuali sanzioni contro l’Azerbaigian e la Turchia; fra di esse quella di boicottare SOCAR, la società produttrice di petrolio e gas naturale di proprietà statale dell’Azerbaigian, la quale fa propaganda a favore della guerra nei suoi social, oltre a rifornire numerose stazioni di servizio in Svizzera. Durante il raduno arriva una notizia positiva, annunciata da Philip Egger, esperto della regione del Caucaso: la città di Ginevra ha condannato l’aggressione dell’Azerbaigian, ha riconosciuto il diritto all’autodeterminazione del Nagorno-Karabakh e ha invitato il Consiglio federale a fare altrettanto per poter arrivare a una soluzione pacifica del conflitto. 

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