Liberazione e Libertà

Celebrare il 25 aprile ai tempi del Covid e della guerra russo-ucraina

di Giovanna Guzzetti

Candia (oggi Heràkleion), centro dell’isola di Creta, non sarebbe mai assurta agli onori della storia se non fosse stato per l’assedio che subì per 21 anni ad opera dei Turchi. Ma le sofferenze patite dalla sua popolazione prima di capitolare l’hanno inserita a buon diritto nel Guinness dei primati. Gli assedi però non sono manifestazioni belliche di cui può vantarsi solo la storia più antica…Nell’ultimo decennio del secolo scorso un assedio durato 4 anni (dal 1992 al 1996), a poca distanza da noi, portò alla capitolazione di Sarajevo: nessuno ha dimenticato i morti, più di 12 mila, o i feriti, oltre 50 mila, vittime in gran parte dei colpi dei cecchini. Crimini di guerra, senza dubbio, con i criminali processati e condannati dalla corte internazionale dell’Aia. Oggi, trent’anni dopo, assistiamo all’assedio di Mariupol, la città della Ucraina sudorientale, importante porto del paese, sulla quale sembra essersi scatenata l’ira dei Russi o, meglio, dell’autocrate Putin. Di Mariupol, fino alla operazione militare iniziata il 24 febbraio 2022, la maggior parte di noi ignorava l’esistenza, ma oggi la città è il simbolo della resistenza eroica degli ucraini nei confronti dell’invasore russo.

L’invasore, quello che una mattina, svegliandosi, ci si è trovati davanti. È accaduto in Ucraina, a febbraio; non diversamente si cantava, e si canta ancora, in Bella Ciao, la canzone diventata l’inno della Resistenza e della Libertà, anche se composta e cantata parecchi anni dopo il 25 aprile 1945. Anche quest’anno, in Italia celebriamo la Liberazione e, con essa, la ritrovata libertà, con riferimento alla Seconda guerra mondiale. Parole e avvenimenti si accompagnano alla Resistenza, il movimento partigiano che si organizzò (para)militarmente per combattere l’invasore/occupante/nemico. La rilettura (o la revisione) della storia ha comportato negli anni non poche polemiche a proposito dei festeggiamenti per la ricorrenza che, quest’anno, assume una particolare connotazione. Che Liliana Segre ci ha illustrato con la sua pacatezza di sempre: “sarà difficile intonare Bella Ciao senza rivolgere un pensiero agli ucraini che si sono svegliati e hanno trovato l’invasor”. La senatrice a vita dice il vero e ci richiama a una cruda realtà. Oggi la Resistenza è quella di Mariupol, dei civili asserragliati nella acciaieria che hanno deciso di non arrendersi (leggi resistere) fino all’ultimo, a prezzo della vita.  Baluardo umano per la libertà dei fratelli ucraini (libertà dall’invasore, libertà, per chi è fuggito, di poter tornare a casa in un futuro prossimo) e per la difesa dei confini del loro paese.

Mai come quest’anno, con i venti, anzi i sibili e le sirene, di guerra a poca distanza da noi (anche se qualcuno ci ricorda che in questo istante sono ben 59 i conflitti in atto su scala mondiale) il ricordo e la celebrazione della Liberazione non può prescindere da una riflessione sulla libertà.

Negli ultimi due anni, causa pandemia, siamo stati oggetto di una serie di limitazioni. C’è chi ha gridato, in modo propagandistico e demagogico, alla dittatura sanitaria, quella cui il Governo ed il Comitato Tecnico Scientifico ci avrebbero sottoposti per una serie di ragioni che, a detta loro, avrebbero avuto poco a che vedere con il Covid. Non importa se la Costituzione, democratica, figlia della Resistenza e della vittoria (più degli Alleati che nostra…) sul nazifascismo, all’articolo 16 stabilisce che “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza”. Ma sappiamo che l’Educazione Civica non è in testa, ahimè, alle nostre priorità formative. Le migliaia di morti della primavera del 2020, le teorie di camion militari carichi di bare cui non si è riusciti a dare per tempo onorata sepoltura, dovrebbero essere un elemento più che valido, razionale per giustificare, anche al di fuori del dettato costituzionale, quanto è stato fatto, deciso e, diciamo pure, imposto. La libertà dal virus, dai contagi – in una ipotetica scala – aveva maggiore peso/importanza della libertà di circolazione. La posta in palio era la vita dei cittadini!

