LE “IMPREVISIONI” DEL TEMPO

Succedeva alcuni anni fa: c’era un metereologo al tg della Basilicata che le azzeccava tutte in maniera cronometrica, un giovanottone che sfoggiava maglioni colorati come appena usciti dai ferri della mamma. Aveva la diagnostica precisa di un medico ma la semplicità e affabilità di un vicino di casa e ci affascinava col suo modo di raccontarci le previsioni. Un bell’inverno ci disse che il tot di gennaio alle nonricordopiù, sarebbe cominciata una nevicata pazzesca. Ricordo bene invece che intorno all’ora indicata cominciai a andare avanti e dietro dai vetri del balcone quasi lamentandomi con l’orologio per il ritardo del primo sfiocchettare. 

E cercandone tracce nell’aria plumbea, d’un tratto, mi apparve nella mente il colonnello Bernacca che alle otto meno cinque di quelle sere lontane sembrava vagasse tra sogni e nuvole; e con ipotesi e supposizioni ci regalava un senso dell’attesa metereologica che non perdeva di sorpresa e di magia, come il cielo sarebbe giusto facesse.

In un momento storico sociale dove tutto è prevedibile, perfino gli imprevisti più catastrofici hanno un nome conosciuto: tempeste e alluvioni, terremoti, attentati e – nell’individuale – incidenti stradali, tumori o mali incurabili, fallimenti aziendali. Poi arriva l’imprevedibile che non aveva neanche un nome, che sconvolge le vite di un pianeta: un imprevedibile piccolo, microscopico anzi, virale e cattivo pur dall’aspetto giocoso di un corbezzolo maturo.  

E ci ritroviamo come neanche nei film avevamo immaginato, imbavagliati da un continente all’altro senza supereroi che nel frattempo stanno cercando di annientare l’untore cattivo per conquistare il mondo, ma piegati sotto una cappa in cui la quotidianità sembra sempre di più assomigliare a quelle di piombo – d’oro all’esterno- con le quali Dante aveva vestito  gli ipocriti nel ventitreesimo canto dell’inferno.  

L’ “imprevisione del tempo”, potremmo chiamarla, di questo tempo strano che da un anno ormai ci ha avvolto di grigio anche quando ci sollazzavamo fingendo l’estate ma sapendo che Damocle faceva ondeggiare la sua spada sopra di noi. 

E adesso?  Il valente metereologo non è più nel tg del mattino ma continua altrove a dispensare le sue previsioni: mentre ovunque, che ci siano il sole o le nubi, vaghiamo in una imprevisione – mi venga passato passi il termine non contemplato da alcuna Crusca e per il quale non ci sono velleità di riconoscimento linguistico – di un tempo che era relegato nel genere fantasy forse per scongiurare la possibilità che si verificasse. 

I supereroi siamo noi, oltre gli scienziati che hanno fatto la corsa in tempi- davvero imprevedibili- al vaccino; e in comportamenti pesanti come quelle cappe ma indispensabili. E a noi sta resistere, ai ragazzi senza scuola che forse ora capiscono quanto sia un luogo vitale e un privilegio poterla frequentare, ai commercianti sfiancati, alle menti sempre più provate. 

Un allenamento alla imprevisione del tempo che viene, ecco, a questo forse potrà servirci ciò che ancora sta accadendo, per affrontare il futuro, nella coscienza che la nostra Terra ci stia mandando segnali forti; e forse ipocriti, nel far finta di non ascoltarli, lo siamo davvero. Pare che  Dante, plurifesteggiato nel 2021, a immaginare anche per noi un tale contrappasso con questa cappa pesante, settecento anni fa ci abbia visto ancora una volta giusto. Ma a salvarci sta il fatto che le “imprevisioni” possono riservarci anche piacevoli sorprese, nella speranza che il vento prossimo  finalmente volga a un generale rasserenamento delle condizioni, meteo e non. 

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