Le norme anti Covid-19, in crisi migliaia d’imprese

di Franco Narducci

Pandemia e ancora pandemia! Siamo entrati nel 2021 con le preoccupazioni dettate dall’aumento del contagio da Covid-19 e dalle strette, inevitabili, decretate per contenere la terza ondata: gli inasprimenti dei lockdown già posti in essere in molti paesi – con limitazioni agli spostamenti e criteri severissimi per gli arrivi dall’estero – hanno contraddistinto le festività natalizie e di fine anno. L’insorgenza delle mutazioni adattive del coronavirus e della sua accresciuta potenzialità infettiva, in particolare nella variante diffusasi in Gran Bretagna, ha steso un velo d’ombra anche sull’avvio della campagna di vaccinazione, lo strumento che ci consente di guardare al futuro con ottimismo. Ovunque si teme, in particolare, che il dilagare delle mutate versioni del virus possa aggravare lo stato di emergenza sanitaria e la pressione sull’intero sistema ospedaliero (in Gran Bretagna siamo a livello di un ricoverato Covid ogni 30 secondi), da mesi in affanno a causa dei ricoveri che, pur con le dovute differenziazioni nazionali e regionali, non diminuiscono in misura sostanziale.

In Svizzera mercoledì 13 gennaio il Consiglio federale ha stabilito il prolungamento fino al 28 febbraio delle misure restrittive già poste in essere e ha disposto le nuove restrizioni entrate in vigore il 18 gennaio in tutto il territorio nazionale. La task force che accompagna il Consiglio federale per le decisioni scientifiche ed economiche, ha valutato positivamente – con dati documentati – l’efficacia delle misure varate per contrastare la versione mutata del coronavirus, con una sottolineatura: tanto più sono state severe le misure, tanto più è stato positivo il risultato in termini di diminuzione dei contagi! 

Mutazioni del virus in aumento, calo dei decessi

Insomma, lo stato maggiore dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) che gestisce la crisi pandemica per un verso spande valutazioni confortanti sui casi di contagio confermati, sul calo dei decessi e sulle guarigioni, per altro verso rinnova l’allarme sulla “situazione nel settore sanitario che è ancora preoccupante” per cui le “misure restano necessarie”.

Nonostante le pillole di ottimismo, restano tuttavia confermati i limiti del federalismo in una situazione di emergenza sanitaria: nei mesi di novembre e dicembre il numero dei contagi è diminuito nettamente nella Svizzera romanda, molto meno nella Svizzera tedesca, dove i Cantoni sono stati più restii ad adottare misure severe.

Interventi a favore delle aziende colpite dalle chiusure

Le decisioni del Consiglio federale avranno naturalmente un pesante impatto economico per le aziende colpite dalle chiusure obbligatorie anti-pandemiche; di pari passo, il governo federale ha deciso di venire in loro soccorso con aiuti che saranno «adeguati, rapidi e sburocratizzati», promesse che hanno guadagnato prontamente il plauso, dell’Unione svizzera degli imprenditori, di Economiesuisse e di alcuni partiti politici.

Dall’ordinanza del Consiglio federale emergono però buchi vistosi che minacciano l’esistenza di un notevole numero d’imprese, che se non adeguatamente corretti dilateranno l’attuale fragilità del mercato del lavoro svizzero. L’ordinanza, infatti, esclude dagli aiuti economici le aziende costituite dopo il 1° marzo 2020, così come quelle risultanti, a partire da tale data, dalla fusione, ristrutturazione o acquisizione di altre imprese. Come è stato rimarcato da più parti, il Consiglio federale ha voluto colpire i “furbetti del quartiere” che nella primavera dello scorso anno avevano creato pseudo aziende per attingere ai fondi federali del primo pacchetto d’interventi.

Ma fare di ogni erba un fascio – per giunta nella patria delle start-up (nell’ultimo decennio alcune di esse hanno conquistato i mercati mondiali) – è un esercizio spesso ingiusto perché colpisce indiscriminatamente. 

Si è discusso molto negli ultimi giorni sul numero delle aziende e attività minacciate di estinzione qualora il governo federale non apportasse correttivi all’ordinanza sugli aiuti economici.  Dall’Ufficio del registro di commercio si evince che nel periodo marzo-dicembre 2020 sono sorte oltre 39’000 imprese e che circa 6’000 di esse (senza entrare nel merito di quelle colpite solo parzialmente) riguardano la ristorazione, il commercio al dettaglio, sport e cura del fisico, organizzazione di eventi culturali e artistici. 

La reazione delle associazioni di categoria all’indirizzo del Ministro delle finanze Ueli Maurer (UDC) non si è fatta attendere: la Schweizerische Gewerbeverband (Unione svizzera delle arti e mestieri), così come GastroSuisse hanno chiesto espressamente urgenti correttivi all’ordinanza per “porre rimedio alle evidenti discriminazioni tra imprese esistenti e nuove”.

Nelle ultime settimane la portata degli aiuti alle imprese colpite dai provvedimenti del Consiglio federale ha innescato numerose polemiche, divampate senza tanti veli: il governo del paese tra i più ricchi al mondo, con un debito pubblico tra i più bassi rispetto al PIL, ha messo in campo interventi economici piuttosto sparagnini se confrontati con le analoghe politiche dei principali paesi europei, che sicuramente non godono di condizioni quadro come quelle della Svizzera.

La già citata task force che assiste il governo federale, lo ha incoraggiato a rafforzare gli interventi a sostegno delle imprese, vista la solidità delle finanze pubbliche e soprattutto il livello mai così basso degli interessi sui capitali. Ma il Ministro Ueli Maurer, che indubbiamente molto ha fatto negli ultimi anni, e con ottimi risultati, per il risanamento delle finanze federali, continua a ripetere che, per sanare le conseguenze della pandemia sulle finanze pubbliche occorreranno vent’ anni. Alle preoccupazioni di Maurer fanno da contro altare, in ogni caso, considerazioni di altra natura, per esempio le conseguenze sull’aumento incontrollato della disoccupazione e l’indebitamento esponenziale delle casse federali per sostenere l’Assicurazione disoccupazione, oppure le conseguenze di un ulteriore crollo dei consumi, tanto per citarne alcuni. 

È questo il tempo che viviamo, un tempo che, come la storia insegna, impone scelte coraggiose.

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