La bassa fedeltà e il linguaggio della politica di consumo

Prof. Barile, Lei è autore di “Politica a bassa fedeltà. Populismi, tradimento dell’elettorato e comunicazione digitale dei leader” edito da Mondadori Education (2019). Partiamo dal titolo del suo libro. Cos’è la politica a bassa fedeltà?

Il concetto di “bassa fedeltà” (low fidelity) è ripreso dai settori creativi, nel campo dell’estetica, per definire una produzione povera rispetto agli standard usuali. In questo senso, il concetto di “bassa fedeltà” oggi riflette bene la natura del legame tra l’elettorato e il politico, confrontato con l’esigenza particolare di autenticità e di empatia da parte degli elettori che sono sempre più volatili. Dunque, nell’attuale scenario politico assistiamo al declino della modalità di comunicazione basata su immagini patinate e artificiali prodotte dai media elettronici e la centralità di una comunicazione tramite strumenti non convenzionali, forse meno razionali e invece più empatici, emozionali, che sottolineano senso di appartenenza e quotidianità.

Quale relazione tra politica a bassa fedeltà e populismo?

Di contro alla democrazia nella sua forma compiuta, ovvero la tecnocrazia che non tollera la spaventosa ipertrofia emozionale, ecco che si sprigiona il populismo con la sua politica a bassa fedeltà. Se analizziamo le figure dei leader populisti in Europa e negli Stati Uniti, è chiaro il loro utilizzo del web e dei social media con effetti che rievocano l’aura delle vecchie tecnologie analogiche, ma oggi riprese dai media digitali.

La politica a bassa fedeltà è propaganda?

Direi, piuttosto, che è un’offerta modulare, perché basata sulle caratteristiche dell’elettorato. In passato la personalità del politico serviva per promuovere il proprio partito. Oggi invece il politico è iperleader, un brand di se stesso, la cui capacità di emergere siede nella sua capacità di gestire e mobilizzare la parte meno razionale degli individui e dei gruppi sociali. Diversamente che nella propaganda, l’obiettivo principale non è il cambiamento delle idee nella testa dell’elettore ma l’allineamento dell’offerta politica ai modelli del consumo, ovvero a ciò che l’elettore desidera (come avevano già intuito i politici della Terza via, da Clinton a Blair).

Come si manifesta la bassa fedeltà nell’attuale scenario politico italiano?

Pensiamo alla presenza costante di Matteo Salvini sui social media indossando felpe geolocalizzate con il nome del luogo che visita oppure mentre mangia cibi locali. L’operazione intende rinforzare il legame con il territorio. Ugualmente, il linguaggio al limite della legittimità democratica e, di recente, l’uso della divisa, solletica l’identificazione con il corpo stesso della nazione ma non nella modalità totalitaria dei vecchi leader di regime. Semmai richiamando paradossalmente l’idea pasoliniana di stare con il poliziotto povero contro lo studente figlio dei ricchi e dunque radical chic. Diversamente da Matteo Renzi, che pur non era un populista dal punto di vista politico, lo era in termini comunicativi, per l’elevata carica amatoriale, informale ed emozionale dei suoi discorsi (ai quali mancava però il legame con il territorio).

Quale ruolo gioca la tecnologia per lo sviluppo della politica a bassa fedeltà?

La tecnologia a base digitale ha permesso una forte polarizzazione sociale tra “noi” e “loro”, “buoni” e “cattivi”. Sul tram, sul bus, sempre: i social media ci permettono di rispondere e commentare fatti ed eventi senza filtro, con pochissime mediazioni. L’effetto, sotto gli occhi di tutti, è l’accrescersi di discorsi dominati da violenza verbale, e una polarizzazione dello scontro politico, che non solo fa uso di schemi comunicativi informali ma gioca anche fortemente con le emozioni e la parte meno razionale degli individui. In questo senso, oggi la politica è divenuta la prima forma di consumo. La già presente polarizzazione determinata dalla crisi finanziaria, quella dei ricchi sempre più ricchi contro i poveri sempre più poveri, in tal modo si sposta su altri piani: quello comunicativo, quello cognitivo, quello politico. Con il risultato di avere un governo bipolare che fa riferimento a classi diverse e che pertanto litiga su tutto.

Prof. Nello Barile, laureato in Sociologia con indirizzo “Comunicazione e mass media” all’Università di Roma “La Sapienza” dove ha inoltre conseguito il Dottorato di Ricerca in Scienze della Comunicazione sotto la tutela del Prof. Alberto Abruzzese. Ha insegnato Sociologia presso lo IED di Roma, Comunicazione audio-visuale presso la Link-Campus Univesrity of Malta e Organizzazione della moda presso la Facoltà Scienze Umanistiche dell’Università di Roma “La Sapienza”. Ha insegnato Media and critical Studies e Political Communication presso l’americana Franklin University of Switzerland e Digital media&marketing presso l’Istituto Marangoni di Milano. È stato Direttore editoriale della rivista scientifica C:Cube. Cultura:Comunicazione:Consumo e ha svolto una ricerca finanziata dal CNR su “Made in Italy come metabrand”. Ha svolto attività di lecturing e visiting presso importanti centri di ricerca internazionali tra cui il Graduate Center della CUNY, l’Università Waseda di Tokyo e l’ECA/USP di San Paolo del Brasile. Tra le sue pubblicazioni recenti “Politica a bassa fedeltà. Populismi, tradimento dell’elettorato e comunicazione digitale dei leader” (Mondadori Education, 2019); Il marchio della paura. Immagini, consumi e branding della guerra all’Occidente (Milano EGEA, Università Bocconi, 2016); Brand Renzi. Anatomia del politico come marca (Milano, Egea, 2014).

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