La giornata del ricordo, monito per l’intera umanità

Con parole commoventi e con un appello contro il negazionismo su quanto avvenuto in Istria, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha anticipato sabato scorso la commemorazione del “Giorno del ricordo” – che si celebra il 10 febbraio – istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004 per «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».

Conservo nella memoria le immagini nitide di quei giorni nel 2004, anche per il mio ruolo di Segretario Generale del CGIE e per i tanti messaggi che mi giungevano dalle rappresentanze delle comunità italiane emigrate, in particolare da quelle che avevano vissuto “il grande esodo”. Dall’iter e dal dibattito parlamentare su quel testo di legge, istituita a larghissima maggioranza, emerse per la prima volta la volontà di superare le contrapposizioni rigide sulla tragedia delle Foibe, che seminò orrore e violenze terrificanti presso le nostre popolazioni italiane, a lungo rimossi, e la consapevolezza che l’identità di un popolo si fonda sulla memoria; ed il valore della memoria consapevole e condivisa rappresenta il fondamento su cui costruire un futuro poggiato su basi solide.

«Oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi», questo l’appello lanciato dal Presidente Mattarella, che ha aggiunto «Si trattò di una sciagura nazionale alla quale i contemporanei non attribuirono – per superficialità o per calcolo – il dovuto rilievo.  Questa penosa circostanza pesò ancor più sulle spalle dei profughi che conobbero nella loro Madrepatria, accanto a grandi solidarietà, anche comportamenti non isolati di incomprensione, indifferenza e persino di odiosa ostilità».

Ed è proprio l’indifferenza il nemico da battere e che ci deve spingere ad essere ancora più determinati nel combattere la violenza degli uomini su altri uomini. Nel giorno del ricordo è necessario ribadire quanto la “guerra” sia infausta portatrice di lutti e stragi incancellabili dalla memoria.  Dobbiamo ricordarlo sempre e trasmettere alle giovani generazioni quegli elementi di conoscenza storica atti a renderli consapevoli della ferocia degli uomini in alcuni momenti drammatici della vita dell’umanità, affinché tutto ciò non accada più. Nella pace i figli seppelliscono i padri, nella guerra i padri seppelliscono i figli!

Il “Giorno del ricordo” segue a breve distanza dalle commemorazioni del “Giorno della memoria” (27 gennaio), la ricorrenza internazionale istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2005, in occasione del sessantesimo anniversario della liberazione dei campi di concentramento di Auschwitz e Birchenau. Il “Giorno della memoria” rievoca ogni anno i tragici avvenimenti dell’Olocausto, che hanno segnato in profondità la società e la storia del secolo scorso e del nostro tempo: ancora oggi, è difficile trovare le parole per esprimere lo smarrimento e l’orrore della coscienza umana di fronte all’Olocausto, una tragedia che ha colpito l’intera comunità dei popoli nei suoi più sacri valori. E tuttavia – la storia ce lo insegna – le tragedie si dimenticano in fretta e i rigurgiti nazionalisti che da alcuni anni minacciano la stabilità democratica e la pace nei Paesi che hanno vissuto la tragedia della seconda guerra mondiale sono sempre più palesi.

“Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo” ammoniva Primo Levi, il grande scrittore e testimone della Shoah. Quanta distanza tra le parole di Sergio Mattarella e le dichiarazioni divisive di Matteo Salvini – “Onore ai martiri massacrati dai comunisti” – che infiammano gli animi e contrappongono il dramma delle foibe, una vendetta verso degli innocenti, ai campi di concentramento nazi-fascisti in territorio jugoslavo: anche in quei campi morirono di fame e di stenti decine di migliaia di donne con i loro bambini e gli anziani. Il “Giorno del ricordo” deve richiamarci tutti alla pacificazione e alla umana misericordia anziché a protrarre lo scontro che non cessa mai, al solo scopo di lucrare sul consenso politico.

I nuovi nazional-sovranisti vorrebbero rimettere indietro l’orologio della storia, riportarlo al tempo della Guerra Fredda perché “il mondo era più facile da capire, perché, per così dire, esistevano solo due poli”. Anche se la pianificazione politica era fondamentalmente meno complessa e le sfide da affrontare meno imponenti, quello era un mondo diviso in due: uno libero e l’altro oppresso, e vivevamo un periodo di incertezze costanti con la minaccia di una nuova guerra mondiale.

Il caos politico esploso in Turingia dopo l’elezione a Governatore di Thomas Kemmerich con i voti determinanti della destra estrema “Allianz für Deutschland” (Afd), ha moltiplicato le preoccupazioni di molti Governi europei per la crescente ostentazione nazionalistica in Germania, contrapposta all’Unione europea. I tedeschi, ma anche altri – come ammoniva Helmut Kohl una diecina di anni fa – devono tenere sempre in considerazione la loro eredità storica e il suo significato, poiché hanno una responsabilità particolare.

 

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