LE CORBUSIER PRIMA DI LE CORBUSIER

Il disegno anzitutto

di Andrea Foppiani

Chi non ha mai, almeno una volta, da un amico architetto, scorrendo le pagine culturali di una rivista o il dito sullo schermo dello smartphone, sentito nominare Le Corbusier, il mostro sacro dell’Architettura del XX secolo, per non dire dell’intera Modernità? Sulla sua geniale figura di architetto, designer, pianificatore si è tanto scritto, raccontato e tramandato da farne quasi un’icona pop, un must della cultura di massa; del resto ogni studente di Architettura del primo anno non può che cadere vittima del fascino del suo “gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi assemblati nella luce*”. Ma Le Corbusier non è sempre stato Le Corbusier e non è nemmeno sempre stato architetto, almeno non in principio. L’educazione di Charles-édouard Jeanneret-Gris, nato al 38 di rue de la Serre a La Chaux-de-Fonds il 6 ottobre 1887, iniziò con altre intenzioni: iscritto alla scuola d’arti applicate della città natale, era ad un futuro da pittore e disegnatore che questo giovane esuberante ambiva. Ed è proprio a questo primo periodo nella formazione del grande Architetto, tra il 1902 e il 1916, che l’Accademia di Architettura di Mendrisio sta dedicando una mostra.

I disegni giovanili di Le Corbusier. 1902 – 1916” avrà luogo fino al 24 gennaio 2021 presso il Teatro dell’Architettura dell’USI, ospitando una rassegna di oltre ottanta disegni originali, tuttora inediti, del periodo di formazione che ha portato il giovane Charles Jeanneret a diventare il grande Le Corbusier. Se infatti si può essere certi di un suo tratto caratteristico, ad ogni età ed in ogni ambito, non si può che riferirsi all’amore per il disegno: dallo schizzo impulsivo e sintetico su carta, ai bozzetti pittorici e alle altre varie e numerosissime manifestazioni artistiche che contraddistingueranno la vita di Le Corbusier dai primi anni del Modernismo fino agli interni del suo Cabanon. 

Tuttavia, con un taglio innovativo nel modo di porsi nei confronti del Personaggio-Le Corbusier, la mostra sceglie di focalizzarsi sui presupposti della sua successiva carriera, raccogliendo da collezioni private francesi e svizzere, oltre che dalla Fondation Le Corbusier di Parigi, tutta una serie di opere che precedono il definitivo trasferimento in Francia e l’apertura dello studio parigino di architettura. Attraverso questa collezione di disegni scopriamo via via l’acuirsi dell’interesse del giovane svizzero per l’osservazione e la restituzione della realtà attraverso tale meccanismo: un modo per avvicinare e racchiudere il significato del paesaggio, del manufatto, del corpo umano. Dagli studi sulla natura compiuti durante i primi anni di scuola (1902-1905), caratterizzati da piccoli ma meticolosi disegni a matita e acquerelli di paesaggi, ai suoi soggiorni e viaggi iniziatici prima nelle capitali europee, poi verso la Grecia e l’Oriente (1907-1911), fino al suo ritorno in Svizzera (1912-1916). Charles Jeanneret riempie taccuini su taccuini con schizzi di poche vibranti linee, sintesi al contempo lirica ed indagatoria delle più grandi architetture della storia antica, testimonianza fisica, meccanica del suo processo di apprendimento e assimilazione profonda di quanto osservato. La memoria del giovane artista registra le rovine dell’Acropoli, i minareti di Santa Sofia, per poi ritornare ai paesaggi della Svizzera e allo studio del nudo femminile. Del resto, come scrisse Viollet-le-Duc nel secolo precedente “disegnare è il modo migliore per sviluppare la mente e dare forma al giudizio, perché in tale modo ciascuno impara ad osservare, e osservare è conoscere”.

Ed è durante questi viaggi che Le Corbusier prende forma dentro il corpo di Charles Jeanneret, spinto da mentori in grado di costruire un ponte tra pittura, arti applicate e architettura; approcciando nuove esperienze negli atelier di maestri come Auguste Perret a Parigi (1908-1909) e Peter Behrens a Berlino (1911); sempre sotto un comune denominatore: il continuo movimento della mina sulla carta, l’applicazione del colore, la traccia di linea dopo linea, dall’occhio alla mente e di nuovo all’occhio. 

La mostra, composta da più sezioni, ripercorre proprio questo viaggio: itinerario spaziale, temporale, esperienziale di un giovane mosso da una spettacolare forza di sintesi, che non avrebbe mai più smesso di disegnare.

*qui cito la frase celeberrima dello stesso Le Corbusier, tratta da “Verso una Architettura” (1923).

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