L’insostenibile leggerezza dell’essere giovani

di Carlo Simonelli, scrittore e insegnante

L’uomo è un animale sociale, poiché tende ad aggregarsi con altri individui e a costituirsi in società – scriveva Aristotele nella Politica. È da stabilire se la sua socialità sia un istinto innato o se si tratti di un meccanismo sviluppato per riuscire a prevalere anche in condizione di debolezza. 

Probabilmente ancora non ne siamo consapevoli, ma la pandemia, oltre a cambiare le vite di tutti, ha stravolto il ruolo dei docenti, ritrovatisi di fronte alla necessità di nuove strategie d’insegnamento, che ne hanno condizionato l’agire.
Gli effetti non riguardano singoli stati, ma interi continenti, forse tutto il mondo. Ciò di fatto ha mutato profondamente il sistema scolastico e gli insegnanti sono stati messi di fronte a difficoltà mai vissute prima e costretti a cimentarsi in nuove sfide. Ci hanno sorpresi con una passione, una fantasia, una dedizione straordinarie, rafforzando la consapevolezza che la società ha bisogno sia del loro lavoro che della scuola, come istituzione e come momento aggregativo per i giovani. 

Gli insegnanti si sono dovuti adattare in modo repentino – in Svizzera nel giro di un fine settimana – da un modello scolastico a uno completamente diverso. Mai come in questo momento ci si può rendere conto del loro lavoro. 

Pur nella consapevolezza delle difficoltà non è facile comprendere l’impatto emotivo che il cambiamento istantaneo di sistema ha avuto sui ragazzi. In un primo momento, magari, in tanti giovani può essere prevalsa una certa soddisfazione per aver scansato le lezioni senza sotterfugi e macchinazioni. Per essere riusciti a evitare interrogazioni, verifiche, esami e forse bocciature; tutte cose che creano ansia e sono percepite come negative. 

Idee e comportamenti irresponsabili? No, idee e comportamenti di ragazzi che hanno bisogno della scuola e del confronto con i propri coetanei per maturare e per riuscire a sviluppare le proprie potenzialità. 

Sono gli adulti che sbagliano a giudicarli da adulti e li condannano senza appello, ma i giovani vanno giudicati con un altro metro, perché i loro errori sono spesso originati dagli errori dei grandi. 

Sono i grandi, e in special modo gli educatori, a dover riuscire a rendere il passaggio dall’adolescenza alla giovinezza e all’età adulta il più armonioso e proficuo possibile.
All’inizio delle restrizioni dello scorso marzo i ragazzi hanno impiegato poco ad accorgersi che la voglia di liberarsi della scuola e delle sue imposizioni era un fuoco di paglia, un amore adolescenziale, che la nostalgia aveva bruciato in pochi giorni. Subito era cominciata a prevalere la tristezza, il rimpianto di non potersi incontrare con i coetanei. Dopo una manciata di giorni la maggior parte dei ragazzi si era già accorta che era venuta meno quella struttura che fino ad allora li aveva accompagnati nella crescita e che mancavano soprattutto i propri amici, avendo imparato che i contatti reali non sono paragonabili a quelli artefatti delle piattaforme digitali.

Anche gli insegnanti durante e dopo il confinamento hanno capito alcune cose e, sebbene non ci sia una ricetta univoca, nell’eventualità di nuove chiusure potrebbero fare in modo che i giovani vivano con più serenità questo periodo.

Negli adolescenti le interazioni sociali sono più importanti e più complesse rispetto ai bambini di età inferiore ai 10 anni ed è necessario essere attenti alla qualità e alla solidità dei legami affettivi e sociali. 

Non va fatto terrorismo, ma informazione consapevole e il più possibile scientifica e razionale; allo stesso tempo vanno esortati e gratificati attraverso il rinforzo, cercando di non colpevolizzarli per errori non loro. 

Gli insegnanti dovrebbero sensibilizzare i genitori, esortandoli ad essere attenti alle problematiche comportamentali, in modo da riuscire a individuarne alcuni segni, solitamente diversi da un’età all’altra. Inquietudine, ansia, paure indefinite, pianti, tristezza, irritabilità, svogliatezza, depressione, cambiamento d’umore, difficoltà ad addormentarsi, sonno agitato e risvegli notturni, sfasamento dei ritmi sonno-veglia e abitudini di riposo disordinate. 

I docenti devono aiutare gli studenti a trovare fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, così da poter guardare al futuro in modo positivo, cercando di restituire loro un’identità che sentono perduta e che sembra sfuggire di mano, oltre ad assicurarsi che ci sia chi li ascolti e li prenda sul serio. 

I giovani hanno bisogno di fare sport e percepire il proprio corpo. Vanno esortati a muoversi, proponendo delle attività motorie che potrebbero fare anche da soli o a casa. Vanno, inoltre, incoraggiati a cercare nuovi interessi, cose semplici come la musica, la lettura, la fotografia, il disegno, magari preparare nuove ricette o ciò che trovano interessante e stimoli la loro creatività. 

In questo modo tutto il tempo del confinamento sarà proficuo e verrà impiegato per aiutarli nella crescita interiore e nella ricerca di sé e di quello che prima o poi scopriranno essere il proprio tempo perduto

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