Ho scritto un “non-libro” per comprare un’ambulanza a chi ne ha bisogno
Di Giorgio Marini
Una raccolta di pensieri sparsi, che non seguono un preciso filo conduttore, ma riflettono stati d’animo intensi e contrastanti, come quelli che molti di noi hanno provato durante il lockdown. L’ha scritta il comico e conduttore televisivo Enzo Iacchetti, che ha intitolato la sua «operina», come la definisce, Non è un libro. Un’autopubblicazione senza casa editrice alle spalle né un prezzo definito di copertina: sarà acquistabile nelle piazze direttamente da Iacchetti che inizierà un viaggio al fianco della Croce Rossa Italiana non appena l’emergenza sanitaria sarà rientrata e si potrà circolare con sicurezza.
Le sue riflessioni abbracciano praticamente un anno, dal 20 febbraio 2020 al 21 marzo 2021. Anche lei ha sofferto per la clausura imposta dal virus. Su che cosa si sono concentrati i suoi appunti?
«Soprattutto durante il primo periodo del lockdown, chiuso in casa insieme al mio cane, Lucino, con me da 9 anni, mi sono accorto che iniziavo a dare i numeri. Ero diventato il parassita di me stesso. All’inizio – e lo sottolineo nel libro anche con passaggi ironici e comici – eravamo tutti contenti di stare in casa per un mesetto. I successivi 30 giorni, invece, sono stati un po’ meno lievi: abbiamo iniziato a capire che nessuno ci diceva la verità. Vivo vicino a un grosso ospedale. Ricordo ancora con angoscia le sirene delle ambulanze che correvano ogni minuto per le strade deserte. Non riuscivo a dormire. È stato allora che le persone molto sensibili – non per forza solo gli artisti – si sono ribaltate su loro stesse a livello emotivo. Io ho visto anche famiglie distrutte. Ho assistito a divorzi. Del resto i problemi non andrebbero sviscerati quando arriva un virus, ma prima. “Andrà tutto bene”, scrivevano sui balconi. Invece sta andando tutto male».
Nel suo libro sogna una grande sfida, un duello tra le vittime della pandemia e il malgoverno. I suoi pensieri si accavallano con quelli del suo cane al punto che riesce a parlargli e a sentire le parole del suo amico fedele a quattro zampe. C’è anche rabbia. Chi o che cosa gliel’hanno provocata?
«In generale è emerso un grande senso di decadenza. Me la prendo proprio con l’umanità decadente intorno a noi. Penso alle tante morti evitabili. Persone cadute come foglie. Molti, tra cui tanti amici, sono scomparsi da soli, senza che potessero stringere le mani dei loro cari. Una condanna insopportabile. E poi, venendo agli ultimi tempi, la questione dei vaccini. Le potenti industrie farmaceutiche pensano ai loro interessi, non certo al bene degli esseri umani».
Non mancano pensieri poetici, come quelli dedicati a medici, infermieri, volontari.
«Mi sono sentito tanto vicino alla loro dedizione. Sono stati lasciati allo sbaraglio senza la minima difesa. Nel frattempo molti politicanti trattavano e facevano affari su dispositivi sanitari mai arrivati o arrivati contraffatti nel nostro Paese».
Come mai ha scelto di autopubblicarsi?
«I pensieri non si pagano, devono essere condivisi per scacciare le solitudini di ogni tipo. Il libro sarà consegnato da me personalmente a chi lo vorrà, nel corso di incontri pubblici nelle piazze con la Croce Rossa Italiana secondo i protocolli di sicurezza, quando la pandemia lo consentirà. Mi piacerebbe partire da Bergamo o da Codogno, comuni duramente colpiti dal Covid nella prima ondata, per dare un segno che abbia un valore simbolico. Ognuno devolverà quello che desidera, da 50 centesimi a 1000 euro».
Ha un obiettivo finale?
