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Il miglior dj? Ha 68 anni e si chiama David Rodigan

Al Centro Sociale Askatasuna di Torino si è tenuto sabato 12 ottobre il dj set del famoso artista britannico David Rodigan, in un viaggio incredibile tra l’Europa e la Giamaica raccontato a suon di dischi.

Anche se vestito super casual, da vero dj, Rodigan resta un signore di 68 anni con un bel paio di occhialoni spessi e un accento britannico degno di Downton Abbey. Eppure, questo signore è una delle icone della musica reggae di sempre, uno dei dj più famosi e affermati a livello mondiale.

Sono stato a Torino per la manifestazione di protesta in supporto al popolo Curdo e la sera, che ben presto è diventata notte, mi sono fermato al centro sociale Askatasuna dove si esibiva “RamJam” (uno dei suoi soprannomi). Non avevo mai avuto la fortuna di vederlo dal vivo. I racconti erano sempre di stampo leggendario e mitologico, ma questa volta sarei riuscito a godermi lo spettacolo di un uomo che ha l’età di mio padre, conosce la musica che più mi piace meglio di chiunque altro e riesce a salire sul palco senza troppi problemi allo scoccare dell’una e mezza del mattino.

David Rodigan nasce in Germania nel 1951, da padre scozzese e madre irlandese. Papà faceva il soldato britannico in servizio in terra tedesca. Nel 1958 ritorna in Inghilterra, Oxfordshire ed è qui che ha primi contatti con la comunità giamaicana del luogo. “My Boy Lollipop” di Millie Small lo fa innamore. Prince Buster è il suo modello e Radio Caroline, una radio privata che diffonde le sue onde sonore da una nave in mezzo all’oceano è la sua radio.
Erano i tempi di I Love Radio Rock se si può citare un film recente che racconta bene lo spaccato del Regno Unito di quegli anni.
Comincia a frequentare i locali dove si ascolta lo ska, in particolare lo Stage Club e il Bridge Club di Oxford. Ed è proprio allo Stage Club che assiste al suo primo importante concerto: 1969 e a salire sul palco del fumoso locale inglese è Jimmy Cliff.
David Rodigan comincia a collezionare dischi nel 1967 fino a raggiungere una lista invidiabile. Nel 1970 si trasferisce a Lontra per studiare Economia, ma ben presto, decide di cambiare radicalmente e comincia a frequentare un corso per diventare attore. Tra uno spettacolo e l’altro non smette di coltivare la sua vocazione di dj, mettendo musica in piccoli club londinesi. Nel 1978 viene chiamato dalla radio nazionale BBC a condurre un programma chiamato “Reggae Time”. Dopo la collaborazione alla BBC, nel 1979 David approda a Capital Radio dove vi rimarrà undici anni. Nel frattempo crea una trasmissione reggae alla BFPS, il servizio radiofonico delle forze armate inglesi, dove tuttora trasmette ogni settimana. Riesce ad arrivare anche a New York su Irie Jam dove conduce un programma che va in onda in prima serata con novità, notizie, eventi e naturalmente musica. Eppure, mr. Rodigan non si ferma e sembra difficile inquadrarlo nei pesanti schemi della società upperclass britannica. Inventa i clash in radio. La prima volta è con Barry G in Giamaica e crea uno scontro musicale durato ben sei ore in una nazione dove la radio è la principale forma di comunicazione. Sentire due dj che suonano uno contro l’altro in radio diventa subito leggenda. Oggi Rodigan gira il mondo, inventa spettacoli di pregio (ha messo in orchestra le hit più forti del reggae), incontra i ragazzi e vive con loro la dancehall e la cultura sound system. Porta sul palco la sua storia, seleziona famosi dubplate, ovvero brani originali dedicati a lui incisi da importanti artisti che vanno da Tenor Saw fino alla contemporanea Rihanna. In mezzo ti fa sentire un brano esclusivo registrato con Bob Marley, un dub di King Tubby, ti parla della foundation, dei rasta, del lato più positivo, puro e contagioso della musica. Ti fa vibrare un sentimento di solidarietà con i presenti e con lui stesso da non farti sentire mai solo. Anche se non conosci i brani, non conosci il genere, stai pur certo che quel signore di sessantotto anni ti sta sorridendo sinceramente.

Guardo l’orologio, sono le tre e quaranta del mattino e io mi sono svegliato molto presto. Mi sembra quasi strano da dire, eppure mi vedo costretto a capitolare a casa, stanco, sudato, ma pieno di energia. Così, quando metto in moto, sento ancora in lontananza David Rodigan suonare le sue “clash tune”. Andrà avanti fino alle cinque del mattino.

Come faccia, non ne ho idea. Forse anche lui è uno di quei cyborg rocker alla Mick Jagger benedetto dagli dei della musica. Fatto sta che mi ha regalato una splendida e ammirevole esperienza.

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