Il paese delle maree

Amitav Ghosh, considerato uno dei massimi narratori indiani contemporanei, ha al suo attivo anche una notevole produzione saggistica e giornalistica. La sensibilità alle tematiche ambientali e l’allarme per le conseguenze del riscaldamento climatico sono presenti in tutte le sue opere. Il suo romanzo Il paese delle maree (Neri Pozza editore, 2005) è ambientato prevalentemente in alcune isole dello sterminato arcipelago delle Sundarbans, fra il mare e le pianure del Bengala, ai confini fra India e Bangladesh, di cui Ghosh ha una profonda conoscenza diretta. In questi luoghi, che non visitò mai, Emilio Salgari ambientò buona parte de I misteri della jungla nera e parti di altri suoi romanzi. In questo tratto di mare sfociano alcuni grandi fiumi asiatici fra cui il Brahmaputra e il Gange che, insieme ad altri fiumi, nel loro corso finale, creano un fitto reticolo di corsi d’acqua e un’immensa zona paludosa, in un ambiente soggetto a continue trasformazioni, nel quale il rapporto dell’uomo con la natura è caratterizzato da una difficile convivenza.

L’arcipelago è soggetto a maree e investito da frequenti e devastanti cicloni tropicali e costituisce, anche per la presenza delle più vaste foreste di mangrovie del mondo, un ricchissimo quanto delicato ecosistema, fortemente minacciato dalle conseguenze tangibili dell’attuale crisi climatica. Nel 2007 il ciclone Sidr investì la regione provocando la morte di oltre mille persone. Della ricchissima fauna fanno parte anche le tigri “mangiatrici di uomini” che, oltre a costituire una minaccia quotidiana, rappresentano un elemento costante nell’immaginario mitico degli indigeni.

In questo scenario si intrecciano le vicende di tre personaggi diversissimi fra loro: Piya, una biologa marina originaria del Bengala ma naturalizzata statunitense, Kanai, che a New Delhi dirige un’avviata agenzia di traduzioni e interpretariato e Fokir, un pescatore indigeno che non è mai uscito dall’isola in cui vive.

Piya si reca in questi luoghi per svolgere ricerche sulla vita dei delfini mentre Kanai è stato chiamato da una zia per decifrare un misterioso manoscritto lasciatole dal marito.

Kanai svolge anche un importante ruolo simbolico nel tentativo, che si rivela illusorio finché avviene solo a livello di linguaggio verbale, di fare da intermediario fra la cultura di Piya e quella di Fokir.

La storia si dipana in una complessa trama avventurosa in cui realtà e mito appaiono indissolubili e quasi  indistinguibili e dove la natura, anch’essa protagonista, agisce potentemente sulle vicissitudini talora drammatiche e sui processi di trasformazione interiori degli esseri umani.

Avventura, mito, problematiche sociali e ambientali, drammi legati alle migrazioni: sono egualmente presenti ma all’interno di una complessa e sapiente costruzione unitaria e di una riuscita rielaborazione letteraria.

La Storia fa sempre da sfondo all’opera dello scrittore e, come afferma lo stesso Ghosh “scorre come un fiume e lo storico scrive di come il fiume scorre (…)Io guardo il fiume dal punto di vista del pesce e guardo in che direzione si muove. Quel che m’interessa è il pesce”.

Il punto di vista del pesce è quello degli esseri umani costretti a lottare per sopravvivere al flusso di vicende che si svolgono al di fuori del loro controllo.

Nel romanzo compaiono numerose citazioni tratte dalle Elegie duinesi di Rilke, che sono integrate nella narrazione e testimoniano dell’affinità di Ghosh con il grande poeta di lingua tedesca.

Significativi  a questo proposito  i versi citati da Kanai:

“Non amiamo di noi un’unica cosa,
una cosa futura
ma l’immenso fermento”.

Questi versi esprimono compiutamente la visione di Ghosh dell’identità dell’essere umano definita da una continua trasformazione, in rapporto con gli stessi processi naturali. Rilke fu tradotto in bengali attorno al 1920 dal premio Nobel Rabindranath Tagore e da allora ha esercitato una singolare influenza sulla cultura indiana.

Se vogliamo trovare qualche difetto in questo bellissimo romanzo, possiamo individuarlo nella ripetitività di talune situazioni e in alcuni dialoghi, specie di carattere più intimo, di non perfetta riuscita letteraria.

Ma il difetto principale è che il romanzo a un certo punto purtroppo finisce, costringendo il lettore a cercare, nella vasta produzione dello scrittore, altre storie altrettanto avvincenti. E chi lo farà non rimarrà deluso.

 

 

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