Il medico che opera i bambini: “Vedo gambe con una differenza persino di 10 centimetri. Si può eliminare”

Malattie rare- l’eterometria

In foto da sinistra: Dario Fracassetti, Desirèe Moharamzadeh e Maurizio De Pellegrin, medici che collaborano con l’Unità Funzionale di Ortopedia e Traumatologia Infantile dell’ospedale San Raffaele di Milano

Una gamba più lunga dell’altra, nei casi più gravi addirittura 10 centimetri. Gli esperti la chiamano eterometria, una parola che può fare paura ma non deve spaventare: è una possibile caratteristica di alcune malattie genetiche rare, la sindrome di Beckwith-Wiedemann e le Pros, e può manifestarsi fin dalla nascita. Questi bambini potranno un giorno camminare, correre, saltare come i loro coetanei? Detto altrimenti: si può cancellare la differenza di lunghezza tra i due arti? “Sì. Nell’80% dei casi, un intervento dà ottimi risultati. Dopo appena un mese, qualcuno di quei bambini è tornato a giocare a calcio”. A dare questa speranza è Maurizio De Pellegrin, ortopedico dell’ospedale San Raffaele di Milano, membro dei comitati scientifici delle due associazioni che seguono i piccoli pazienti (Aibws, l’Associazione Italiana Sindrome di Beckwith-Wiedemann; e Aimp, l’Associazione Italiana Macrodattilia e Pros).

Dottor De Pellegrin, innanzitutto: l’eterometria si può quindi operare?

“Sì. Non parliamo qui di una differenza di 1 centimetro che troviamo nel 20% della popolazione, anche in individui perfettamente sani. Ma di coloro che hanno dai 2,5 centimetri in su. In questi casi, si può operare”.

Quanti bambini Bws e Pros ha operato?

“Ventuno con Bws e venticinque con Pros dal 2006 a oggi. Questi numeri dicono della rarità delle due sindromi. Ci sono colleghi che ne trattano uno solo in vita loro”.

È difficile operarli?

“Da un punto di vista tecnico, no. Parliamo di un intervento che dura mediamente 22 minuti. Ma fare i chirurghi non basta, c’è un problema che dobbiamo porci. Questi sono bambini speciali. E dobbiamo chiederci quale intervento sia il migliore per loro”.

Cioè?

“Come soluzione, alcuni associano l’arto più corto a un possibile allungamento. Ma perché dovrei toccare l’arto sano? È quello lungo che presenta una patologia”.

Si può ‘accorciare’ la gamba più lunga?

“Si può bloccare temporaneamente la sua crescita, inserendo alcune placche nelle cartilagini di crescita del ginocchio. Questa operazione si chiama epifisiodesi temporanea e prevede tre interventi: uno alla tibia, uno al femore e poi quello per la rimozione delle placche. Otto ragazzi con sindrome di Beckwith-Wiedemann hanno terminato, sei di loro hanno arti di lunghezza identica, gli altri due presentano una differenza di 1 centimetro che, come dicevo, rientra in una differenza considerata fisiologica”. 

Bastano tre interventi anche per chi ha differenze di addirittura 10 centimetri?

“Sì. Salvo un 20% di questi che presenta, per cause a noi ancora sconosciute, valgismo o varismo: per correggerlo, bisogna ri-operare. Per evitare l’insorgere di questo problema, stiamo testando anche delle placche rinforzate. A proposito: voglio specificare che non stiamo parlando di chirurgia estetica”.

Cosa intende dire?

“La dismetria è un problema di biomeccanica che coinvolge tutto lo scheletro, in primis la spina dorsale”.

Questo modo di intervenire è previsto da un protocollo condiviso a livello nazionale o internazionale?

“No. Qualche anno fa ho redatto un questionario, indirizzato a vari colleghi anche stranieri. Circa la metà l’ha rimandato indietro vuoto, confessando di non conoscere queste sindromi e di non aver mai trattato un paziente di questo tipo. In questi 15 anni io e i medici che lavorano con me abbiamo invece accumulato una notevole esperienza, maturata dalla conoscenza e dallo studio della Bws e delle Pros”.

Può fare qualche esempio per chi non le conosce?

“La dismetria tende a peggiorare finché il bambino non raggiunge l’età dello sviluppo. E bisogna sapere che il paziente Bws sarà generalmente più alto dei suoi genitori: dunque, il mio obiettivo non sarà quello di allungare la gamba più corta, ma di portarlo alla statura che dovrebbe avere agendo sull’arto più lungo”.

E altri ortopedici le chiedono come fare?

“Qualche volta capita. Abbiamo uno scambio di informazioni con l’Harvard Medical School dell’Università di Boston. In generale, questi casi così rari andrebbero convogliati su centri specializzati. È fondamentale anche il rapporto con le associazioni di famiglie”.

A che età si viene operati?

“In base alla nostra esperienza, attorno ai 7-8 anni alla tibia, 10-11 al femore. Ma nella Bws ho operato anche un bimbo con meno di 3 anni e nella Pros di 1”

È doloroso per i piccoli?

“L’epifisiodesi è mini-invasiva. Ed è un’altra delle differenze rispetto all’intervento, molto più complesso, di allungamento. Ma so bene che per le famiglie non è semplice e il dolore non è solo quello fisico. Ci siamo inventati un questionario che rivolgiamo direttamente ai piccoli pazienti e i risultati ci rassicurano. Per me la soddisfazione più grande è un bambino che mi dice spontaneamente grazie”.

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