La siccità è la pandemia che nessuno vuole curare

Gli ultimi anni sono stati e continuano ad essere molto difficili.

Da un lato il Covid19 che con tutte le sue varianti ci sta ancora funestando, e dall’altro la guerra tra Russia e Ucraina che sta coinvolgendo tutto il mondo.

Diremo per inciso, con l’impegno a parlarne diffusamente nei prossimi numeri, che dietro l’angolo si prepara una recessione importante e anche di questo occorrerà tenere conto.

Eppure, quello che davvero dovrebbe atterrirci ci lascia ancora troppo tiepidi.

L’estate 2022 si annuncia come una delle più calde di sempre con danni irreparabili a mari, fiumi, laghi e raccolti.

Ne è esempio paradigmatico il nostro povero Po che vive la più grave secca dal secondo dopo guerra tanto che più di 100 comuni limitrofi hanno chiesto l’interruzione dell’erogazione d’acqua potabile nelle ore notturne. Nella medesima situazione la California, orfana dell’acqua della Sierra Nevada e molte regioni tra l’Africa e l’America del Sud.

Il problema è che, nonostante i proclami, le denunce e le manifestazioni, i Paesi non possono o non vogliono prendere seriamente in considerazione l’adozione di provvedimenti per contrastare il cambiamento climatico e presto, secondo quanto affermato da Mami Mizutori, rappresentante speciale del segretario delle Nazioni unite per la riduzione del rischio di catastrofi, la siccità è sul punto di divenire la prossima pandemia e per essa non ci sono vaccini”.

Le prove di quanto affermato sono nelle oltre duecento pagine del rapporto sulla siccità 2021 redatto dall’UNDRR (ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di catastrofi): almeno un miliardo e mezzo di persone sono state affette direttamente da mancanza di acqua in questo secolo. Il costo economico stimato è di circa 124 miliardi di dollari. Ma, appunto, il reale prezzo pagato è presumibilmente molto più alto, visto che le stime non tengono conto dell’impatto sui cosiddetti Paesi in via di sviluppo.

Ed ecco il limite: quando si parla di scarsità di acqua si pensa a qualcosa che non ci riguarda. Eppure, la siccità, come i “mali” molto seri, è trasversale: in pratica è globalizzata, così come lo è ogni pandemia. 

Stati Uniti, Australia e il sud dell’Europa ne sono stati colpiti duramente negli ultimi anni: soltanto negli USA la siccità sta causando danni economici pari a circa sei miliardi di dollari l’anno; per nove miliardi in Europa. E i danni non riguardano solo il settore agricolo, perché gli effetti della scarsità di risorse idriche impattano sul turismo, trasporti, industria e la produzione di energia elettrica.

I dati sulla siccità

Dando qualche dato, si è stimato che la frequenza, durata e intensità della siccità sono in costante crescita a causa del cambiamento climatico. Nel 2020 fino al 19% della superficie terrestre globale è stata colpita da siccità estrema: un valore che tra il 1950 e il 1999 non aveva mai superato il 13%. Secondo le stime delle Nazioni Unite, di questo passo i 3,6 miliardi di persone che oggi vivono in aree con scarsità d’acqua per almeno un mese all’anno, diventeranno 4,8 miliardi entro il 2050. E ad ogni aumento di un grado della temperatura media globale corrisponde una riduzione delle rese agricole: grano -6%, riso -3% e mais -7%. Insomma, la crisi alimentare mondiale di quest’anno potrebbe diventare cronica.

Il valore dell’acqua

E se la secca del Danubio non ha scatenato conflitti, in Africa la Grande Diga del Nilo Blu è motivo di guerra tra Etiopia ed Egitto, mentre tensioni forti si registrano anche tra il Messico e gli Stati Uniti per la redistribuzione delle acque – sempre più scarse – tra gli agricoltori messicani e quelli nordamericani.

Ora occorre leggere i fenomeni non in maniera isolata: se manca l’acqua e manca il cibo, è chiaro che i fenomeni migratori saranno in aumento e da qui l’impennata di disagio sociale ed economico generalizzato. Eppure, nonostante a novembre, la COP26 (La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021) abbia rilanciato lo sforzo internazionale per la lotta al cambiamento climatico, nulla o molto poco è avvenuto.

Soltanto 94 paesi su 196 hanno presentato nuovi piani climatici, ma insieme rappresentano solo il 22% delle emissioni globali. L’impegno a ridurre gradualmente i sussidi ai combustibili fossili si è tradotto in un loro aumento nel 2021. Così come quello per fermare entro il 2030 la deforestazione che in Brasile è aumentata del 69% nel 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Gli esperti ripetono ormai da anni che occorre aumentare gli sforzi per contenere il riscaldamento globale e i suoi effetti: le modifiche nei cicli di precipitazione causati dalla crisi climatica sono certamente tra le prime cause della siccità. Di contro gli stessi studiosi avvisano che è necessario anche rivedere i sistemi di approvvigionamento delle acque. Secondo l’Onu, l’uso intensivo e inefficiente della risorsa per l’agricoltura intensiva e l’allevamento, il degrado della terra attraverso l’uso di troppi pesticidi e fertilizzanti e la deforestazione sono tra i principali problemi da affrontare, in fretta.

I governi devono agire perché, se non si riformano e regolamentano i metodi di estrazione, stoccaggio, uso e distribuzione dell’acqua, la siccità diventerà una costante e con essa la fame, la migrazione e la povertà.

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