La riforma dell’AVS di nuovo nell’occhio del ciclone

Con una maggioranza piuttosto inusuale (il 66,4% percento dei votanti si è pronunciato per il “sì”), il 19 maggio 2019 il popolo svizzero ha approvato la legge federale del 28 settembre 2018 riguardante la riforma fiscale e il finanziamento dell’Assicurazione Vecchiaia e Superstiti (AVS). Nell’acceso dibattito che per alcuni mesi ha preceduto il voto, era stata sottolineata ampiamente – in particolare dal Consiglio federale e dalle forze politiche favorevoli al sì – l’urgenza di stabilizzare l’AVS (AVS 21) a fronte del progressivo deterioramento del suo stato finanziario. I due miliardi di franchi supplementari che confluiranno nel primo pilastro nel quadro della riforma fiscale adottata dal popolo consentiranno, a partire dal 2020, di ridurre il deficit e garantire la “tenuta” del fondo di compensazione AVS come prescrive il dettato della legge. Pannicelli caldi, dunque, in attesa d’interventi che incidano sull’elevato deficit di finanziamento, pari a 26 miliardi di franchi. La nuda e cruda realtà dei numeri dice, infatti, che negli ultimi cinque anni le entrate generate dai contributi versati dagli assicurati e dagli enti pubblici sono largamente inferiori al fabbisogno occorrente per le uscite: nel 2018 il deficit di ripartizione è stato pari a 1,039 miliardi di franchi.

Lo scorso 3 luglio, il Consiglio federale ha adottato le misure che daranno corpo alla riforma AVS 21 per mantenere ad un livello adeguato le rendite e assicurare l’equilibrio finanziario del primo pilastro fino al 2030. La palla passa ora al Dipartimento federale dell’interno che entro la fine di agosto dovrà presentare il disegno di legge e il messaggio all’indirizzo del Parlamento.

Stante gli impegni assunti prima della già citata votazione del 19 maggio scorso, le misure approvate dal Consiglio federale sul versante delle uscite puntano sostanzialmente
– a innalzare l’età pensionabile delle donne da 64 a 65 anni, una scelta che sarà accompagnata per nove anni da misure compensative;
– a flessibilizzare ulteriormente la scelta del prepensionamento o del suo rinvio, che in caso di approvazione della legge oscillerà tra i 62 e i 70 anni. Inoltre, sarà possibile anticipare o rinviare il pensionamento parziale della rendita AVS. In caso di rinvio del pensionamento scatterano alcune tipologie di incentivi aggiuntivi rispetto alla prassi attuale;
– le summenzionate misure avranno vigenza anche per la previdenza professionale.

Sul versante delle entrate, invece, le misure deliberate dal Consiglio federale prevedono un aumento dell’IVA di uno 0.7% al massimo, in favore dell’AVS. Con la manovra su entrambi i fronti finanziari, il Consiglio federale calcola una riduzione dei costi dell’assicurazione di circa 2,8 miliardi (nel 2030) e dunque una stabilizzazione del quadro finanziario.

Ma sotto la cenere cova la brace! Subito dopo l’approvazione della riforma fiscale e il finanziamento dell’AVS, infatti, le forze politiche hanno lanciato la sfida per una diversa riforma del primo pilastro. In particolare le iniziative lanciate dai giovani Verdi-liberali e i Giovani del PLR (Partito Liberale Radicale) – con soluzioni differenziate – hanno fatto parlare molto di sè in questi ultimi giorni e settimane.

I Giovani Verdi-liberali propongono una riforma del primo pilastro che punta all’abolizione della rendita AVS per i pensionati ricchi al di sopra di una fascia di reddito o di sostanza prestabilita – puntando forte su un principio basilare dell’AVS stessa, la ridistribuzione della ricchezza – e l’innalzamento dell’età pensionabile fino a 67 anni. Per quanto concerne tale aspetto, che colpirebbe in eguale misura uomini e donne, l’età di accesso alla pensione sarebbe elevata a gradini, ovvero scatti di 3-4 mesi ogni anno, fino al traguardo dell’età pensionabile a 67 anni, e dunque un aggancio all’aspettativa di vita che in Svizzera è tra le più alte d’Europa. La proposta mantiene, in ogni caso, i criteri di pensionamento flessibile oggi vigenti.

La proposta di riforma dell’AVS dei Giovani Liberali – lanciata a fine maggio a Zurigo e discussa nel congresso straordinario del partito a fine giugno – prevede invece l’elevamento dell’età pensionabile a 66 anni per uomini e donne, da realizzarsi a tappe ravvicinate (tappe mensili) e in un secondo tempo l’adeguamento “automatico” dell’età pensionabile allo stato delle riserve del fondo AVS. Per la sostenibilità del progetto, che confluirà nel lancio di un’iniziativa popolare, i Giovani liberali prevedono – tra le quattro varianti presentate – anche l’aumento di un punto percentuale dell’IVA.

La riforma del primo pilastro ha dunque acceso ancora una volta la miccia di uno scontro che dominerà la politica nei prossimi mesi. Il progetto di riforma dell’AVS partorito dal Consiglio federale è già da alcune settimane esposto al fuoco incrociato della destra e della sinistra: i primi sostengono che costerebbe troppo, gli altri si oppongono categoricamente all’età pensionabile delle donne a 65 anni, mentre sulla riforma del secondo pilastro (LPP) s’intravede la possibile convergenza tra le forze di centro e di sinistra. D’altronde, la genetica propensione del sistema politico svizzero alla ricerca del compromesso giocherà un forte ruolo anche in questo caso. Con i rischi che vi sono insiti: nel 2017 in Parlamento alla fine fu trovata una maggioranza risicata, ma il popolo disse no al progetto di riforma dell’AVS.

L’iniziativa dei Giovani Verdi-Liberali e dei Giovani del PLR metterà probabilmente la politica e il popolo di fronte a scelte complesse che riguardano il futuro del primo pilastro e le pensioni delle future generazioni. Ma in questa discussione c’è un silenzio assordante su un aspetto incontestabile: tantissimi pensionati sono in difficoltà a causa dell’alto costo della vita in Svizzera, del peso del fisco e del costo della salute (le assicurazioni malattia di questo passo fra qualche anno saranno impagabili), tanto per citare alcuni esempi che non possono ulteriormente sfuggire al sistema politico.

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