Il futuro (vero) dell’energia

di Marco Nori

Da mesi si discute di transizione energetica e fonti rinnovabili e la liquidità messa sul piatto per rispondere alla pandemia è un’opportunità unica che può davvero cambiare il corso del futuro – e in meglio. Tuttavia, quello che sentiamo sono spesso discorsi semplicistici che non riflettono le sfide sotterranee a questa transizione. Il nostro è un mondo che funziona bruciando petrolio e, per permettere un vero cambiamento, non è sufficiente spostare la sorgente dell’energia, da combustile fossile a rinnovabile. Occorre riconvertire l’intero apparato mondiale di consumo dell’energia e, cosa fondamentale, bonificarlo. 

Che aerei, fabbriche e automobili debbano cambiare è scontato, meno scontato è quale tecnologia sostenibile prevarrà fra quelle disponibili. Le automobili viaggeranno a idrogeno? È improbabile, a oggi solo tre modelli di auto a idrogeno sono disponibili sul mercato, tutte asiatiche, e vengono surclassate da quelle elettriche che stanno prendendo piede. Gli aerei viaggeranno a idrogeno? È più probabile, anche se dovremo aspettare decenni per volarci commercialmente. Altrettanto favorevoli per l’idrogeno appaiono i riscaldamenti e altri usi che permettono di stoccarlo in larga scala. Nelle piccole superfici, invece, la batteria elettrica sembra ancora la direzione più conveniente. Ma siamo solo all’inizio e sono previsioni fatue, un’inaspettata svolta tecnologica potrebbe mettere a soqquadro queste considerazioni. Inoltre, se il consumo dell’idrogeno è privo di emissioni inquinanti, la sua produzione è dipendente da altri sistemi verdi o ibridi. Per qualche anno assisteremo a battaglie per stabilire quale tecnologia di produzione dell’energia prevarrà, anche se probabilmente non monopolizzerà il mercato come è stato per il petrolio. Molto dipenderà anche dalle condizioni ambientali di ciascun luogo di produzione, alcuni paesi potrebbero avere una resa migliore con il fotovoltaico, altri con l’eolico o con il moto degli oceani.

La scelta di quale fonte rinnovabile prenderà piede e come bonificare gli impianti ora in uso decideranno le sorti del nuovo mondo dell’energia.

Meno visibile è il tema della bonifica. Che fare dei siti di produzione ed estrazione dei combustibili fossili e dei macchinari che li bruciano per funzionare? Sono decisioni che dovranno andare di pari passo con quelle della transizione energetica. I vecchi aerei non potranno essere convertiti, come nemmeno le automobili, ma altri apparati potrebbero essere solo rivisti e modificati, alleggerendo il conto finale di questa necessaria transizione che abbiamo a lungo ritardato e che ora molti sperano, invano, possa avvenire in pochi anni. Quale sarà il destino delle grandi centrali a carbone (ebbene sì, ce ne sono ancora, in tutta Europa) sarà una soluzione ibrida: molte di essere saranno convertite, almeno inizialmente, a gas, sicuramente più sostenibile anche se non ottimale. Poi si vedrà. Alcune saranno ormai abbastanza vecchie per essere smaltite, e qui entrerà in gioco un poderoso e fondamentale lavoro di bonifica di tutti i materiali pericolosi. Altre subiranno una parziale conversione e conserveranno un ruolo di secondo piano, giusto per massimizzare gli investimenti passati e aspettare che vengano definitivamente surclassate dalle nuove tecnologie. Ma la bonifica sarà anche qui ineludibile, e sarà uno sforzo globale.

Oggi potrebbero cominciare due decenni epocali del mondo, che verranno studiati nei secoli a venire, quale nuova tecnologia energetica prevarrà sulle altre, così come nell’Ottocento il carbone e il petrolio hanno definito il futuro per quasi due secoli. Ma occorrerà sistemare bene tutti i pezzi del puzzle.

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