Le grandi firme di ieri e di oggi

La differenza c’è, ed è grande. Chi li ricorda? Che fine hanno fatto, se non viene chiesto addirittura “chi erano”?

Loro, quelli che – donne, e uomini – hanno lanciato nel mondo la moda italiana, quella “Italian Fashion” che avrebbe conquistato ogni continente, più forte (ed unica) concorrente della moda francese che i suoi grandi nomi, le sue “firme storiche” riesce a mantenerle vive da un secolo all’altro.

Com’è risaputo, anteguerra (quella del ’40/’45, è ovvio) in Francia vi erano già state grandi “griffes”(quali, fra alcune altre, Chanel, Schiaparelli), mentre in  Italia si sentiva, soprattutto, parlare di Ventura, casa di moda milanese, fondata da Domenico Ventura nel…1815! Un “Ventura” rappresentava il massimo che una donna  poteva indossare. Più che  scontato, dato che Ventura si vantava  di confezionare gli abiti per la Regina Margherita (“Fornitore della Real Casa”), e dall’atelier Ventura  uscì l’abito di Maria Josè, principessa del Belgio, per il suo matrimonio con Umberto di Savoia (abito disegnato dal principe). Nel 1940 la casa di moda Ventura chiuse i battenti, e scomparve. Definitivamente. Nessuno acquisì il nome storico.

Nel dopoguerra ecco in Francia affermarsi, fra altri, Dior, Givenchy, Saint Laurent. E ritornano in vetta le due donne, rivali: Chanel e Schiaparelli. Da tempo sono scomparse: ma non è scomparso il loro nome, che  brilla  ancora sulle insegne, si ritrova nei calendari delle sfilate, si fa applaudire ed è famoso in tutto il mondo.

In Italia, nel dopoguerra, ecco affermarsi a Milano Biki (ovvero Elvira Leonardi Bouyer, nipote di Puccini, “rifece il look” a Maria Callas, diventandone grande amica); Germana Marucelli: toscana, prima a  ribellarsi “alle mode di Francia” a  favore di uno stile tutto italiano, oltre che per gli abiti  conosciuta per aver trasformato il suo atelier in salotto artistico-letterario dove si potevano incontrare Quasimodo, Montale, Giò Ponti, Savinio, Campigli, Casorati;  Jolanda Anna Maria Veneziani, ovvero Jole Veneziani. Arrivata da Taranto col fratello (il commediografo Carlo Veneziani), sposò un brillante e bellissimo ufficiale che lasciò l’esercito per starle sempre accanto e le sue creazioni ebbero un successo enorme anche all’estero. Ma vi fu anche Enzo, noto per i suoi cappotti. Le serate alla Scala erano una parata di eleganza, un concorso -senza premi, se non quelli decretati dallo spazio dato loro dalla stampa.

Da Firenze e Capri, invece, fecero clamore (piacevolissimo!) le creazioni di “Emilio”: il marchese Emilio Pucci di Barsento, napoletano di nascita, fiorentino d’adozione, già pilota ed eroe di guerra.

Ma anche Roma, in quegli anni, fece puntare su di sé i riflettori moda con le rappresentanti della nobiltà: Carosa (principessa Caracciolo), Simonetta (Colonna di Cesarò Visconti) oltre ad Emilio Federico Schuberth, Fabiani, Lancetti: chi li ricorda? Eppure, come le Sorelle Fontana, vestirono con enorme successo le prime dive-divine arrivate dalla Hollywood californiana alla Hollywood sul Tevere.

E poi vi furono Irene Galitzine, e Sarli: crearono alcuni “pezzi” che fecero la storia dell’abbigliamento (Irene il “palazzo pijama”, ripreso in molte collezioni). E quanti altri!

Biki… dopo la sua scomparsa è scomparso anche il suo nome. Germana Marucelli … Jole Veneziani; parteciparono- come Emilio Pucci, ed i grandi nomi romani- alla prima sfilata di moda italiana, organizzata  da Giovanni Battista Giorgini nel febbraio del 1951 a Firenze, entusiasmando la stampa estera, che li portò ai vertici.

Germana Marucelli: importante il suo archivio, dal quale nel 2016 è nata l’associazione che porta il suo nome, con sede a Milano, presieduta da Gian Carlo Calzi Marucelli. Jole Veneziani: il suo nome di tanto in tanto ritorna sia per mostre sia  per il suo archivio che si trova a Padova, a palazzo Zabarella, grazie a Federico Bano, stilista convertito all’arte, presidente della Fondazione che porta il suo nome; Enzo: scomparso dalla moda e dalla vita, nessuno ne ha più avuto notizia.
Fondazione pure per le famose Sorelle Fontana: grazie alla nipote Roberta, che la cura con grande passione e abilità. Così come dopo decenni è per Gianfranco Ferrè: grazie al fratello Alberto, e a Rita Airaghi, che cura con grande affetto ed abilità i preziosi Fondazione e Archivio, oltre  ad organizzare mostre con i capi famosi (come la incomparabile camicia bianca!). Ma quanti altri, anche da molti neo esperti (presunti) di moda vengono dimenticati, anche se il loro nome potrebbe  brillare su insegne, farsi applaudire sulle passerelle!

A differenza, appunto, della Francia, dove grandi nomi sono stati acquisiti e rilanciati dai massimi imprenditori con sfilate e punti vendita “di lusso”, in Italia, come vediamo, sopravvive (abbastanza) nel ricordo chi ha  fondazioni a suo nome; rare  eccezioni, con  sfilate,  chi ha avuto vicino un famigliare: come  Emilio Pucci, grazie alla figlia Laudomia, che si occupa tutt’ora del nome del papà, anche se il marchio è stato acquisito nel 2000 dalla LVMH; come Gianni Versace, il cui nome è sempre vivo -anche se l’azienda, nel 2018, è stata acquisita da Michael Kors, ribattezzandola “Capri Holding” (l’isola è vista come simbolo di fascino e lusso), grazie alle creazioni della sorella Donatella; come Lavinia Biagiotti -bravissima-  che continua l’opera dell’indimenticabile mamma Laura, senza sostegni esterni.

Eccezioni: Gucci (acquisito dal grande  gruppo francese  Kering ma con un tutto-italiano dalla creazione alla produzione: col CEO Marco Bizzarri e il direttore creativo Alessandro Michele) e Krizia (acquisita nel 2014 dall’azienda cinese Shenzen Marisfrolg).

Tornando indietro nel tempo, troviamo Gigliola Curiel, triestina, arrivata a Milano nel dopoguerra, in breve divenne celebre per i suoi “curiellini”, amatissimi dalle signore della “Milano bene” (non ancora da bere…), ed il suo nome è sempre  vivo grazie alla dinamica vivace figlia Raffaella  (Lella) ed alla nipote Gigliola Castellini Curiel, mentre ora il nipote, Gaetano Castellini Curiel (figlio, come Gigliola, di Raffaella) ha dedicato alla nonna il libro “Gigliola Curiel – una vita nella moda”.

A tutti loro dovrebbe andare un pensiero riconoscente e un ricordo, assieme a Giovanni Battista Giorgini, per aver portato in tutto il mondo quella nostra moda che – purtroppo spesso non viene ricordato – è stata, e spera tornare, al secondo posto nelle nostre esportazioni, contribuendo in modo più che positivo alla bilancia dei pagamenti: di cui vi è quanto mai necessità.

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