L’emicrania. Quel mal di testa che ci rende la vita difficile

di Maria Moreni

Una patologia invalidante di cui soffre un miliardo di persone nel mondo, circa il 12% della popolazione generale. È l’emicrania, una forma diffusa di mal di testa, appartenente alla famiglia delle cefalee. In Svizzera vivono circa 1 milione di pazienti affetto da questo problema. In Italia ne sono colpiti almeno 6 milioni di individui. Nel Paese elvetico, in particolare, i costi annui sono stimati a circa 500 milioni di franchi, per le cure mediche e i farmaci si calcolano circa 100 milioni. Particolarmente elevati sono anche i costi indiretti come conseguenza dell’inabilità al lavoro completa o parziale: l’emicrania, infatti, è stata identificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come la malattia che provoca maggiore disabilità tra 20 e 50 anni, quando si è più produttivi.

SINTOMI E CAUSE

Questa patologia dolorosa e disabilitante si presenta generalmente con un dolore acuto o pulsante che solitamente inizia nella parte anteriore o su un lato della testa. Le condizioni peggiorano con il movimento. L’attacco, poi, può salire di intensità, estendersi alla regione frontale, coinvolgendo la fronte e le tempie. Può durare poche ore o persino giorni – è definita cronica quando presenta sintomi per almeno 15 giorni al mese per tre mesi successivi – con manifestazioni fisiche variabili da soggetto a soggetto, che possono essere in molti casi insopportabili: dolore pulsante, nausea, vomito, sensibilità alla luce e ai suoni. Un episodio di emicrania può preannunciarsi alcuni giorni prima della fase del mal di testa tramite dei cosiddetti sintomi prodromi (nervosismo, euforia, cambio di umore, inappetenza, attacchi di fame, sensibilità al freddo ecc.). Chi ne è colpito deve spesso ricorrere al riposo completo in un ambiente tranquillo, isolato e buio. Le donne hanno tre volte più probabilità di soffrirne. Le cause dell’emicrania non sono ancora del tutto chiare. Quel che è certo è che più fattori intervengano a giocare un ruolo determinante: predisposizione genetica, elementi esterni, patologie sistemiche, ormoni. Diverse ricerche scientifiche, inoltre, hanno evidenziato la relazione tra questa tipologia di mal di testa e alterazioni biochimiche a carico del cervello, che interferiscono con i meccanismi di trasmissione dei segnali nervosi. Talvolta è stata segnalata la correlazione tra emicrania e il consumo di alcuni alimenti o bevande. Sicuramente c’è un legame con stress, disturbi del sonno, cambiamenti climatici, uso di alcuni farmaci, problemi fisici. In genere viene valutata anche la familiarità del problema: se in famiglia ci sono casi di emicrania ricorrente le probabilità che il disturbo si presenti saranno maggiori (fonti principali: Società Svizzera di Cefalea, IRCCS Humanitas Research Hospital).

LA FAMIGLIA DELLE CEFALEE

Secondo Piero Barbanti, presidente dell’Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee, autore del libro Emicrania: storia di un personaggio in cerca di autore, dall’esordio della prima emicrania alla scelta di andare al Centro cefalea passano circa 20 anni. Si sta parlando, inoltre, di una malattia che ha un alto “turismo sanitario”: uno su due si sposta per curarsi. Ma prima di arrivare a una diagnosi ci vogliono i consulti di circa 8 specialisti diversi. Come ha sottolineato anche il Prof. Gioacchino Tedeschi, presidente della Società Italiana di Neurologia, invece, una diagnosi precoce può cambiare la progressione della malattia, poiché evita importanti conseguenze quali la cronicizzazione del disturbo e l’abuso di farmaci. È dunque importante, innanzitutto, che i pazienti siano informati sulle patologie cefaliche affinché siano consapevoli rispetto alle azioni da intraprendere per contrastarle e non rimanerne schiacciati. Esistono due grandi categorie: le cefalee primarie sono disturbi a sé stanti non legati ad altre patologie e sono le più frequenti, mentre le cefalee secondarie dipendono da altre patologie, come, ad esempio, dalla cefalea da trauma cranico e/o cervicale, da disturbi vascolari cerebrali (come l’ictus), da patologie del cranio non vascolari (come tumori cerebrali, ipertensione o ipotensione liquorale). A loro volta, le cefalee primarie comprendono, oltre all’emicrania, la cefalea di tipo tensivo e la cefalea a grappolo e si distinguono per la tipologia del dolore, l’intensità, la collocazione nella testa, la durata, la frequenza e gli altri sintomi concomitanti. La cefalea tensiva presenta una intensità lieve-moderata, di tipo gravativo o costrittivo (classico cerchio alla testa) della durata di alcuni minuti o ore o anche alcuni giorni, non aggravata dalle attività fisiche usuali e non associata, in genere, a nausea o vomito. È la forma più frequente, con una prevalenza di circa l’80%. Su di essa possono influire fattori di predisposizione genetica, così come fattori ambientali tra cui lo stress, l’affaticamento, cattive posture o riduzione delle ore di sonno. La cefalea a grappolo provoca attacchi dolorosi più brevi (1-3 ore) molto intensi e lancinanti che si susseguono 1 o più volte al giorno per un periodo di tempo di circa 2 mesi (grappolo), alternati a periodi senza dolore. L’area interessata è quella oculare e, al contrario delle altre due forme, la cefalea a grappolo colpisce prevalentemente gli uomini. In genere gli episodi si ripetono ciclicamente con una cadenza stagionale o di 1-2 periodi all’anno.

