La bellezza è unione e armonia di tutte le culture

Dall’evoluzione della specie all’incrocio dei popoli: il “bello” spiegato dalle neuroscienze

di Maria Moreni

La bellezza salverà il mondo”, afferma il principe Miškin nell’Idiota di Fëdor Dostoevskij. È una frase che sentiamo ripetere spesso, applicata, per esempio, alle meraviglie della natura, dell’arte e della cultura. La concezione del “bello”, del resto, fin dalle concezioni filosofiche più antiche, ha con sé non solo una componente estetica, ma anche una valenza etica.

“Esiste una bellezza oggettiva riconoscibile dal nostro cervello ed esiste parallelamente una evoluzione culturale che può far variare alcuni parametri estetici”, spiega Enrico Grassi, coordinatore nazionale del gruppo di studio Neuroscienze del comportamento della SNO (Società dei Neurologi Neurochirurghi Neuroradiologi Ospedalieri italiani) e SOC (Struttura Organizzativa Complessa) Neurologia dell’Ospedale di Prato.

Tuttavia, la bellezza non sarebbe un’idea meramente astratta così come si sarebbe portati a pensare. In tempi molto recenti, infatti, si è compreso che questo concetto affonderebbe le sue radici nel cervello, in particolare in un’area deputata a elaborare le emozioni.

Ha spiegato, infatti, il neuroscienziato: “La bellezza, a livello scientifico, attiva un circuito dopaminergico attraverso stimoli molto diversi. In uno studio diventato molto famoso di Semir Zeki, uno dei padri della neuro-estetica, professore di neurobiologia alla University College di Londra, i ricercatori facevano vedere delle opere d’arte ai soggetti sottoposti all’esperimento”.

Secondo quanto risultava dalle analisi, ha proseguito l’esperto, “il ‘bello’ stimola un’area del cervello, più precisamente la corteccia mediale orbito-frontale. Le cortecce prefrontali sono la parte del cervello che probabilmente ci differenza di più dai primati e che si sono maggiormente sviluppate nell’uomo durante la nostra evoluzione. Questa gratificazione generata dinanzi la bellezza è anche uno dei motori motivazionali che ha spinto l’umanità per secoli”.

Le affascinanti suggestioni visive e sensoriali della natura, per esempio, donano un benessere generale. Come ha spiegato sempre Grassi, in una ricerca che risale agli anni Ottanta, pubblicata su ‘Science’, si è analizzato il decorso post operatorio tra pazienti colecistectomizzati a seconda di come erano posizionati nell’ospedale i letti di degenza.

“I soggetti che avevano il letto rivolto verso le finestre, con vista sul parco circostante, avevano un minor tempo di degenza e un minor utilizzo di antidolorifici rispetto ai pazienti il cui letto era rivolto verso il muro a parità di intervento chirurgico”.

La bellezza è anche quella della musica, che viene usata nella cura di molte malattie neurodegenerative. Un tema, questo, che sarà al centro di un congresso della SNO in programma a Firenze dal 27 al 30 settembre 2023 e dedicato alle neuroscienze italiane e al loro ruolo strategico nell’ambito clinico assistenziale.

“Il nostro sistema centrale ha una predisposizione naturale verso il linguaggio musicale”, ha commentato Grassi. “È profondamente legato alla sfera delle emozioni e può bypassare il sistema cognitivo. La musica ha anche un legame con il movimento: l’ascolto della musica va direttamente sulle strutture che fanno un ruolo centrale per il movimento, anche nei pazienti con difficoltà motorie”.

Ci sono indagini scientifiche che hanno evidenziato “una riattivazione di alcuni circuiti neurali grazie alla musica, usata come passe-partout per riattivare il movimento”.

Un altro punto che il neuroscienziato ha sottolineato riguarda, poi, una concezione di bellezza che, lungi dall’essere omologazione, è spesso il risultato di mix virtuosi grazie alla ricchezza della diversità, nonché elemento di trait d’union che dovrebbe favorire l’uguaglianza e abbattere le discriminazioni.

“Oggi vorrei dire che una maggior combinazione genetica con incrocio di popoli e culture diverse significa maggior salute, e quindi anche una maggior bellezza”, ha concluso il neuroscienziato. “Un ammonimento che ci dovrebbe guidare anche su politiche socio-ambientali più illuminate“.

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