Mal d’Africa: la lotta di un continente che cerca giustizia

Leggo da anni la rivista Africa, per documentarmi sulla vera realtà di questo continente. Uno dei miei giornalisti preferiti è sempre stato Raffaele Masto che, oltre a scrivere su Africa, lavorava a Radio popolare ed ha scritto diversi libri importanti per capire l’Africa, quali Io, Safiya e La variabile africana. Qualche anno fa, grazie a un’iniziativa della rivista Africa, ho viaggiato con Raffaele in Costa d’Avorio, e ho potuto così scoprire una splendida persona, oltre all’eccellente giornalista che conoscevo già. Raffaele ci ha lasciato lo scorso marzo, durante la prima ondata di questa orribile pandemia. Poche settimane dopo l’editore Rosenberg & Sellier ha pubblicato il suo ultimo libro, scritto a quattro mani con Angelo Ferrari, altro eccellente giornalista che si occupa di Africa da una vita, con la postfazione dell’ottimo Marco Trovato, direttore editoriale di Africa. Sto parlando di Mal d’Africa, il saggio di cui vorrei raccontarvi oggi.  

Africa

Si tratta di un libro che può essere letto da tutti coloro che amano l’Africa, ma soprattutto da coloro che ne sono incuriositi e vogliono conoscere quale sia la realtà di questo continente, senza imbattersi in falsi stereotipi.

Si inizia con una prefazione sui confini, quelli geografici, quelli veri, e non quelli politici stabiliti arbitrariamente durante il colonialismo e che, con qualche piccola variazione, sono quelli attuali: la parte nordoccidentale è la regione del Sahel, delimitata dal corso di fiumi, il Nilo a est, il Senegal a ovest e poi l’arco del Niger. Il confine orientale è caratterizzato dalla Rift Valley, mentre nella regione centrale, che va dal Rwenzori all’Atlantico, si estende la depressione del bacino del Congo. Il confine meridionale è caratterizzato dal deserto del Kalahari.

Gli autori poi cominciano ad analizzare il continente con le sue sfide economiche e rispondono alla domanda “Africa: mercato o serbatoio?” Successivamente passano a un’analisi politica dei diversi Stati del continente, descrivendone le diverse strutture politiche e le varie forme di democrazia (o mancanza di essa), non senza prima averci ricordato che la Costituzione più antica del mondo è africana. Si tratta della Carta di Manden, redatta dal re del Mali Sundiata Keita, vissuto tra il 1190 e il 1255. Tale Costituzione, inserita nel 2009 dall’Unesco tra il patrimonio intangibile dell’umanità, è costituita da 44 capitoli, ancora oggi rivoluzionari. Qualche esempio: “Il divorzio è legale e viene concesso su richiesta di uno dei coniugi, per alcuni motivi precisi […]”; “Nessuno offenda le donne, che sono le nostre madri”; “Le foreste devono essere preservate per la felicità di tutti”; “Nessuno imbavaglierà un suo simile per venderlo. L’esistenza della schiavitù si estingue in questo giorno”. In poche parole, vengono affermati principi quali la sostenibilità, l’uguaglianza di genere, la parità di diritti, per i quali, in tutto il mondo, continuiamo tuttora a lottare.

L’Africa continua a essere terra di interesse delle potenze straniere, che negli anni, sono cambiate: non solo l’Europa e gli Stati Uniti, ma sempre più la Cina e anche la Russia. I due autori ci spiegano il perché e il come.

La seconda parte del libro è invece un viaggio nei diversi Paesi, con il racconto delle avventure vissute dagli autori. Non senza informarci sulle condizioni della popolazione, talvolta ridotte in schiavitù, come i pigmei nella foresta pluviale, oppure le persone di etnia nuer a Juba, in Sud Sudan, ammassate nel grande compound dell’ONU, perché le persone dell’etnia nemica, i dinka, li farebbero a pezzi se li incontrassero in giro. Particolarmente emozionanti, per me, i racconti della Costa d’Avorio, alcuni dei quali vissuti insieme a Raffaele, come la visita alla piccola fabbrica di cioccolato di Grand Bassam, gestita dal gruppo Abele (quanta Italia c’è in Africa!), che dà lavoro a giovani ragazze e ragazzi, che hanno avuto un’infanzia e adolescenza violata, trascorsa in strada. E poi la visita alla cattedrale di Yamoussoukro, delle stesse dimensioni di S. Pietro a Roma, ma praticamente deserta.

Le conclusioni, da sole, valgono la lettura del libro. Diversi sono gli spunti di riflessione, quali “Più che di beneficenza o cooperazione, l’Africa ha bisogno di giustizia”; “Africa e mondo ricco dovrebbero unirsi in un patto di mutuo soccorso”; “Se non si ha il coraggio di studiare un piano Marshall per l’Africa e con l’Africa, a pagarne le conseguenze saranno milioni di giovani africani che si accalcheranno alle frontiere del mondo ricco per trovare vie d’uscita e dignità dove ora non la trovano”.  

Anni fa, alla fine di un lungo viaggio in Ghana, Togo e Benin, fatto da solo con il mio angelo custode Yaya, autista e guida che poi divenne mio amico, fui salutato con queste parole: “Tu puoi lasciare l’Africa, ma l’Africa non lascia te”. E, per me, è proprio così. Mal d’Africa.         

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