La Svizzera ha bisogno di 83mila nuovi lavoratori tra ingegneri, elettricisti e tecnici

Secondo il centro di ricerche Bak Economics, l’economia elvetica necessita di nuova manodopera specializzata da assumere entro il 2031

Il mercato del lavoro, in Svizzera, è caratterizzato da due macro-tendenze, importanti sia per gli imprenditori che per i lavoratori. Si tratta del cambiamento demografico e del progresso tecnologico.

Nel prossimo decennio, per il comparto, legati a questi fenomeni non mancheranno nuove sfide, ma anche opportunità inedite, che si svilupperanno in modo diversificato, come sottolinea il centro di ricerche Bak Economics, con sede a Basilea.

Di recente è uscito un nuovo report dell’istituto, intitolato ‘Monitor della manodopera qualificata’. Un aspetto che emerge è che, nel territorio elvetico, le industrie metalmeccaniche e le imprese attive in campo elettrico sono alla ricerca di 83mila nuovi lavoratori.

La futura, ma imminente carenza di manodopera deriva dalla percentuale di nuovi pensionamenti nonché dalla crescita dell’occupazionale prevista per i prossimi anni”, si legge nella relazione.

E ancora: “Questo gap può essere colmato in particolare attraverso l’aggiornamento professionale, la formazione, il pensionamento posticipato o, in singoli gruppi professionali, con un maggiore utilizzo della digitalizzazione. Altri gap esistenti devono essere colmati attraverso l’immigrazione e l’impiego di lavoratori frontalieri”.
Una considerazione, quest’ultima, che interessa anche molti italiani pronti ad andare oltreconfine per ragioni professionali. 

Sempre in base all’analisi di Bak Economics, la futura carenza di personale nelle industrie MEM (quelle che operano settore meccanico, elettrotecnico e metallurgico) è superiore alla media relativamente alle figure di direttori generali, specialisti ICT (specializzati in tecnologie dell’informazione e della comunicazione), direttori di produzione e quelli commerciali, economisti aziendali, professioni scientifiche (compresi gli ingegneri e i matematici), elettricisti e tecnici elettronici.

In termini assoluti, la domanda che riguarda metalmeccanici, politecnici e meccanici di produzione, da inserire, in aggiunta, nell’organico aziendale, è la più elevata, con circa 14mila dipendenti, seguita dagli specialisti in ingegneria (6.700).

In media, attualmente, in tutte le professioni delle imprese considerate, si calcola ci siano 100 posizioni vacanti a fronte di 90 disoccupati, il che significa che ci sono più posti di lavoro disponibili che persone in cerca di un’occupazione.

Nel caso degli specialisti ICT, ci sono solo 16 disoccupati ogni 100 posti vacanti. “C’è quindi una sostanziale eccedenza di domanda”, commentano gli esperti di Bak Economics.

Per il personale generico di ufficio e di segreteria, invece, vale il contrario: si contano 252 disoccupati ogni 100 posti vacanti. “Questa discrepanza indica un mismatch (disequilibrio, ndr) sul mercato del lavoro, suggerendo la necessità di una riconsiderazione delle competenze richieste e delle strategie di collocamento”, sottolineano ancora gli analisti dell’istituto di Basilea. Anche le professioni scientifiche (compresi gli ingegneri e i matematici) e i manager della produzione registreranno una crescita significativamente superiore alla media.  

Quasi un dipendente su cinque nel settore industriale (19%) andrà in pensione entro il prossimo decennio. “Si tratta di un aumento di quattro punti percentuali rispetto a dieci anni fa (15%), che riflette l’invecchiamento della società. La percentuale più alta di nuovi pensionamenti tra gli attuali dipendenti si registra tra gli amministratori delegati. Più di uno su quattro dovrà essere sostituito (o posticipare il pensionamento) entro 10 anni”, è la conclusione riportata nel report.

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