«Vorrei riuscire ad acquistare un’ambulanza da destinare ai volontari che più ne avranno bisogno o a qualche paese che ne è sprovvisto. Per un mezzo di trasporto efficiente e attrezzato di tutto punto, con bombole di ossigeno, defibrillatori e altri macchinari necessari, il costo può superare i 100 mila euro. Aggiorneremo di volta in volta chi si è interessato all’iniziativa sulla raccolta delle donazioni, in modo che avvenga tutto in modo chiaro e trasparente».
È vero che in passato ha lavorato in Svizzera?
«Sì, per quattro anni, dal 1973 al 1977. Avevo finito il militare. Avevo trovato impiego presso un’agenzia di viaggi. Speravo mi mandassero in giro per il mondo. Invece, a Lugano, mi hanno messo in un ufficio con dietro il poster dello Sri Lanka, e mi facevano controllare le fatture. Ho resistito per un po’ e poi ho preso la chitarra e me ne sono andato in giro con quella».
Il successo per lei è arrivato in età adulta, a 39 anni.
«Avevo fatto provini con chiunque, a destra e a manca. Maurizio Costanzo fu un grande a capire che avevo tante cose da dire, molto funzionali alla sua trasmissione. Non mi ha aperto una porta: mi ha spalancato un portone, dal 1990 al 1994, facendomi esibire ogni sera, nel suo Maurizio Costanzo Show, con le mie liriche bonsai. Poi è arrivata Striscia la notizia. E lì la mia popolarità è cresciuta tanto».
Ha dichiarato che è molto grato al regista e ideatore di Striscia, Antonio Ricci, e al suo storico partner Ezio Greggio, tanto che almeno una volta l’anno offrirebbe loro una cena.
«Lo sanno, e se ne sono fatte offrire ben più di una, finora, quando ancora si poteva andare nei ristoranti fino a tarda serata. Sono sempre scappati prima che il conto arrivasse!».
Il sodalizio tra lei e Greggio dura da quasi trent’anni. Siete la spalla l’uno dell’altro, vi compensate con equilibrio. Che rapporto avete in privato?
«Siamo fratelli. Ci sentiamo e ci scriviamo. Purtroppo negli ultimi tre mesi ci siamo visti poco anche perché, nel tempo libero fuori dagli studi, facevamo tamponi e poi scappavamo a casa. Non vediamo l’ora di tornare a lavorare in serenità, ad abbracciarci, a ridere, a scherzare, a chiudere la serata dopo il lavoro con una bella cenetta. Siamo semplici, non abbiamo mai fatto una vita da star hollywoodiane».
In passato vi eravate fatti una promessa: “Non dobbiamo mai litigare”. L’avete mantenuta?
«Noi in realtà litighiamo per il calcio, quando gioca l’Inter contro la Juve e viceversa (Iacchetti e Greggio sono tifosi rispettivamente dell’una e dell’altra squadra, ndr). È l’unico motivo di discussione tra noi! Solo che Ezio è più fortunato, perché quando l’Inter perdeva contro la Juve eravamo in onda e poteva “farmi il mazzo”. Ora che l’Inter è primo in classifica (di recente ha vinto il Campionato italiano 2021, ndr) purtroppo non siamo in onda. Ma mi rifaccio al telefono! Ci chiamiamo due o tre volte alla settimana».
A settembre 2019 ha inaugurato a Milano il suo locale “Ciù Ciù – Bollicine Musicabaret”. Com’è la situazione oggi?
«Ciù Ciù, purtroppo, ha chiuso quattro mesi dopo la sua apertura, proprio quando stava diventando un locale tra i più richiesti a Milano. Io sto resistendo a pagare l’affitto. Non ho ricevuto il sussidio statale, in quanto l’anno prima non avevo fatturato nulla, ma avevo solo fatto investimenti per ristrutturare il posto, che può contenere 80 persone. Se dovessi riaprire rispettando le norme sul distanziamento, potrei accogliere 20-25 persone, ma le spese sarebbero le stesse. Preferisco, dunque, aspettare ancora un po’ prima di riaprire, finché non sarà dato il “Liberi tutti”. Avevo messo da parte qualche risparmio e per ora me la sto cavando da solo. Con grinta».