di Manuel Epifani
Sono passati ormai alcuni mesi da quando la parola ‘Coronavirus’ è entrata prepotentemente nelle nostre vite. Inizialmente visto come un ‘problema asiatico’, abbiamo ormai imparato a conoscere e sperimentare sulla nostra pelle questo nemico invisibile e silenzioso, capace di provocare grandi sofferenze e di bloccare l’intero mondo. In pochi giorni le nostre vite sono state stravolte. Ci siamo ritrovati chiusi in casa a dover fare i conti con una realtà inedita, senza che nessuno ci abbia mai preparati a tutto questo. Abbiamo assistito (e continuiamo ad assistere) a immagini terribili, che resteranno impresse nelle nostre menti per molto tempo, mentre continuiamo a stringerci in un abbraccio virtuale con tutti gli operatori sanitari in prima linea. In un attimo, insomma, abbiamo perso inevitabilmente tutte le nostre certezze. Siamo rimasti soli. Alcuni però, più soli di altri. Come ad esempio i nostri studenti all’estero.
Sono migliaia di giovani studenti che, sicuri di affrontare una delle esperienze più belle della loro vita, si sono ritrovati nel bel mezzo di una pandemia globale, lontani da casa e da tutti gli affetti. È il caso di Chiara, una ragazza di 25 anni, originaria di Isernia che si trova a Parigi per un Erasmus. “Quando mi sono resa conto della gravità della situazione, ho avuto un momento di confusione totale. Non sapevo cosa fare e l’ansia ha cominciato a salire. Alla fine però, mi sono fatta forza e ho deciso di restare qui”.

Chiara, come ti senti?
È davvero difficile da spiegare. Se dovessi scegliere un colore per descrivere il mio stato d’animo, sarebbe senza dubbio il grigio. La visione è sempre malinconica e, per quanto cerchi di restare positiva, la lontananza da casa e l’insicurezza sul futuro mi trasmettono ansia. È come se vedessi un filo sottile che divide la realtà e quella che vorrei fosse la realtà. Insomma, fino a pochi giorni fa la mia vita procedeva normalmente come quella di tutti. Avevo salutato la mia famiglia prima di partire, con la sicurezza di poterla rivedere dopo poche settimane. Invece, in pochi giorni, mi sono resa conto che sarebbe passato un po’ prima di poterli rivedere. Ho capito di essere rimasta bloccata in una città che, per quanto bellissima, non è casa mia.
Qual è stato il momento peggiore?
Indubbiamente quando ho appreso la notizia del blocco dei voli. Sai, per me la cosa più bella di quando vivi all’estero, è proprio il momento del ritorno a casa. Quindi non avere la possibilità di poterlo fare mi ha davvero messo in difficoltà. È un po’ come se mi avessero privato della libertà di poter avere la vicinanza fisica dei miei cari. Non è stato facile gestirla come situazione. Mi sono sentita soffocare e ho cercato in tutti i modi di tornare a respirare. Alla fine ce l’ho fatta.
Eppure il modo per tornare a casa, anche attraverso la Farnesina, c’era. Come mai hai deciso di restare a Parigi?
Perché mi è sembrata la cosa più giusta e meno rischiosa da fare. Non è stata una decisione semplice da prendere. Come dicevo la nostalgia di casa è ancora più amplificata e la voglia di ritornare per abbracciare tutti i miei cari è davvero tanta. Però sarebbe stato davvero troppo rischioso affrontare un viaggio in questa situazione. Avrei messo a rischio me stessa e soprattutto la mia famiglia. Era una eventualità per me inaccettabile. Preferisco restare sola ma in sicurezza.
Come vivi queste giornate di restrizione e isolamento?
Ho scoperto il valore del tempo dedicato alla riflessione. Sto apprezzando molto di più tante relazioni e sto imparando a capire quali sono quelle davvero importanti. In questi giorni tante persone mi stanno facendo sentire la loro vicinanza, nonostante l’enorme distanza e ne sono davvero felice. Questo mi fa capire che loro ci saranno sempre, indipendentemente dalle difficoltà. Mi ritengo molto fortunata. E poi credo che, una volta finito tutto questo, impareremo ad apprezzare molto di più la normalità. Il valore di un abbraccio, l’importanza della condivisione, la bellissima sensazione che si prova nel dire alla persona amata ‘non vedo l’ora di vederti ed abbracciarti’. Sono cose che adesso mi mancano davvero e ne sto capendo l’importanza.
Che consigli ti senti di dare a chi è rimasto all’estero come te?
Beh intanto di proteggersi al meglio. E poi la cosa più importante: restare positivi! Dobbiamo esserlo per noi stessi e per tutte le persone che ci vogliono bene. Certo, non è semplice. Bisogna trovare qualcosa da fare e occupare il tempo quanto più possibile. È necessario approfittare di questo momento di lockdown per fare tante cose, tanti progetti che abbiamo lasciato nel dimenticatoio in attesa di avere più tempo. Ecco, ora di tempo ne abbiamo in abbondanza. Io ho ricominciato a dipingere, a fare yoga e soprattutto ho iniziato a suonare il violoncello. Era una cosa che stavo rimandando da troppo tempo e ho finalmente avuto la possibilità di cominciare. Bisogna armarsi di pazienza, di positività e di voglia di tornare alla normalità. È questo l’unico modo che abbiamo per combattere quello che chiamo ‘caos imprevedibile nella sua prevedibilità’.