La bellezza e i colibrì

Si ha un lieve pudore anche soltanto a nominarle, le vacanze, in un momento in cui in modo esponenziale è aumentato il numero delle famiglie che dal COVID-19 in poi di difficoltà ne avrà tante. Per non parlare del senso di rispetto nei confronti di quelle processioni di bare che da un lato vorremmo dimenticare, dall’altro dobbiamo aver salde nei nostri occhi: il rispetto di un dolore concentrato in una manciata di settimane che ha investito il nostro Paese – tra i più colpiti al mondo – in un bilancio ancora aperto e di cui speriamo di essere alle battute finali.  Ma siamo in Italia, e mai come in questo momento appare realistica la frase – spesso abusata – della Bellezza che salverà il mondo. Il mondo, non sappiamo; l’Italia, forse sì.  E, viste le frontiere che da più parti sembrano non doversi riaprire verso i nostri confini, benché in pole position in una ideale gara a uscire da questo maledetto tunnel, pare che a salvarci dobbiamo pensarci da soli, tornando ai tempi in cui le vacanze all’estero erano privilegio di pochi e sapevamo goderci in lungo e in largo, senza allontanarci neanche troppo, il nostro stivale, questo fazzoletto di chilometri quadrati nei quali la concentrazione di ogni tipo di bellezza è la più alta sul pianeta.

Era successo questo con i low-cost, ché viaggiare oltre l’oceano e scavalcare continenti era diventato davvero facile; assemblati come sardine o sommersi di occasioni imperdibili last minute, il mondo era diventato più piccolo, come fosse più semplice raggiungere la più lontana capitale europea che due province nella stessa regione in treno o in macchina.

E adesso – o, almeno, per i prossimi tempi? I solchi nel cielo delle scie degli aerei sono bell’e cicatrizzati. Sarà difficile vederli numerosi come pochi mesi fa, disegnati nei sentieri che si intersecavano nel cielo come bianche autostrade, un po’ per i prezzi che si annunciano altissimi, un po’ per la paura della pandemia. Il premier Conte ha invitato gli italiani a trascorrere le vacanze nel nostro Paese, gustandone le meraviglie, oltretutto in questi mesi condivise di continuo sui social in video strappalacrime in cui la magnifica Italia è stata ripresa e celebrata nella sua virginea bellezza, intonsa da chiasso, folle, lattine e cartacce.

Ci auguriamo pace e quiete, tra i sentieri di montagna, tra le viuzze dei borghi, alla scoperta di bellezze e sapori antichi ma anche di storie e percorsi che ristorano l’anima, a piedi e anche in bicicletta; e i parchi letterari di cui la penisola è costellata sono una delizia per i palati dei bibliofili.  Ma, ahimè, l’Italia è il Paese dove si legge meno; e di percorsi ciclabili al sud non c’è proprio abbondanza (mentre citiamo, una per tutte, VenTo – 679 km di pista ciclabile lungo il Po tra Venezia e Torino).

D’altra parte, dopo una clausura di tre mesi non sarà una corsa a prenotare eremi o ruscelletti dalla gran parte di chi anche solo qualche giorno di vacanza se lo potrà permettere. Saranno gli ombrelloni, i villaggi turistici, le città d’arte, il sole e le spiagge per far sguazzare i bambini, e per ritemprarci noi, ad attrarci, ad attrarre la movida. Non tutti amano il mare, lo sappiamo, e l’occasione di risparmiare le solite mete dagli assalti di massa e distribuire parte del turismo su mete da scoprire o riscoprire è auspicabile, magari con futuri piani di promozione anche in sinergia con le comunità degli italiani all’estero.

Più del trenta per cento di alberghi, ristoranti e bar non sta riuscendo a riaprire.

La prospettiva di accessi dilazionati nei locali riuscirebbe in pochi casi a ricoprire i costi delle aperture, laddove nei locali gli assembramenti erano la normalità, comprese le attese all’ingresso. E le misure per consentire la condivisione in sicurezza, chiamiamola una pseudo-movida, costano, e anche parecchio. Venezia prevede un miliardo di perdite.

Ma in qualche modo dobbiamo riuscire a farcela. Il turismo è fatto anche degli artigiani e dei souvenir, dei parcheggiatori, degli ambulanti, dei produttori delle eccellenze gastronomiche, degli artisti, del personale stagionale, delle guide turistiche, delle tasse di soggiorno… e andremmo avanti a oltranza. Dobbiamo davvero aiutarci tra noi. La bellezza che può salvare l’Italia da sempre è anche nel coraggio, nell’intraprendenza, nell’inventiva e nella capacità di trasformare in risorse le sventure. Ma questa è davvero pesante e le risorse finanziarie assai limitate per chi deve provare a rimettersi in gioco e contribuire a risollevare l’intero Paese. Meglio il costume da bagno nel negozio sotto casa che online, intanto, e un gelato passeggiando con gli amici scostando un po’ la mascherina e poi rimettendola. Tutto comincia – o ricomincia dai piccoli passi. Siamo come il colibrì che con una goccia vuole spegnere l’incendio. Ma siamo tanti.

 

 

 

 

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