di Manuela Andaloro
Non c’è modo di girarci intorno: è un periodo di grande difficoltà, complesse dinamiche, variabili sconosciute. Il 2020 passerà probabilmente alla storia come Annus Horribilis degli ultimi 70 anni, per il terribile costo in vite umane e salute pubblica e per gli impatti pesantissimi su tutto il sistema economico, nazionale e globale.
Tuttavia, nonostante la gravità di questo shock, l’economia italiana è cresciuta del 16,1% nel terzo trimestre rispetto ai tre mesi precedenti, un rimbalzo molto più forte del previsto a seguito del lockdown, superando il Regno Unito, la Spagna, la Germania e la Francia. L’aumento della produzione industriale italiana punta anche a una forte ripresa economica.
Lo abbiamo visto di recente nel Rapporto Export lanciato a settembre 2020 – nonostante la severità di questo shock, i presupposti per una ripartenza per l’Italia sembrano esserci. Una ripartenza forte grazie al settore trainante italiano, quello del Made in Italy: la moda, l’arredo ed il design, il cibo, la meccanica, l’ingegneria e il turismo. Settori in cui l’italianità è sinonimo riconosciuto di qualità, affidabilità e creatività, così come di imprese radicate nei territori, che si ramificano attraverso le filiere e i distretti in tutte le regioni italiane e si proiettano sui mercati internazionali.
La forza delle vocazioni Made in Italy dà forza all’export, aumenta la competitività di tutto il sistema Paese e fa leva sia sulla crescente digitalizzazione sia sul trend globale ormai ineludibile: quello della sostenibilità. È ormai molto diffusa una fortissima attenzione ai settori green, visti come opportunità di riscatto dell’ambiente e del pianeta, ma anche di investimento, crescita e occupazione per l’intero sistema produttivo.
Le priorità del Paese si intrecciano con quelle del Green New Deal europeo e sono volte al raggiungimento degli obiettivi prefissi entro il 2050.
In questo contesto, è stato per me molto interessante, tra il 6 e l’8 ottobre, partecipare a uno dei pochi eventi digitali che negli ultimi mesi si è posto un obiettivo chiaro e preciso: capire come far ripartire il sistema Italia, e come fare meglio di prima. “Made in Italy: The Restart” è stata una tre-giorni di eventi digitali organizzati da ll Sole 24 Ore e Financial Times per il rilancio e la ripresa nel mondo delle eccellenze del Made in Italy. Una serie di eventi strutturati e un’occasione di confronto sulle strategie per la crescita. Un line-up d’eccellenza tra rappresentanti del Governo, vertici dell’imprenditoria e oltre quaranta tra top manager e imprenditori rappresentanti l’eccellenza italiana, con streaming tra Milano e Londra e traduzione simultanea.
Erano presenti cinque Ministri, due Sottosegretari, cinque rappresentanti di Confindustria, a partire dal Presidente Bonomi, il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e oltre quaranta tra top manager e imprenditori che rappresentano l’eccellenza italiana. Un momento riflessione ma anche di strutturata ripartenza e amplificazione di un messaggio chiaro: Il Made in Italy rimane forte, conosciuto in tutto il mondo come sinonimo di qualità, sicurezza e affidabilità. Esso è dominato per il 40% dal settore del lusso, in cui l’Italia è in terza posizione mondiale, e per il resto dai settori food e moda, casa, persona. Il valore dei prodotti Made in Italy aumenta anche in settori dei motori, farmaceutico e ingegneristico, dimostrando la versatilità e la varietà delle aziende italiane.
Innovazione è la parola d’ordine che traina le grandi aziende italiane, non solo nel design dei prodotti ma anche nelle scelte di business che hanno reso stabile la presenza dei prodotti italiani anche nei mercati internazionali più competitivi (US, Giappone, Germania).
Nonostante l’attuale crisi COVID il mercato del Made in Italy è fortemente influente nello sviluppo dell’economia italiana e dell’economia internazionale e gode di un ruolo ormai cruciale nell’economia mondiale e nella proliferazione di nuove opportunità lavorative per l’import e per l’export di tutto ciò che viene prodotto in Italia, noto all’estero per essere dimora di una eccellente artigianalità.
Il valore del marchio Made in Italy è cresciuto del 14% dal 2018 al 2019, raggiungendo i 96,9 miliardi di dollari (fonte: BrandZ Top30 Most Valuable Italian Brands 2019).
Nonostante il clima di incertezza economica e politica, i brand italiani hanno continuato a crescere a doppia cifra anno dopo anno, grazie a una solida presenza sulla scena mondiale.
Il Made in Italy è diventato negli ultimi quarant’anni sempre più un brand, un marchio, un valore immateriale che aumenta il vantaggio competitivo delle produzioni. Ma ha anche un valore concreto: è un fattore trainante con risultati paragonabili e talvolta superiori a quelli dell’economia tedesca
La domanda di prodotti italiani nel mondo è in continua e costante crescita nelle realtà economiche già affermate ma anche e maggiormente nei mercati emergenti che guardano all’Italia come esempio di eccellenza. I grandi brand italiani, infatti, sono da traino alle piccole e medie imprese che, pur non godendo della stessa notorietà, ne traggono un vantaggio in termini di percezione qualitativa e innovativa.
L’economia italiana ha egregiamente evitato la recessione negli ultimi anni, una delle ragioni principali va ricercata nella crescita dell’export: il Made in Italy è stato un fattore trainante con risultati paragonabili e talvolta superiori a quelli dell’economia tedesca.
Ma da dove viene la fama del Made in Italy? L’immagine positiva delle imprese italiane risale a mezzo secolo fa, all’epoca del Rinascimento, periodo a tratti tempestoso, in cui si sono però affermate la tecnica e l’estetica italiana, insieme a una capacità di fare impresa fondata sulla manualità e l’artigianato.
Due allora i take-away fondamentali, tematiche che hanno caratterizzato molti degli interventi della 3-giorni de Il Sole 24 ore e del Financial Times. Il primo è stato riassunto dal Ministro degli Esteri italiano, Luigi di Maio, che ha parlato di come l’innovazione e digitale siano leve fortissime per il successo post-Covid: “Non possiamo sprecare l’opportunità che questa crisi ci offre: l’innovazione e la digitalizzazione saranno le leve del successo della fase post-pandemica sia in Italia che nel mondo.” Il secondo è quello della sostenibilità ambientale, tema centrale che deve fare leva sulla raggiunta forte consapevolezza della necessità di un approccio sostenibile per il futuro del nostro Pianeta e per le generazioni a venire. Ripartendo dalla nostra eccellenza, forza e coesione, andremo nuovamente lontano.
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