Intervista a Francesco Renga: “Tutti abbiamo bisogno di speranza”

Di Cristina Penco

Foto di Toni Thorimbert

Dimenticare come forma di protezione e come riparo da una vita che spesso non ci dà il tempo che vorremmo, ma che ci costringe alla fretta. È questo il concetto di “oblio salvifico” che canta Francesco Renga in Quando trovo te (Sony Music), con cui, per la nona volta nella sua carriera, l’artista calca il palcoscenico di Sanremo (dal 2 al 6 marzo). Il brano, scritto da Renga insieme a Roberto Casalino e Dario Faini, racconta del momento in cui quel ricordo felice che ognuno di noi tiene nascosto in fondo al proprio cuore come un tesoro da custodire, al riparo dalla frenesia e dalla confusione della quotidianità, all’improvviso riaffiora potente nelle nostre esistenze. E restituisce loro un senso più profondo e aprendoci gli occhi su una realtà che è migliore di quello che pensiamo.

È riscoprire il piacere delle “piccole cose”, quelle che danno davvero significato alle nostre giornate, anche se spesso lo dimentichiamo: «Lo sguardo dei miei figli e della mia compagna, il profumo della cena in cucina», ha spiegato il cantante in un incontro con la stampa su Zoom. «È ciò che ho imparato a riconoscere quando il mondo si è fermato». Sì, perché l’inizio di questa nuova avventura artistica e sanremese, per Renga, è partito proprio da alcuni scatoloni da cui è riemersa parte del suo passato. «Avevo appena traslocato, eravamo a ridosso del lockdown, nella primavera 2020», ha raccontato ancora Renga. «Lì dentro ho ritrovato i miei vecchi diari di quando avevo 15, 16, 17 anni, quando mi immaginavo poeta! Ho trovato vecchie fotografie e ricordi tangibili, fisici. Questo è stato liberatorio. È venuto fuori il potere salvifico dell’oblio, ma anche il piacere di recuperare memorie nascoste celate dentro di me nel caos di ogni giorno». Tra quelle immagini del passato, la mente e il cuore di Renga corrono «a quando in vacanza in Sardegna mio nonno mi veniva a svegliare alle 6 del mattino per andare a dar da mangiare agli animali. I ricordi ci riportano a situazioni di normalità che ci danno la felicità».

Inevitabile domandargli, in questo viaggio nel tempo, di condividere qualche frammento legato ai suoi Sanremo da spettatore: «Mi ricordo Anna Oxa che sale sul palcoscenico vestita da uomo e canta una canzone che reputo ancora oggi tra le più belle del panorama popolare italiano, Un’emozione da poco. Ho un’immagine in bianco e nero, non chiedetemi perché, forse perché all’epoca non avevamo ancora il televisore a colori! Poi ogni Festival era un rito a casa. Ci mettevamo tutti sul divano a vedere e ad ascoltare le canzoni, si parlava, il momento in cui la famiglia si riuniva davvero e si confrontava. Anche i bambini erano tenuti in considerazione».
E poi l’esperienza in prima persona come uno dei protagonisti in gara: «La prima partecipazione (coi Timoria nel 1991 nella categoria Giovani, dove vincono il Premio della Critica, ndr) è stata la più entusiasmante perché era l’inizio di tutto. Quello che ho mantenuto da allora è la vena di follia che ci aveva portato a quel festival. L’urgenza, la voglia di farmi sentire. Il Sanremo del 2001, quello di Raccontami, è stato il primo da solista. Con Tracce di te nel 2002 per la prima affrontavo la tematica della perdita di mia madre che ritornerà spesso nella mia storia, è stato molto difficile dal punto di vista umano, oltre che artistico, mettersi a nudo su quel palco. La vittoria nel 2005 con Angelo è importante non solo per la vittoria in sé, ma perché ha segnato il mio passaggio da figlio a genitore e padre. Sul palco c’era anche Ambra». Il riferimento è ad Ambra Angiolini, conduttrice e attrice, per 11 anni, dal 2004 al 2015, la compagna di Renga, a cui ha dato Jolanda, 16 anni, e Leonardo, 14, ndr. Parlando dei suoi ragazzi ha svelato il cantante: «Jolanda è un’artista nata, “Leo” è l’altra parte della mia personalità, ovvero un orso, stava in stanza al buio anche prima del lockdown! Sono caratteri molto ben definiti. Saranno una donna e un uomo più sereni di me. Io, invece, ho vissuto il contrasto nella mia personalità in modo più conflittuale».

Ai giovani che saliranno sul palco di Sanremo con lui, Francesco consiglia «di non perdere quella luce che hanno, molto potente, il fuoco, la scheggia di follia, e di vivere Sanremo anche in maniera giocosa, di divertire e divertirsi, altrimenti si rischia una settimana avulsa dal tempo reale del resto del mondo e non deve succedere».

Rieccoci, dunque, alla settantunesima edizione della manifestazione nazionalpopolare più attesa in Italia durante l’anno, una grande festa per la musica e per lo spettacolo da oltre sette decadi. Un evento che inevitabilmente, oggi, in tempo di pandemia, ha un valore ancora più speciale. Ha detto, infatti, Renga: «Tornare a Sanremo non ha mai avuto per me un significato più profondo. Non è solo la gioia di tornare su quel palcoscenico, in quel contesto così importante per la musica e per il mio lavoro. Questa volta significa ricominciare finalmente a farlo, il mio lavoro. Significa ripartire insieme con tutto il Paese. Quest’ultima volta al festival passerà alla storia perché si spera irripetibile, solo Ariston-albergo. Mi mancheranno le cene e le feste dopo le esibizioni».

Nel brano con cui Renga è in gara, Quando trovo te, tra gli aspetti che colpiscono, Francesco dice di sé: “Io… sempre fuori stagione”. «Essere “fuori stagione” per me significa proprio sentirmi inadeguato. Per me è una costante», ha commentato l’artista. «Tranne quando sono sul palcoscenico, quando canto e faccio il mio lavoro, quando riesco a guardare il mio pubblico e ad abbracciarlo, tutto il resto della mia esistenza è stato ed è un tentativo di smettere di sentirmi inadeguato all’esistenza stessa. In generale e nel brano non sono pessimista, anzi. Il mio sorriso è la bandiera dell’ottimismo». Come dargli torto. Non a caso, ha fatto infine notare il cantante, il suo brano è «una canzone felice, lo è anche nel ritmo». A chi lo dedica? «A tutti quanti, perché tutti abbiamo bisogno di speranza».

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