Ma lo spettro della dittatura (sanitaria), che per dietrologi e complottisti altro non avrebbe rappresentato che il grimaldello per poi condurci ad un regime autoritario, guarda caso è stato evocato in più occasioni da chi, oggi, non bolla fino in fondo come “pre-potenti” le azioni di Putin, quasi a voler (mostrare di) credere nella favola della operazione militare speciale. Se speciale vuol significare, in questo caso, fuori dall’ordinario, beh allora ci siamo. Perché operazioni militari che producono oltre 4 milioni di profughi in 5 settimane, migliaia di vittime civili tra cui 205 bambini (di cui si ha conoscenza), oltre a 367 feriti, altre centinaia di piccoli deportati, devastazioni e distruzioni ad ampio spettro non fanno parte dell’ordinario cui la storia ci ha abituato con le sue luci e le sue ombre.

A queste “pre-potenze”, a queste ineffabili e disumane violenze è giusto resistere, porre in atto tutte le misure atte a contrastarle. Non c’è una sola ragione valida al mondo per la quale un popolo debba vedere soffocata la sua libertà da un altro: si tratta solo di sopraffazione che nel 21esimo secolo speravamo davvero di non vedere più. Anche perché quanto sta accadendo non può essere annoverato alla voce “scaramucce” che alcune volte vengono messe in atto, o solo semplicemente minacciate, per spingere i contendenti a sedersi al tavolo e trattare. Dalla forza brutale alla diplomazia il passaggio può apparire difficile da accettare talvolta, ma il risultato è, di certo, più proficuo e più indolore.

Sento già l’obiezione: ma l’Italia, i paesi europeisti ed atlantisti, si stanno macchiando di corresponsabilità perché impegnati a sostenere la Resistenza ucraina, con l’invio di armi (e anche di uomini, vista la presenza di volontari dei paesi occidentali…). È vero che i Costituenti stabilirono che l’Italia (articolo 11) ripudia la guerra, ma il principio va interpretato. Attualmente, infatti, da una parte vi sono quelli che credono che il sostegno mediante invio di armi all’Ucraina sia incostituzionale e, dall’altra, quelli che al contrario invocano uno spazio di legittimità della guerra, perché il ripudio avrebbe ad oggetto solo la guerra di aggressione mentre le azioni belliche di Kiev hanno solo l’obiettivo di difendersi e di fermare/contenere l’avanzata delle truppe di Mosca.

All’epoca dei lavori per la stesura della Legge fondamentale della Repubblica, Ugo Damiani, membro della Costituente ed unico rappresentante del Movimento Unionista, mise agli atti, in merito all’articolo 11, che “qualsiasi contrasto, per quanto grave, per quanto aspro, può sempre essere risolto col ragionamento, poiché il ragionamento- dobbiamo riconoscerlo- rappresenta l’arma più poderosa dell’uomo”. Una affermazione che spianerebbe la strada alla diplomazia ed al ruolo delle organizzazioni sovrannazionali (pletoriche e costose) come l’Onu che invece, molto spesso, non riesce ad andare al di là di risoluzioni o dichiarazioni di condanna con scarso o nullo effetto pratico nei teatri di guerra, visto il potere di veto dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, tra cui quella Russia che oggi tiene in scacco l’Ucraina, con gravi ripercussioni umanitarie, sociali, politiche ed anche economiche.  Perché si può anche decidere di affamare un popolo per farlo cedere, capitolare.

Per tornare all’inizio è quello che si sta facendo in Ucraina, Mariupol in testa. Di cui nella storia rimarranno le immagini delle distruzioni e la resistenza strenua dei cittadini. Veri e propri eroi. Un popolo diventato esercito, come ha detto più volte il coraggioso Zelensky.

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