COME CURARSI
Il decalogo del paziente diffuso da Anircef, Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee.

Cercate aiuto. Non restate soli con il vostro dolore. Rivolgetevi a chi vi può aiutare. Il mal di testa può essere banale, ma può anche essere spia di situazioni più serie o essere una vera e propria malattia, che va trattata di conseguenza affidandosi a specialisti.

Informatevi correttamente presso il vostro medico. Di ciò che sentite alla radio, in televisione o che leggi sui giornali discutetene col vostro medico per avere notizie certe.

Cercate persone competenti. Verificate che si tratti di un medico interessato e qualificato a trattare le cefalee, sia esso il medico di famiglia, un internista, un neurologo o qualunque altro specialista.

Annotate tutto ciò che vi succede. Quando decidete di andare dal medico, vi farà una serie di domande sul vostro mal di testa: quante volte vi viene, dove colpisce, com’è il dolore, che cosa ve lo scatena, che altri sintomi avete oltre al dolore, cosa fate per calmarlo. Cercate di ricordare tutti i farmaci che avete provato o che vi hanno prescritto, porta con te le vecchie prescrizioni, provate a ricordare se avevano efficacia o degli effetti collaterali.

Siate realisti sulle possibilità di cura. Non esiste una terapia che faccia sparire l’emicrania, ma le cure possono realmente migliorare la vostra qualità di vita. Siate pazienti. Ogni trattamento richiede del tempo per manifestare la propria efficacia. Se occorre, modificate i vostri comportamenti e il vostro stile di vita, potrebbe essere il primo passo verso il successo.

Chiedete istruzioni precise. Quando vi viene prescritta una terapia, fatevi spiegare bene come e quando vanno presi i farmaci, per quanto tempo, se vicino o lontano dai pasti, cosa fare se vi dimenticate un’assunzione, quali possono essere gli eventuali effetti collaterali, cosa fare se il dolore persiste.

Affrontate positivamente l’inizio di una terapia. È fondamentale per trarre i maggiori benefici dalla terapia stessa. Partire scoraggiati equivale a porre l’attenzione su tutti gli aspetti negativi che ogni percorso di cura comporta, dimenticando che esistono dei piccoli miglioramenti che spesso sono la base per cambiare in meglio la propria qualità di vita.

Siate sinceri. Non abbiate paura a parlare con il professionista che vi segue di eventuali problemi con le terapie, oppure se avete pensato di interrompere la cura o se avete preso altri farmaci che non vi erano stati consigliati nel corso dell’ultima visita. Soprattutto non abbiate timore di confidare paure e dubbi, soprattutto se notate che possono condizionare l’effetto della terapia.

Considerate il rapporto col medico come un’alleanza. Chiedete di partecipare attivamente alle scelte che vi riguardano, non vivete i consigli e le terapie prescritte come delle imposizioni.

I controlli sono fondamentali. La prima visita rappresenta solo l’inizio di un percorso terapeutico che prevede vari incontri, durante i quali si delineerà meglio tutta la situazione. Col tempo avrete la possibilità di superare quelle difficoltà tipiche del primo contatto. Il medico conoscerà sempre meglio i dettagli della situazione, spesso così complessa da richiedere molto tempo per essere inquadrata correttamente.

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