Prima di qualsiasi considerazione di natura economica e sociale, diremo che la battaglia legale che Conte è pronto a cominciare ha già il suo attore.
Con atto di citazione datato 5 novembre 2019, in barba a chi dice che il recesso deve essere dichiarato da un Tribunale e dimostrando di essersi mossi secondo legge, AM InvestCo Italy S.p.A., ArcelorMittal Italia S.p.A.; ArcelorMittal Italy Energy S.r.l. ; ArcelorMittal Italy Maritime Services S.r.l.; ArcelorMittal Italy Tubular S.r.l.; ArcelorMittal Socova S.a.s. hanno citato ILVA S.p.A.; ILVAFORM S.p.A.; TARANTO ENERGIA S.r.l.; ILVA SERVIZI MARITTIMI; TILLET S.a.s. e SOCOVA S.a.s., tutte in persona dei Commissari Straordinari (https://www.ilcorrieredelgiorno.it/wp-content/uploads/2019/11/ARCELOR-MITTAL-citazione.pdf).
La domanda avanzata dalla ArcelorMittal è, in via principale, accertare e dichiarare l’efficacia del diritto di recesso dal contratto di affitto con obbligo di acquisto di rami d’azienda del 31 ottobre 2018 e in subordine, accertare e dichiarare che il contratto di affitto con obbligo di acquisto di rami d’azienda si è risolto per impossibilità sopravvenuta.
Immagino sia stato noioso leggere i nomi delle parti coinvolte e le domande avanzate, eppure ha un’utilità enorme per capire la situazione ed evitare il disastro che il recesso dall’accordo da parte di ArcelorMittal provocherebbe.
I piani di discussione sono diversi eppure intersecati: da un lato la vicenda industriale con le ripercussioni sul sistema economico dell’Italia e dall’altro le storie delle persone, ammalate oncologiche, per le polveri sottili presenti nel territorio di Taranto e dell’alto e basso Salento.
Dal primo punto di vista quello che si legge e si ascolta è il fatto che ArcelorMittal abbia deciso di recedere dall’accordo del 31 ottobre 2018 in cui aderiva al piano industriale messo in campo dal Governo. Accordo che naturalmente prevedeva una serie di condizioni che dovevano avverarsi.
La condizione è il rispetto del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29.9.2017 contenente disposizioni in materia di tutela ambientale.
Cominciamo con il dire che è stato quasi impossibile trovare traccia di quell’accordo. Sì perchè, aldilà dei proclami e dei caveant sventolati tutto è in quel contratto.
In particolare l’accordo è quello avente ad oggetto l’affitto dei singoli Rami d’Azienda in vista dell’acquisto.
Il recesso è contenuto all’art. 27.5 del Contratto ove si dice espressamente che “l’Affittuario […], ha il diritto di receder[vi] […] qualora un provvedimento legislativo” comporti: – “l’annullamento … del provvedimento (leggi il DPCM del 29.9.2017) che ha approvato il Piano Ambientale in maniera tale da rendere impossibile l’esercizio dello stabilimento di Taranto; oppure – modifiche al Piano Ambientale […] che rendano non più realizzabile, sotto il profilo tecnico e/o economico, il Piano Industriale”.
E’ evidente che l’eliminazione della Protezione Legale integra certamente una modifica al Piano Ambientale che rende “non più realizzabile” il Piano Industriale oltre che “impossibile l’esercizio dello stabilimento di Taranto”. L’eliminazione della Protezione Legale infatti impedisce persino di attuare il Piano Ambientale secondo le relative scadenze. Dato che il Piano Ambientale costitutiva il presupposto del Piano Industriale (a cui era indissolubilmente legato), l’abrogazione della Protezione Legale – impedisce di svolgere l’attività produttiva nello stabilimento di Taranto; – ne compromette irrimediabilmente, quindi, la gestione.
Ecco spiegato tecnicamente quanto sta succedendo e dunque a prescindere dai proclami giustizialisti, si reputa imprescindibile garantire lo scudo penale a chi agirà per il risanamento dell’ex ILVA. Infatti, gestire lo stabilimento di Taranto in conformità al Piano Ambientale e in esecuzione del Piano Industriale senza alcuna tutela è mera utopia.
ArcelorMittal sarebbe esposta a enormi rischi di responsabilità penali conseguenti ai problemi causati dalla precedente gestione (che dovrebbero essere risolti proprio mediante l’attuazione dello stesso, concordato, Piano Ambientale).
La conseguenza è stata la lettera del 4 novembre 2019 con cui ArcelorMittal ha avviato le necessarie operazioni finalizzate all’ordinata e graduale sospensione delle attività produttive negli impianti dello stabilimento di Taranto. La decisione impatta quindi non solo sulle famiglie che lavorano per l’ILVA ma anche su quelle impegnate nell’indotto.
Non vi è alcun dubbio che la situazione è gravissima ma a parere di chi scrive, l’ipotesi della nazionalizzazione non è perseguibile. Nè per l’ILVA nè per Alitalia. Lo stato delle finanze statali non lo consente e una scelta di tal genere non risponde alle logiche del mercato. Il fallimento sarebbe questione di tempo.
Bisogna invece garantire lo scudo penale come da contratto e vigilare affinchè il piano Ambientale e Industriale siano attuati nel rispetto della legge.
Non è tempo di proclami elettorali ma di pensare al bene del paese.