La rinascita dei nazionalismi in Europa

Mi soffermo spesso davanti a un grande crocefisso durante le mie camminate solitarie in una campagna stupenda che declina verso le case dei paesi limitrofi come in un quadro di Paul Bril. Un’immagine idilliaca che si scontra crudelmente con il monito posto alla base della statua, che ricorda la battaglia di Villmergen del 24 gennaio 1656: “nelle primissime ore del mattino qui si scontrarono i Freiämter e i lucernesi con le truppe bernesi. Centinaia di caduti, soprattutto del Vallese, sono seppelliti nei campi circostanti”. Una battaglia cruenta tra i cattolici e i riformati, di cui si ha traccia nel celebre quadro di Franz Ludwig Raufft custodito al museo storico di Lucerna.

Davanti a quel monito non mi chiedo quanti campi europei come quelli di Villmergen custodiscono la follia collettiva che nei secoli ha insanguinato il nostro continente con guerre spaventose e spesso interminabili; mi chiedo, sopra ogni cosa, quanto sia viva la memoria, quanta consapevolezza vi sia nelle generazioni odierne di quelle tragedie. E non riesco a darmi una risposta confortante. So, tuttavia, che i rigurgiti di nazionalismo in Europa sono minacciosi e che di fronte al pericolo dovremmo tutti fare esercizio di memoria.

“Avevi ragione sulla guerra” – dice la bellissima Cate Blanchett al suo amato Peter nel film Charlotte Gray – “ci stravolge tutti e gli altri li uccide”. E Peter di rimando “ci vuole tempo per riprendersi… non è una cosa… è uno sconvolgimento, comunque non ho mai smesso un istante di pensare a te”. Ed è lo “sconvolgimento” che deve far riflettere sulla rinascita dei nazionalisti in Europa, che da alcuni anni gonfiano il petto e crescono nella sottovalutazione generale.

E come la storia maestra insegna, l’azione si accompagna alla violenza verbale e fisica. Soprattutto verso gli organi d’informazione che hanno il coraggio di denunciare, di difendere i valori di libertà e democrazia, di non chiudere gli occhi per ragioni di fatturato o di competizione o di quieto vivere. In Italia poche voci convinte si sono levate a difesa del quotidiano Repubblica, attaccato con disprezzo inaccettabile da Matteo Salvini; tralasciando le minacce di morte, anonime, al suo ex direttore Carlo Verdelli.

Il nazionalismo si sta manifestando nel cuore delle democrazie europee. L’attacco alla troupe televisiva di “Heute-Show” – il programma di satira politica della ZDF tedesca – perpetrato con violenza estrema il 1° maggio a Berlino da un manipolo di facinorosi, è l’ultimo degli esempi vergognosi d’intimidazione all’informazione libera e democratica. Dopo la fine del nazifascismo, abbiamo creduto che la democrazia fosse cementata nel granito, che la libertà di pensiero e di espressione fosse conquistata per sempre. Il ritorno dei nazionalismi ci dimostra che non è così: la democrazia è in pericolo e i governi democratici faticano a prendere le misure con decisioni coraggiose, per calcolo politico o per timore di perdere voti, rinunciando a difendere le conquiste nate dalle ceneri delle tragedie del novecento.

Sarà perché il Covid-19 assorbe tutte le attenzioni degli organi di polizia e delle istituzioni, ma mai come ora in rete vi è stata una presenza così intensa di fascismi e nazionalismi; principalmente in Italia, nonostante il reato di apologia del fascismo. Ed è difficile accettare che Steve Bannon – lo stratega del populismo e del sovranismo – abbia messo radici in Italia per creare la sua “internazionale populista”. Dovrebbero chiederselo gli ingenui che candidano la destra d’ispirazione fascista ad un ruolo di primo piano e gli italiani che non hanno conosciuto “purga e manganello”.

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